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 2010  agosto 23 Lunedì calendario

Sì, le periferie si salvano demolendole - Con stupore e soddisfazione ho sa­put­o della proposta del sindaco Aleman­no di radere al suolo il moderno insedia­mento di Tor Bella Monaca

Sì, le periferie si salvano demolendole - Con stupore e soddisfazione ho sa­put­o della proposta del sindaco Aleman­no di radere al suolo il moderno insedia­mento di Tor Bella Monaca. Una lodevo­l­e, motivatissima intenzione, anche se sono certo che non verrà mai realizzata. Ho già aspramente rimproverato al sin­daco di Roma la sua irrisolutezza rispet­to all’orrida teca dell’Ara Pacis. Adesso, come allora, apprezzo lo spiri­to. Ma non credo che anche se si trattasse di una convinzio­ne­profonda e non di una pro­vocazione, i poteri, pur ampi, di un sindaco, non consenta­no azioni così decisive. Ci vorrebbe una dittatura, per certi versi auspicabile, e non estranea alla cultura poli­t­ica di provenienza di Aleman­no. Ma oggi i contrappesi de­mocratici hanno a tal punto trasformato le ideologie, che il «fascista» Fini può apparire, più che un liberale o un demo­­cratico, un libertario, con ve­nature radicali. Oggi Aleman­no sembra tornato in sé, ovve­ro nel sé che lo fa assomigliare ai gerarchi e al duce, cui si de­vono imponenti bonifiche e città. Penso a Fertilia, Sabau­dia, Latina, la Tresigallo di Rossoni, il quartiere dell’Eur. L’ultima grande architettura civile d’Italia è quella fascista. Dopo, la catastrofe. Con que­sti occhi Alemanno vede Tor Bella Monaca, così come tut­ta l’edilizia degli anni ’60, ’70 e ’80. Speculazione selvaggia, senza alcun rispetto per l’uo­mo, in nome di valori popola­ri e democratici. Così le città sono state sfigurate. Non è sta­ta espressa alcun idea di Città e di sviluppo. Di fronte a que­sto fallimento non ci sono ri­medi: solo l’abbattimento. Alemanno è stato insieme no­stalgico e progressista. Come Tor Bella Monaca si possono ricordare anche im­prese «firmate», e non meno devastanti, come l’area del «ferro di cavallo» a Perugia con gli interventi di Aldo Ros­si, e quella della Bicocca a Mi­lano su progetto di Vittorio Gregotti. Quest’ultimo quar­tiere è contiguo al villaggio Pi­relli, edificato con straordina­ria misura ed eleganza nel 1923. Un’ultranovantenne che vi abita, la signora Anasta­sia, interrogata sul nuovo quartiere, l’ha liquidato con la formula «scatola da scar­pe! ». Tor Bella Monaca ha an­­che l’aggravante di essere, a di­stanza di pochi anni dalla sua realizzazione, fatiscente e de­gradata. Con il piano regolato­re del 1962, che la dichiara «zo­na d’espansione», Tor Bella Monaca patisce un piano di sviluppo di edilizia economi­ca e popolare che­è difficile di­stinguere dalle aree di abusivi­smo edilizio anche in zone tu­telate. Così, tra condoni e co­struzioni, si innalzano torri a quindici piani, senza servizi e opere di urbanizzazione che nessun programma di recupe­ro urbano può portare a com­pimento. Non bastando que­sta situazione, nell’area si è in­fierito con una chiesa, Santa Maria del Redentore, proget­tata da Pier Luigi Spadolini. Se si pensa a cosa è stata l’ar­chitettura a Roma per circa due millenni, e che ancora ve ne sono tracce, di età romana, proprio nell’area del nuovo in­sediamento, ci si rende conto di come in cinquant’anni si sia persa ogni nozione di una lunga tradizione dell’edifica­re. Tra il ’60 e oggi si è costruito più che negli ultimi tre­mila anni, e con una miseria e sciat­teria senza prece­denti. È inutile ten­tare di risanare in condizioni così estreme, e con edi­fici costruiti con materiali inadeguati e di rapi­do deterioramento. Ha ragione Alemanno, luci­do nell’aria fine di Cortina: «A Tor Bella Monaca ci sono case costruite con un sistema di prefabbricazione in cui piove dentro». E offre anche una so­luzione: «Se abbiamo terreni e aree per costruire un nuovo quartiere a Tor Bella Monaca, per permettere alle persone che lì abitano di spostarsi, sa­rebbe una scelta popolare. Chi vive dentro quelle case non vive bene e dovrebbe spo­­starsi ». Una conseguenza so­ciologica è che luoghi sordidi favoriscono comportamenti sordidi. E in aree degradate, come a Scampia e alle Vele di Napoli, la piccola grande cri­minalità, lo spaccio della dro­ga, i rischi di aggressione sia­no la naturale conseguenza della sciatteria, della sporci­zia e dell’abbandono. Le bor­gate generano borgatari. L’as­senza di regole, servizi pubbli­ci e decoro, favorisce il ricorso a espedienti, genera uno spiri­to di adattamento di cui l’ille­galità è la compensazione dell’assenza di garanzie mini­me di servizi. Le numerose lot­tizzazioni sono concepite nell’ interesse dei costruttori e non dei cittadini. L’attuazione dei piani particolareggiati nell’ area industriale del villaggio Breda e di Tor Bella Monaca avrebbe dovuto portare alla ri­strutturazione urbanistica della zona. Ma queste opere non sono mai state attuate. Le scellerate autorizzazioni edili­zie e, non diversamente, gli in­terventi diretti di edilizia pub­blica indicano un’epoca di straordinaria decadenza, e non è detto che un nuovo quartiere garantisca risultati migliori. Sarebbe arrivato il momento, di stabilire con una legge, che nessun edificio nuovo può essere costruito, prima che l’ultimo storico sia restaurato. Così potremmo ri­solvere una contraddizione e tutelarci da quegli orrori che oggi indignano Alemanno. Vittorio Sgarbi