Vittorio Feltri , il Giornale 22/8/2010, pagina 1, 22 agosto 2010
VI SPIEGO PERCHÉ DEVE DIMETTERSI
Molti si saranno probabilmente domandati perché la teniamo tanto lunga con la storia dell’appartamento di Montecarlo, svenduto per quattro ceci (300mila euro) da Gianfranco Fini a società offshore ( domiciliate in paradisi fiscali). Secondo alcuni, per esempio i finiani più convinti, sarebbe stato sufficiente dare del pirla al presidente della Camera (per la sua inettitudine affaristica), e poi piantarla lì. Eh no, cari amici. Non si può liquidare una faccenda di questo tipo con una battuta da osteria. Perché qui c’è di mezzo un partito, Alleanza nazionale, che, come tutti i partiti, ha delle grosse responsabilità verso i suoi iscritti, gli elettori, i cittadini. Quindi bisogna fornire spiegazioni serie. Un conto è il patrimonio personale che ciascuno gestisce come gli garba, anche da grullo; un altro conto è il patrimonio di un partito che per definizione è un pilastro della democrazia. Ebbene, il quartierino monegasco non era proprietà privata di Fini, ma di An, e lui aveva il dovere di trattarlo con riguardo, se non altro per rispetto verso la nobildonna che lo aveva lasciato in eredità agli ex fascisti affinché lo utilizzassero per una buona causa, non per dare un tetto di lusso al signorino Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta. Invece il presidente della Camera ha ceduto il pied-à-terre a misteriose società senza nemmeno domandarsi quale fosse l’identità del compratore, tant’è che ancora oggi non si sa chi esso sia: uno speculatore? un balordo? uno strozzino?
Vi pare normale che la terza carica dello Stato, a precisa domanda, abbia risposto per iscritto di essere stato consigliato dal «cognato » a compiere un’operazione del genere? La giustificazione di Fini è la seguente: Giancarlo Tulliani è un esperto immobiliarista e quando mi ha proposto di vendere la casa a un compratore di sua conoscenza ho accettato. Non sta in piedi. Primo, perché il prezzo (300mila euro) era un insulto alla logica di mercato. Secondo, perché un leader politico responsabile e rispettoso delle leggi non mette nelle mani di anonimi soci di una offshore il patrimonio del partito, specialmente se a «confezionargli» l’affare è il cognato trentenne.
A proposito, fosse vero che il suddetto «cognato trentenne» è un esperto immobiliarista, come mai per ristrutturare l’alloggio sentì la necessità d i farsi indicare dall’ambasciatore italiano nel Principato di Monaco un’impresa affidabile? Non solo, ma se l’immobile è stato acquistato da una società offshore perché a l restauro ha provveduto il giovane Tulliani? D i norma i lavori d i rifacimento sono a carico della proprietà, non del locatario. A meno che l a proprietà sia d i una società controllata dal locatario, nel qual caso inquilino e padrone sarebbero la stessa persona. E allor a si comprenderebbero varie cose ora incomprensibili.
Quest’altra, per esempio. Com e mai Giancarlo spende 200mila euro per procurarsi una fiammante Ferrari e non compra invec e u n appartamento a Montecarlo (nel quale poi va ad abitare) per 300mila? Quando in una vicenda troppi personaggi sembrano fessi, di solito non lo sono affatto ma tendono a fare fesso qualcun altro. Di solito. Non sempre.
Ecco perché a questo punto si impone che Fini cambi atteggiamento e si decida a parlare, anziché insistere nel mutismo. Tropp o facile scrollare le spalle e guardare con disprezzo chi desidera sapere perché la terza carica dello Stato ha mimetizzato un appartamento in una offshore. Intendiamoci, mimetizzato nel senso che a noi non è concesso vedere chi sia il proprietario, che sicuramente c’è, m a siccome non si manifesta è come se non ci fosse.
Finché Gianfranco Fini starà zitto, continueremo a chiedere l e sue dimissioni. Anche per altri motivi. Non si dimentichi che da mesi e mesi lui è impegnato, più dell’opposizione, contro la maggioranza che lo ha eletto al vertice di Montecitorio, contro il Pdl nelle cui liste è arrivato in Parlamento, contro il governo del quale fanno parte persone confluite in Futuro e libertà.
Non bastasse, ricordiamo che il presidente della Camera non partecipò alla campagna elettorale per le regionali: «Il mio ruolo istituzionale me lo impedisce», disse. Ma ciò non gli impedì di brigare di qua e di là allo scopo di crearsi un nuovo partito.
Meglio che se n e vada, in fretta.