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 2010  agosto 21 Sabato calendario

SE IL TUMORE DIVENTA LA MALATTIA DEI PAESI POVERI

Il cancro non è più una malattia dei ricchi. Medici ed esperti di sanità pubblica (a Shenzhen, in Cina, per il World Cancer Congress) e riviste scientifiche (l’ ultimo «Lancet») avvertono: i tumori stanno diventando un’ emergenza mondiale e, se, nel 2008, il 56 per cento del totale di nuovi casi si è registrato nei Paesi poveri o in via di sviluppo, nel 2020 questa percentuale salirà al 60 per cento. Ma c’ è di più: i tre quarti di tutte le morti, entro il 2050, interesseranno i Paesi a basso reddito. L’ allarme è giustificato e impone interventi immediati. Le popolazioni povere sono più esposte a fattori di rischio che in Occidente sono stati parzialmente arginati: l’ abitudine al fumo, per esempio, è in crescita esponenziale in Asia e in Africa, dove le multinazionali del tabacco hanno individuato i loro nuovi mercati. L’ inquinamento ambientale, da rifiuti tossici o da industrializzazione selvaggia, non trova argini in leggi adottate, invece, in Europa e negli Stati Uniti. Ecco perché è indispensabile pensare a una prevenzione più incisiva. Per esempio con campagne antifumo. Oppure promuovendo la vaccinazione antiepatite (in alcuni Paesi come la Cina il virus B è estremamente diffuso ed è causa di carcinoma del fegato) o antipapillomavirus (responsabile di certi tumori al collo dell’ utero). E poi alle terapie per chi si è già ammalato. Oggi molti Paesi del Terzo Mondo fanno già fatica ad accedere ai farmaci per combattere le «classiche» malattie da povertà come tubercolosi, Aids, malaria e dovranno attrezzarsi per trovare gli antitumorali. Anche perché, paradossalmente, quanto più riusciranno a combattere le prime, tanto più aumenterà la vita media delle persone e, di conseguenza, la probabilità di ammalarsi di tumore. Una speranza può venire dai farmaci generici che già permettono di trattare neoplasie al seno o linfomi a basso costo. Certamente sarà più difficile l’ accesso alle nuove terapie antitumorali, sempre più costose anche per le nazioni ricche, a meno che l’ industria farmaceutica non abbassi il prezzo. Ed è auspicabile che lo faccia.
Adriana Bazzi