RAFFAELLO MASCI, La Stampa 24/8/2010, pagina 10, 24 agosto 2010
“L’Italia potrebbe abbandonare i suoi pomodori” - «Non è che il pomodoro italiano è in crisi
“L’Italia potrebbe abbandonare i suoi pomodori” - «Non è che il pomodoro italiano è in crisi. Questo si sapeva già: è che potrebbe scomparire. del tutto. E già dal prossimo anno», non c’è molto tempo per correre ai ripari. La situazione del più popolare alimento nazionale, dunque, è questa, sintetizzata da Guglielmo Garagnani, presidente di Confagricoltura dell’Emilia Romagna, regione in in cui si produce il 70% del pomodoro da conserva. «Il problema è serio - continua Garagnani - e la scelta di abbandonare il pomodoro potrebbe essere imminente». Ma per capire come si è arrivati a questo punto, occorre raccontare il dramma, in tutte le sue parti. Intanto i pomodori sono due: quello da insalata, che si produce soprattutto al Sud, e quello da conserva che è concentrato soprattutto al Nord. Ad essere in forte crisi è quest’ultimo, cioè il pomodoro con cui si cucina e con cui si fa il sugo per la pasta. Gli italiani - secondo una valutazione di Coldiretti - ne consumano 550 milioni di chili l’anno e ogni famiglia ne compra 31 chili. La filiera comincia dai produttori che sono circa 8 mila e lavorano 85 mila ettari, e prosegue con la trasformazione a cui provvedono 173 industrie con 20 mila addetti. Il pomodoro, dunque, è un grande business, nel quale - però - dieci anni fa sono entrati i cinesi e hanno conquistato rapidamente grandi fette di mercato: quest’anno - dice sempre Coldiretti - sono entrati in Italia 100 milioni di chili di pomodoro cinese, con un incremento del 272% rispetto a dieci anni fa. E questo è un primo fattore di sofferenza per il settore. Il secondo è il prezzo. Quello del pomodoro viene deciso con un Ocm (organizzazione comune di mercato) realizzata in sede Ue: in pratica il pomodoro ha delle quotazioni, come altri prodotti di massa. Sulla base di questo Ocm, le organizzazioni dei produttori e quelle delle industrie di trasformazione, stabiliscono durante l’inverno il prezzo che sarà corrisposto per una tonnellata di prodotto nell’estate successiva. Quest’anno si era fissata la quota di 72 euro, 8 euro in meno dell’anno precedente. I produttori si erano enormemente lamentati perché una cifra del genere bastava sì e no a ripagare le spese. Ma poiché non c’è mai fine al peggio, l’accordo prevedeva che questa somma potesse subire delle riduzioni qualora il prodotto non fosse rientrato in certi stanard qualitativi. A questo punto entra il gioco la stagione: troppa pioggia in primavera, un’estate con forti sbalzi di temperatura, e il pomodoro perde - almeno al Nord e in Toscana - parte delle sue qualità. I 72 euro diventano a volte 50, altre volte addirittura 35, senza dire che la produttività per ettaro, per effetto del clima, è diminuita del 30%. «Questa situazione - spiega l’assessore all’agricoltura della provincia di Grosseto, Enzo Rossi - sommata a una produzione molto bassa (inferiore a 50 tonnellate a ettaro), sta provocando una perdita secca per i produttori di oltre 2 mila euro ad ettaro. Considerando che il costo di produzione è di 5 mila euro ad ettaro a fronte di 1.900 recuperati dalla vendita e 1.100 dal contributo accoppiato (cioè il contributo comunitario per il pomodoro - ndr), per molti produttori la perdita è tale da provocare una profonda crisi economica e finanziaria». Ma non è tutto. Con il 2010 finisce il contributo «accoppiato», cioè il sussidio che l’Unione europea associa al pomodoro. Il contributo comunitario, d’ora in avanti, e almeno fino al 2013, si darà a ettaro: io ti dò tanto, indipendentemente da quello che coltivi e da quanto rende il terreno in questione. «Stando così le cose - conclude Garagnani - per quale motivo uno dovrebbe continuare a coltivare pomodoro? Meglio passare ad altro, anche solo a grano. Ma il risultato sarebbe che già dall’estate del 2011 il pomodoro italiano potrebbe scomparire». Poco male, c’è quello cinese, si potrebbe ribattere. Ma non è così: le industrie conserviere, infatti, non sono contente del prodotto estero e il mercato non mostra di gradirlo. Senza dire che il nostro pomodoro viene coltivato e lavorato secondo protocolli molto stringenti e di alta garanzia per il produttore. Quello fatto altrove, vai a capire. Come finirà? In Italia quando non si sa che pesci prendere, si «apre un tavolo»: ed è quello che si sta facendo. Al ministero dell’Agricoltura.