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 2010  agosto 21 Sabato calendario

SOCIAL NETWORK MA CON CONSIGLI PER GLI ACQUISTI

Se la pubblicità è l’anima del commercio, la psicologia delle relazioni tra le persone e le aziende è da tempo in analisi sul lettino dei social network online. Schiere di terapeuti dell’epoca digitale raccolgono sogni e incubi, consci e inconsci, di centinaia di milioni di persone immerse nella complessità della rete. Le preoccupazioni: information overload, perdita della privacy, strumentalizzazione dell’amicizia. Le speranze, sulla scorta della visione utopica lanciata dal Cluetrain Manifesto, una decina d’anni fa, non cessano di affascinare: la rete riporta effettivamente alla luce la dimensione umana anche nelle relazioni commerciali, superando la spersonalizzante visione del marketing tradizionale. Ma la complessità è lungi dall’essere domata. E non per nulla si cercano nuovi ancoraggi, per esempio, nella connessione tra leggerezza delle reti sociali online e concretezza delle reti territoriali.
Foursquare, Gowalla e, ora, Facebook Places tentano di approfittarne, offrendo servizi che collegano le informazioni sulla localizzazione delle persone alle conversazioni che si tengono sui social network. Cercano di monetizzarne il valore in chiave di pubblicità locale. E ci riescono, soprattutto se conquistano molto traffico: non per nulla gli analisti pensano che con l’entrata in gioco di Facebook nella localizzazione ci sia molto meno spazio per i piccoli concorrenti. Perché di fronte alla complessità, le persone tendono ad affidarsi a chi può semplificare le scelte.
Una dinamica dell’innovazione si ripete: piccole start up inventano nuovi modi per sfruttare il giro delle informazioni emergenti nelle reti sociali e, se hanno successo, vengono acquistare e incorporate da grandi piattaforme. O vengono semplicemente copiate. È andata bene alla Siri, start up che aveva sviluppato un software in grado di fornire risposte a domande come “ dove è meglio andare a cena questa sera in questa città?” sulla base delle informazioni scambiate dagli utenti dei social network: la Siri è poi stata acquisita dalla Apple. In Italia, in questo spazio, Erik Lumer sta sviluppando Cascaad. Mentre altre tecnologie cercano il loro successo nella gestione della conoscenza che emerge dai social network come fanno Tweefind e Twimbow di Luca Filigheddu, tecnologie segnalate negli Stati Uniti dai guru di Mashable. Per tutte queste idee occorre conquistare attenzione e traffico prima di pensare a inserirsi un in flusso commerciale. Farlo in proprio, del resto, è difficile: più spesso è meglio aggregarsi a una grande azienda che abbia già un modello di business. Il che va bene anche agli utenti. La quantità di nuove idee che si presentano sul mercato non semplifica la vita dei consumatori. Che molto spesso finiscono per utilizzarle quando sono adottate o lanciate dai giganti: Google, Apple, Facebook, e così via. Ma la prevedibilità di questa dinamica e l’estrema razionalità commerciale dei protagonisti, sembrano in questa fase prevalere sulle tensioni utopistiche. In questo senso, la recente discussione intorno alla presunta " morte del web" si comprende meglio. Neppure troppo tra le righe Chris Anderson e Michael Wolff osservavano nei loro articoli su Wired come questa fase dell’innovazione internettiana si giochi moltissimo intorno alla generazione di business da parte delle grandi piattaforme, mentre sta perdendo peso lo sviluppo disinteressato del web aperto. Un articolo di poco precedente al loro, pubblicato su Newsweek da Tony Dokoupil e Angela Wu, segnalava che il numero di volontari che aggiornano Wikipedia è in ribasso e che l’enciclopedia online ha iniziato a organizzarsi per aumentare il reclutamento.
Sarebbe un errore tirarne fuori una conclusione cinica. L’innovazione resta un fenomeno complesso. In cui l’ispirazione utopica gioca sempre un ruolo decisivo e sottile. Genera visioni lungimiranti che, quando si rivelano giuste, lasciano il posto prima o poi all’azione coordinata delle truppe del grande commercio. Allora sembra immergersi nella routine. Ma è un attimo. Perché riemerge poco più in là. Inattesa per definizione.