ALESSANDRA PAOLINI ROSA SERRANO, la Repubblica 23/8/2010, 23 agosto 2010
L´INVOLTINO PRIMAVERA BATTE TUTTI ITALIANI SEDOTTI DALLA CUCINA ETNICA - ROMA
Un leggero pranzo al sushi-bar, aperitivo tra tequila e tacos al Messicano, cena "piccante" all´Indiano a suon di pollo tanduri. L´Italia multietnica eccola qua: seduta a tavola. Un business che gli imprenditori extracomunitari non si sono fatti sfuggire se si considera che i ristoranti stranieri sono aumentati, nei primi sei mesi del 2010, dell´8,2 per cento rispetto a un anno fa. Passando da 44.249 a 47.889. Del resto, un italiano su due ha mangiato almeno una volta in un ristorante etnico, e i clienti più affezionati sono i giovani.
A raccontare un Paese dove il gusto per i sapori dal mondo va alla grande è un´indagine della Fondazione Moressa di Venezia, elaborata su dati Infocamere. Dati che fotografano Milano (prima in classifica per numero di locali) come la città preferita dai ristoratori cinesi. Dei quasi 5 mila esercizi etnici, il 17,5% è nelle mani della "Grande Muraglia". A Roma il mercato, è gestito in gran parte dagli egiziani che della "torta" (4.208 i titolari) si spartiscono quasi il 10% con il kebab da asporto che ha ormai "congelato" la romanissima porchetta.
Voglia di esotico? Necessità di evasioni papillo-gustative? «Di certo è un segnale evidente della commistione tra culture - spiega Valeria Benvenuti, che ha curato la ricerca della Fondazione - che trovano nella tavola un altro importante punto di contatto. Maggiore è la presenza straniera sul territorio, più interesse suscitano le tradizioni culinarie di altri Paesi». Ma non solo. Gli italiani negli ultimi anni hanno imparato a viaggiare. E spesso è proprio il ricordo di piatti già assaggiati in vacanza a far fare archiviare, almeno per una sera, fettuccine e cotolette.
Racconta Thomas Myladoor, medico indiano che 18 anni fa ha aperto nella capitale Il Guru, locale storico dove si possono assaggiare i sapori del Kerala e del Tamil nadu: «All´inizio venivano solo i miei amici, compagni di corso dell´Università. Mi sentivo un po´ un marziano e i primi due anni le cose sono andate maluccio. Volevo chiudere. Poi il passa parola, la curiosità... e gli affari hanno cominciato a filare. Adesso, sono in tanti che mi chiedono il pollo fatto in un certo modo perché così l´hanno mangiato a Madras. L´unica accortezza è che chiedo se lo voglio ugualmente piccante o lo devo stemperare un po´, all´italiana?».
Fin qui le ragioni del cuore, del ricordo, della sperimentazione. Ma sotto al fenomeno del boom dell´etnico c´è anche una questione legata al portafoglio, cioè spendere meno. Ne è convinto Enzo Vizzari, curatore della Guida dei ristoranti de L´espresso. «Nessun ristoratore di un certo livello, oggi come oggi, investirebbe in Italia. Chi apre un ristorante in questo momento, più che sulla qualità punta a una ristorazione che funziona commercialmente, ma è scadente. Del resto, basta vedere i tanti cinesi che si sono trasformati in giapponesi visto che il sushi sta diventando qui da noi un "piatto nazionale". Hanno cambiato solo l´insegna: in cucina sono gli stessi».
Qualità delle materie prime: il segreto per un´icona dell´arte culinaria come Heinz Beck, pluripremiato chef della Pergola dell´Hilton a Roma, è tutta qua. «Qualsiasi tipo di cucina, etnica o non, va fatta bene e con ingredienti buoni - dice Beck - Anche se la fusion la definirei piuttosto con-fusion». Sarà. Ma la ricerca della Fondazione conferma una voglia di globalizzazione del gusto che finisce anche tra i fornelli di casa. «Prima si scoprono le pietanze nei ristoranti etnici - racconta Valeria Benvenuti - poi si cerca di rifare le ricette comprando i prodotti esotici al supermercato». Nell´ultimo anno il 47% degli intervistati ha dichiarato di essere andato almeno una volta al mese a frugare tra gli scaffali, magari in cerca di latte di cocco e olio di dendè, per una zuppa alla moda di Bahia.