Il Sole 24 Ore 25/8/2010, 25 agosto 2010
IL CIBO HALAL CONQUISTA LA GDO
«Quella del prodotti halal, è una nicchia di mercato in grande crescita». La convinzione circola sempre più insistente tra gli addetti ai lavori del settore del commercio, dei consumi e della grande distribuzione organizzata. Già, perché in gioco c’è la possibilità di soddisfare le nuove richieste conquistando nuovi e futuri clienti. E soddisfare soprattutto la richiesta di quasi 2milioni di musulmani in Italia, inizia a fare gola a tanti.
A livello nazionale, questo mercato è soprattutto in mano a quei piccoli imprenditori stranieri di fede islamica, dove la comunità marocchina è quella predominante. Con macellerie islamiche, negozi o botteghe alimentari etniche, i piccoli imprenditori halal sono riusciti a fare fortuna e a portare un po’ di quei sapori e odori del paese d’origine, nelle diverse case musulmane. Il cibo è stato ed è da sempre uno strumento per mantenere i legami con le proprie origini culture e tradizioni. E loro, i commercianti, in questi ultimi anni ce l’hanno fatta.
«Inizialmente era davvero difficile rifornirsi di carne halal – racconta Noreddine, immigrato in Piemonte – perché abitando in un piccolo paesino di provincia, non potevo neanche sognare di mangiare halal. O mi rifornivo una volta al mese al mercato
Il presente stampato non costituisce un elemento contrattuale.Il materiale fotografico riprodotto è puramente indicativo.
di Porta Palazzo, unico all’epoca dove si potevano trovare macellerie islamiche, oppure compravo io stesso una gallina, e facevo da me per poter mangiare un po’ di carne ». Adesso è tutta un’altra cosa, la comunità è cresciuta. «E ci sono già due macellerie islamiche che si fanno concorrenza nel mio piccolo paesino ma anche nella provincia stessa, così come nei grandi supermercati italiani » dice Noreddine.
Da Carrefour, dopo alcune ricerche di mercato, hanno constatato che la richiesta di prodotti halal è elevata, soprattutto in grandi città dove la presenza della comunità musulmana è significativa. Da Milano a Torino, a Roma. Richiesta esaudita. Da circa quattro anni in alcuni punti vendita di queste città, 20 referenze halal vengono commercializzate con successo.
I prodotti halal infatti provano già da qualche anno a entrare nella Grande distribuzione organizzata.
L’Auchan, per esempio, ha 23 punti vendita, su un totale 47 ipermercati, nei quali si possono trovare prodotti halal. Si tratta di salumi e carni bianche macellate secondo i dettami del corano.
Il settore halal, fanno sapere da Auchan, sta andando molto bene su scala nazionale, ed è molto più avanti in termini di vendita rispetto ai prodotti dedicati ad altre comunità. E nella stessa direzione va anche la Coop, che apre anche lei le porte ai prodotti halal. Come fa sapere Unicoop Tirreno, sono stati inaugurati due corner halal presso l’Ipercoop di via Casilina a Roma, il 6 febbraio di quest’anno, e all’Ipercoop di Livorno il 6 marzo scorso. A questi casi se ne aggiungono via via altri sul territorio nazionale. Un ulteriore esempio è quello di Firenze. Dalla Coop rendono disponibile anche qualche dato: dall’apertura a oggi all’iper sulla Casilina l’incidenza delle vendite di carne halal sulla categoria di carni rosse è dell’1,68%. Non molto ma si tratta di pochi mesi. Così come a Livorno, la quota è dello 0,83%.
Sugli scaffali l’offerta di prodotti è varia, così come le richieste dei clienti musulmani, a seconda della zona geografica. A Livorno per esempio c’è una maggiore richiesta di agnello, mentre al Casilino si vendono più tagli di bovino. L’hamburger mette tutti d’accordo, invece i salumi (ovviamente non di maiale) non hanno avuto molto seguito e sono stati tolti dalle vendite.
Nel frattempo, Unicoop Tirreno sta pianificando per introdurre nei supermercati anche i prodotti cosmetici certificati halal, mentre Metro, grossista che si rivoge a clienti professionali, ha realizzato addirittura un apposito catalogo promozionale in occasione del Ramadan. Karima Moual • ISLAMICO L’UNICO FAST FOOD: QUICK SPACCALA FRANCIA - Nessun bar in vista. Neppure tipiche brasserie con i tavolini fuori. Qui a La Courneuve, a due passi dalla «cité des Quatre Mille», ammasso di alloggi sociali e sinonimo di degrado e delinquenza, c’è solo un Quick. Il ristorante della catena di fast-food, risposta francese al McDonald’s, è l’unica possibilità di mangiare in famiglia in santa pace. O per una serata fra amici. C’è pure il drive-in,gettonatissimo:atmosfera da sobborgo americano, ma è la periferia nord di Parigi. Quel Quick da settembre diventerà «tutto halal »: proporrà solo carne e alimenti conformi alla tradizione musulmana. Un business che tira in Francia. Antidoto contro la crisi.
Quick aveva già convertito all’halal otto dei suoi punti vendita alla fine dell’anno scorso in quartieri con una forte concentrazione di musulmani, alle porte di Parigi o altrove. In sordina, per non scatenare polemiche. Che, però, alla fine erano scoppiate. Marine Le Pen, figlia ed erede di Jean-Marie, astro nascente dell’estrema destra, aveva giudicato l’iniziativa «inammissibile»,«obbliga i clienti a versare una tassa alle organizzazioni islamiche di certificazione ». La carne halal, in effetti, viene macellata secondo determinati riti ( dissanguata completamente), in presenza di un «sacrificatore »,autorizzato dalle moschee.Quick, intanto, è andato avanti, senza comunicare, ma si sa che i suoi ristoranti halal vanno benissimo. I musulmani vengono più volentieri e gli altri si adattano. La pancetta? Sostituita dal tacchino affumicato. Per il resto l’hamburger halal ha praticamente lo stesso sapore. Da settembre altri quattordici Quick diventeranno «tout halal». Pure a La Courneuve, dove i due terzi dei 35mila abitanti sono musulmani E dove la vicenda sta diventando un caso nazionale. Gilles Poux, sindaco comunista dal 1996, fa resistenza. «Capisco offrire la possibilità di un menu halal –osserva –,ma farne un’esclusività lo trovo ingiusto ». Non ha paura di schierarsi con la Le Pen e compagnia, «non è una questione di destra o di sinistra ». Poux non è il solito comunista francese anacronistico, ma un politico pragmatico, che ha saputo migliorare quella distesa di casermoni che è la cité des Quatre Mille, imposti fra gli anni Cinquanta e Sessanta, quando La Courneuve era piena di industrie. Poi chiuse una dopo l’altra, mentre il quartiere, popolato quasi esclusivamente da immigrati, diventava un pericoloso serbatoio di frustrazioni. Negli ultimi anni molti palazzi sono stati fatti saltare, sostituiti da ordinate villette a schiera. Ma la situazione sociale è quella che è: il 90% dei residenti del comune ha un reddito inferiore alla media della regione di Parigi e il 17% è disoccupato. Nel tempo, in questo contesto economico, si è verificato un ritorno all’islam,pure radicale. Per il sindaco, «un Quick halal non fa altro che confermare un comunitarismo che non corrisponde alla mia idea di Francia». Il gruppo si giustifica: non offre altri menu perché non si possono mescolare cibi puri con quelli impuri nello stesso locale.
«Soprattutto l’organizzazione delle forniture – conclude Poux – comporterebbe spese aggiuntive. La logica di questi signori è solo economica. A loro non importa nulla delle conseguenze sulla città». Il business è business. E quello halal in Francia raggiungerà nel 2010 i 5,5 miliardi di euro, in crescita del 22,2% sull’anno scorso. Al di là della carne, si vende di tutto, dagli omogeneizzati alle pizze congelate.
A La Courneuve, ovviamente, non si parla d’altro.Ali’,18 anni e catena d’argento al collo, sta uscendo dal Quick: «La conversione all’halal è una buona cosa ». Un problema per gli altri? «Non so, ci devo pensare ». Soraya, 43 anni, ricorda che, «quando ero piccola, a scuola ci obbligavano a mangiare il maiale. Le cose sono cambiate, meno male. E poi la carne halal, ben dissanguata, è igienicamente migliore per tutti. È come mangiare biologico». Per Selya, 20 anni, «l’halal è una truffa. Te lo vendono come tale e poi, in realtà, non lo è. E paghi pure di più». Risentita Monique, 70 anni: «Sono cattolica e vorrei scegliere. Ormai qui non si trova più carne di maiale. Difficile pure acquistare giornali francesi». Ma ammette di servirsi da un macellaio halal «e il gusto è lo stesso. I problemi di La Courneuve sono altrove». Lo pensa anche Moan, alla guida di un’associazione di pensionati, perlopiù algerini, che giocano a bocce all’ombra dei palazzoni dei Quatre Mille. Indica perplesso la torre Balzac, in fase di smantellamento. Ma dove un giovane è stato ammazzato in maggio a fucilate. E una madre di famiglia è stata di recente ferita alle gambe. A poche centinaia di metri dal Quick. Pulito e impeccabile. Surreale oasi di pace. Fra pochi giorni solo e rigorosamente halal. Leonardo Martinelli • «QUESTO È IL BUSINESS DEL FUTURO» - Circa 15 milioni di investimentiper il business dei prodotti halal che nel 2013 svilupperà ricavi per 5 milioni. «È stato difficilissimo trovare il finanziamento bancario – osserva Antonio Salis, amministratore unico della sarda La Genuina Srl – ma alla fine l’abbiamo spuntata: abbiamo ottenuto una linea di credito di 5 milioni. Per il resto facciamo ricorso all’autofinanziamento ». Il nuovo stabilimento è stato completato pochi mesi fa e consentirà di moltiplicare per 5 il fatturato di un milione del 2009. La società di Ploaghe, nel Sassarese, produce tutti i tagli di carne e i salumi come i prosciuttini di capra e pecora. «Rigorosamente certificati – aggiunge Salis – da una procedura messa a punto con le autorità musulmane che intervengono già nella fase di macellazione: l’imam certifica che tutti i prodotti utilizzati, dalle budella alle spezie, sono idonei alla produzione di carne e salumi halal. Escludendo quindi l’utilizzo di vino o solventi che contengono alcool».
In Italia i consumatori di prodotti halal sono stimati in almeno un paio di milioni e per un giro d’affari complessivo di 5 miliardi. Alla Genuina conferiscono i loro prodotti un migliaio di aziende agricole locali: del resto la Sardegna detiene metà del patrimonio ovino nazionale. La società però esporta parte della produzione, soprattutto in alcuni paesi europei, a partire da Germania e Svizzera. «I nostri target –conclude Salis –sono soprattutto la grande distribuzione specializzata nonché i grandi alberghi e la ristorazione». Emanuele Scarci