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 2010  agosto 22 Domenica calendario

STORIA D’ITALIA IN 150 DATE

1940-1945

La tragedia, atto finale
È il 25 aprile 1945, apoteosi di libertà e di violenza. Basta essere additati come fascisti e si finisce alla gogna, quando non al muro. Quel che resta di Mussolini è un animale braccato: rifiuta l’aereo che potrebbe portarlo in Spagna e scappa da Milano per raggiungere una Svizzera che di ora in ora diventa sempre più improbabile. I partigiani lo scovano a Dongo su un camion di tedeschi in ritirata, travestito da caporale della Wehrmacht. La scena è grottesca, il seguito un enigma. Chi lo uccide, insieme con l’incolpevole Claretta, contro il muretto di una villa a Giulino di Mezzegra? Chi s’impossessa della cartella che contiene il suo carteggio con Churchill? E le sterline e i lingotti, il famoso oro di Dongo? L’esecutore materiale (su ordine del Comitato di liberazione) è un comunista, ma non è detto sia quel Walter Audisio che se ne assume orgogliosamente la paternità. Il carteggio è probabile che finisca nelle mani più interessate a farlo sparire: mani inglesi. Quanto ai lingotti, chiunque li abbia presi non ha lasciato testimoni. Tutti i partigiani che entrano in contatto con l’oro di Dongo troveranno la morte in circostanze misteriose. L’epilogo ha un sapore tribale. Quei cadaveri scaricati all’alba in piazzale Loreto, dove i fascisti milanesi hanno compiuto una delle loro ultime carneficine. Il popolo si accanisce con sputi, calci, schizzi d’urina e cinque rivoltellate al cuore di Mussolini («Una per ogni figlio che mi hai mandato a morire in guerra», urla la pistolera). I corpi vengono appesi al traliccio di un distributore di benzina, a testa in giù. Si è aggiunto l’atletico ma non astutissimo Starace, ucciso per le vie di Milano mentre faceva jogging come se niente fosse. Un prete, mosso a pietà, chiude la gonna di Claretta con una spilla da balia. Nei giorni successivi la mattanza continua in tutta la pianura padana, mentre i partigiani di Tito rastrellano Trieste e gettano vivi nelle foibe di Basovizza 450 metri cubi di esseri umani.
Ogni tragedia prevede una catarsi, anche questa che continua a dividere gli animi. Nella guerra civile si scontrarono due Italie che comprendevano di tutto: idealisti e profittatori, aguzzini ed eroi, talvolta confusi nella stessa persona. Ma nel giudizio politico le due Italie non possono venir messe sul medesimo piano. Neppure se si accetta la tesi che entrambe combatterono alle dipendenze di una potenza straniera. Perché la vittoria dell’America capitalista (da noi, in virtù della spartizione di Yalta, i sovietici erano fuori gioco, con buona pace dei comunisti che sognavano la rivoluzione) garantirà un benessere diffuso e le libertà fondamentali, mentre il Reich nazista avrebbe trasformato la penisola nell’appendice mediterranea di un lager.