ELENA LISA, La Stampa 24/8/2010, pagina 19, 24 agosto 2010
Cercasi asilo disperatamente - Fosse un film s’intitolerebbe «Mamma, ho perso l’asilo». Fosse un colore sarebbe verde, come la speranza d’iscrivere un figlio al nido comunale ed essere certi, al rientro dalle vacanze, di avere scalato la lista d’attesa
Cercasi asilo disperatamente - Fosse un film s’intitolerebbe «Mamma, ho perso l’asilo». Fosse un colore sarebbe verde, come la speranza d’iscrivere un figlio al nido comunale ed essere certi, al rientro dalle vacanze, di avere scalato la lista d’attesa. Fosse un insetto sarebbe un tarlo, come il cruccio delle mamme che non possono contare sui nonni, baby-sitter assai preziosi, e delle donne a pochi «zero» - quelli del conto in banca - alla ricerca di un posto sicuro dove lasciare i pargoli. A loro settembre non regalerà niente di buono. Se non per merito, come ormai capita spesso, di genitori e associazioni che mettono una pezza dove lo Stato fa poco. Il nostro Paese non ha raggiunto l’obiettivo fissato dal trattato Ue di Lisbona, che entro il 2010 aveva stabilito un numero minimo di 33 posti ogni 100 bambini: siamo sotto i 23, cifra che comprende tutto ciò che ha a che fare con bimbi fino ai tre anni: asili pubblici, privati, centri integrati, ludoteche, e chi più ne ha più ne metta. Ecco, allora, che mamme e papà si attivano, si stringono in cooperative, chiedono permessi alle amministrazioni locali - ben liete di spartire la gestione del problema - per trasformare una stanza in un asilo condominiale, «specie» questa piuttosto diffusa assieme a micronidi, asili aziendali e parificati. Più delle parole, a descrivere la domanda pressante c’è il dato nazionale delle Camere di Commercio. Tra i beni e i servizi dedicati alla prima infanzia, a crescere di più è il settore degli asili: oggi sono 2.871 le imprese attive, aumentate, in un anno, del 10,2 per cento. «Ottimo, ma ciò non toglie che un quarto dei bambini italiani - dice Antonio Gaudioso di Cittadinanzattiva, movimento per la tutela dei diritti dei cittadini che ha curato un dossier sugli asili - non riesca ad accedere ai nidi. Resta fuori il 25 per cento, un numero spaventoso, ma la percentuale è più alta se si considera che molti genitori rinunciano all’iscrizione in partenza». In attesa è il 41 per cento dei bambini abruzzesi, il 36 di quelli calabresi, il 47 dei campani. Nel Lazio aspettano un posto 37 su cento, in Lombardia 5, in Piemonte 22. Bambini che, se sono fortunati, come alternativa alle maestre hanno nonni, zii e parenti vari o direttamente la mamma che, in molti casi, ha dovuto rinunciare al lavoro. Se i loro nomi stanno in un lista d’attesa è molto probabile che i genitori non possano permettersi un asilo privato. Una situazione - l’ennesima - che spacca il Paese. Continua Gaudioso: «Al Sud si aspetta di più ma le rette sono più basse. Al Nord ci sono più possibilità ma i costi lievitano». La spesa media nazionale per un posto in un asilo comunale è attorno ai 300 euro mensili. Il picco in Lombardia, 400, e il costo più basso in Calabria, 120. Ma sono molte le strutture pubbliche con rette decisamente salate. «Non mi sorprende - spiega Aldo Fortunati, direttore dell’area Documentazione, ricerca e formazione dell’Istituto Innocenti, polo di studio per la tutela dei diritti dei bambini -. La spesa media di una scuola infantile supera i 6 mila euro all’anno a bimbo. Con l’80 per cento della cifra si paga il personale: se la retta è sotto i 600 euro il risparmio riguarda proprio maestre ed educatrici». La gestione degli asili è delegata alle amministrazioni locali: nel 2009 sono stati 100 i milioni di euro - nel 2008 erano stati più del doppio, 206 - messi a disposizione dal governo per il «Piano straordinario per lo sviluppo del sistema dei servizi socio educativi» che distribuisce risorse alle Regioni. «Credere che i nidi siano esclusività del "pubblico" è anacronistico - dice ancora Fortunati - ma è anche vero che la rete di asili e scuole non può funzionare senza promozione, sostegno e controllo da parte dello Stato». Promozione: spinta a tirar su strutture nuove, moderne, attrezzate. Sostegno: investimenti e finanziamenti. E quindi controllo, verifica: sulle educatrici, sulle maestre, sul personale in genere a cui i genitori affidano i figli per intere giornate. Perché se nei pensieri di un papà e di una mamma esiste un tarlo più insidioso della ricerca di un posto in un asilo, non c’è dubbio sia questo.