Luca Miele, Avvenire 21/8/2010, 21 agosto 2010
CINA, IL «GIGANTE» DEI BIMBI FANTASMA
La Cina si prepara a “testare” i risultati del più gigantesco esperimento di ingegneria sociale mai messo in atto nella sua storia: quello sul contenimento della popolazione. Dal primo novembre partiranno le operazioni per il nuovo censimento (a dieci anni di distanza dal precedente), il sesto nella vita della Repubblica popolare: un esercito di sei milioni di ispettori sono chiamati a comporre la “radiografia” della popolazione. La spesa stimata da parte del governo centrale è di 700 milioni di yuan (80 milioni di euro) mentre quella dei governi locali dovrebbe avvicinarsi ai 7 miliardi di yuan (circa 800 milioni di euro). Sarà un nuovo banco di prova per la politica del figlio unico, a più di trent’anni dalla sua introduzione.
L’obiettivo della pianificazione familiare, voluta dal partito, è stato raggiunto. La popolazione cinese è stata “contenuta” entro la soglia del miliardo e trecentomila persone. Secondo Li Bin, che guida la Commissione statale per la popolazione nazionale e la pianificazione familiare, la “corsa” però non si fermerà: i cinesi saranno 1,4 miliardi entro il 2015, con la popolazione urbana che per la prima volta scavalcherà quella rurale – saranno 700 milioni i cittadini. La rigida normativa ha permesso alla Cina di rallentare la crescita demografica: tra il 1986 e il 2000, infatti, l’indice di fertilità è sceso in media dell’1,8%. Ma il prezzo pagato è stato altissimo. E spaventoso. Secondo i calcoli diffusi dallo stesso governo, sarebbero state evitate più di 400 milioni di nascita. Non solo: un documento pubblicato sul China-Daily ammette che gli aborti nel Paese
ammontano a 13 milioni. Ogni anno.
La composizione stessa della popolazione è stata stravolta. Generando dei problemi che potrebbero azzoppare la corsa dell’economia cinese. E peggio innescare quella conflittualità sociale che ribolle, endemica, sotto la pelle del gigante asiatico e alla quale il regime guarda come alla peste.
Lo squilibrio più lampante riguarda i generi. In una recente inchiesta l’Economist ha parlato di “Gendercide”, di genocidio al femminile: le bambine vengono “sacrificate” nella speranza di un figlio maschio. Il risultato? Che oggi in Cina si contano 37 milioni di maschi in più rispetto alle donne. E ancora: la Cina invecchia. Come scrive l’agenzia Agi
China 24 , «a causa dell’invecchiamento della popolazione, il rapporto tra persone in età lavorativa e anziani da assistere sarà di 3 a 1, contro il 5 a 1 attuale». L’altra faccia della medaglia è la penuria di forza lavoro, «una condizione pericolosa per un Paese come la Cina che ha fatto dell’immensa disponibilità di manodopera a basso costo il punto di forza della sua economia».
Per questo il muro della politica del “figlio unico” mostra qualche crepa. In un’intervista pubblicata dal ChinaDaily
– voce ufficiale del regime di Pechino– Li Jianxin, professore associato di studi di demografia dell’Università di Pechino, lo ha detto a chiare lettere: «Se il governo continua con la sua rigida politica del figlio unico, il Paese sarà gravato da una popolazione che invecchia e una forza lavoro in netta diminuzione». Insomma non si può ignorare la «struttura della popolazione stessa». La ricetta allora del ricercatore? «Famiglie con almeno due figli».