FILIPPO CECCARELLI, la Repubblica 22/8/2010, 22 agosto 2010
IL COMPROMESSO STORICO SUL BIKINI DI MISS ITALIA
Senza «modestia» e priva di «pudore verginale», sostenevano autorevoli rappresentanti della dottrina cattolica negli anni Cinquanta, la donna provocava istinti e appetiti pericolosi, ragion per cui era «preferibile una bellezza mediocre», come arrivò a suggerire il padre Atanasio rispondendo a una lettera di Famiglia cristiana. Contro le indubbie suggestioni già allora esercitate da Miss Italia, vigorosamente la Chiesa rivendicava il valore della bellezza morale: «Perciò è bella, sopra tutte le donne, e cantata anche come tale, più in alto delle stelle, la Madonna», tagliava corto Maria Pia Colini Lombardi, esponente del Comitato italiano di difesa morale e sociale della donna, nonché parlamentare democristiana. Però poi nei fatti la Dc era assai meno intransigente di certe sue punte, e se pure nel 1954 tredici deputati scudocrociati arrivarono a proporre per legge l´abolizione dei concorsi di bellezza, contro il bikini il partito di maggioranza si limitò discretamente a fare in modo che le aspiranti miss sfilassero in passerella con il costume intero.
«Non è la bellezza astratta che ci interessa», garantiva dall´altra parte, e cioè nel campo opposto, Cesare Zavattini, presidente del maxi concorso di bellezza che il Partito comunista, dopo aver proclamato in una miriade di festival estivi altrettante "Stelline dell´Unità", aveva a quei tempi delegato con successo al settimanale Vie nuove. La vincitrice, che nella gara era dispensata dallo spogliarsi, otteneva una corsia preferenziale per la carriera cinematografica e questo spiega come nella giuria vi fossero Visconti, Blasetti, Soldati, Moravia e anche la Morante. C´era anche, è vero, su questo genere d´iniziative, una certa resistenza nell´ala dura del Pci: Secchia scandalizzato, Pajetta sprezzante, Robotti «fremeva di rabbia», le compagne dell´Udi erano contrarie. Ma al dunque i comunisti le intendevano come uno strumento di penetrazione elettorale, più che altro mirando a coinvolgere il popolo nelle attività di partito. Visti con gli occhi di oggi, sia l´oppressivo moralismo cattolico che l´astuto marketing del Pci tradivano un´ingenuità destinata a presentare il conto un paio di decenni dopo. Come nota lo storico inglese Stephen Gundle nel suo acuto saggio Figure del desiderio. Storia della bellezza femminile in Italia (Laterza, 2007) in quegli stessi anni la pubblicità di una cipria dal nome "Velluto di Hollywood" comparve tanto sulle pagine di Vie nuove che di Famiglia cristiana. Il classico segno rivelatore.
Sulla scorta di quella inserzione pare di cogliere, sul modello di donna cui guardavano i due grandi partiti negli anni Cinquanta, uno stesso asimmetrico e paradossale destino. Per cui, così come l´austero rigore di Santa Romana Chiesa venne aggirato, addomesticato e poi scavalcato dai pragmatici democristiani, l´opportunismo delle Botteghe Oscure finì per cedere il passo a codici culturali addirittura ostili al Pci come potevano essere quelli americani. E per estrema beffa, nel frattempo, si affermavano in Italia le dive che tanto piacquero a Hollywood: «Esotiche, fiere, appassionate, belle e sagge - le qualifica Gundle - In una parola: naturali».