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 2010  agosto 21 Sabato calendario

L’insospettabile porta d’Oriente dei disperati sulle barche a vela - Bianca», si chiama così il 12 metri, dal 29 luglio è ormeggiata tra due bestioni a motore della Finanza (uno è un vecchio scafo blu dei contrabbandieri confiscato e modificato)

L’insospettabile porta d’Oriente dei disperati sulle barche a vela - Bianca», si chiama così il 12 metri, dal 29 luglio è ormeggiata tra due bestioni a motore della Finanza (uno è un vecchio scafo blu dei contrabbandieri confiscato e modificato). Oramai si gode la pensione forzata. L’hanno beccata che andava a motore, arrancava, non aveva una rotta precisa. E i due skipper erano due disperati: «Abbiamo fermato quella vela - racconta un finanziere - perché non ci convinceva. La linea di galleggiamento era inabissata, la vela non era mai stata aperta, la rotta era incerta, i due timonieri vestiti come se fossero normali passeggeri». E già, ci vuole l’occhio dello sbirro per sgamarli, i Caronte del Mediterraneo. Da giugno, sette vele hanno trasportato quasi trecento «invisibili», viaggiatori fantasmi stipati come sardine nelle pance dei velieri, cabinati con cinque, sei posti letto e angolo cottura. Trecento clandestini in gran parte curdi, provenienti dalla Turchia, dall’Iraq, dall’Iran, dalla Siria. Viaggiatori speciali per trafficanti infami. «Bianca». E poi «Mlada», un quindici metri. E «Alosh», 16 metri imbottito all’inverosimile di 58 poveracci. E «Yasmin Helsinki», «Merak», «Sun Odissay 44», alias «Cobalt», alias «Maralat». E infine «Aylin Uno», il 12 metri intrappolato a Gallipoli. Venti, trenta, quaranta passeggeri a viaggio, per ognuna di quelle speciali imbarcazioni. Se potessero parlare, chissà come commenterebbero questo loro destino baro: appena varate hanno solcato i mari portando a spasso famiglie intere, coppie di amanti, navigatori incalliti. Insomma, persone felici. E adesso, la fine della loro carriera è stata decisa dai trafficanti di merce umana che le hanno trasformate in complici dell’immondo traffico. Vele che in alcuni casi sono state trasformate in mezzi di trasporto di clandestini con una truffa, inaspettatamente. E questo perché facevano parte delle scuderie di quelle agenzie che affittano le imbarcazioni ai privati, ai turisti vacanzieri. Almeno tre delle sette vele risultano «charter». E le agenzie presso cui rivolgersi per affittarle, turche. Riassunto breve: in queste settimane da giugno ad oggi, sette sequestri, quasi tutte imbarcazioni che battono bandiera americana, una finlandese, una francese. Dei 17 scafisti arrestati, 13 sono turchi, due albanesi, un greco, un iracheno. Trecento passeggeri bloccati. E poi c’è il mistero della nave fantasma. E’ una nave che l’8 agosto ha scaricato a terra, sempre nel Salento, 66 clandestini. E’ un 18 metri, un pescherecchio colore bianco. Esiste una foto sequestrata dagli investigatori. La nave batte bandiera americana. La nave è riuscita a farla franca. Chissà se ha a che fare con lo sbarco dell’altro giorno in Calabria? I porti da cui potrebbero essere salpate le vele (condizionale d’obbligo, in attesa delle veriche anche tecniche, con gli sviluppi dei tabulati dei gps di bordo, dei satellitari che tracciano le rotte) sono in Turchia e in Grecia. Secondo le testimonianze dei viaggiatori, i porti turchi potrebbero essere quelli di Smirne, Istanbul, Antalya e Tekirdag. I porti greci si riducono, per il momento, a quello di Lefkada. E’ l’ultimo sbarco del 17 agosto: un due alberi con 19 clandestini rintracciati (probabilmente i viaggiatori erano 27, visto che è stato trovato un elenco di 27 nominativi. Gli investigatori hanno sequestrato una ricevuta di un bar di Lefkada, del 14 agosto. La barca è salpata il 15, arrivando in Puglia il 17. Ma c’è una ipotesi che non si può scartare a priori, che viene suggerita dagli investigatori dello Sco della Polizia: «Le barche sono turche e dai porti turchi sono salpate. Ma il trasbordo di clandestini potrebbe essere avvenuto nei porti greci. Lefkada, per esempio». Altri numeri: nel Salento dal primo gennaio sono stati rintracciati 863 clandestini sbarcati sulle nostre coste. C’è anche una pattuglia di tunisini e marocchiniProbabilmente il tappo libico potrebbe aver costretto i clandestini che utilizzavano quella rotta ad allungarsi fino alla Turchia, alla Grecia. C’è un tarlo che continua a ronzare nella testa dall’inizio di questa storia: perché le barche a vela? Cataldo Motta, il procuratore della repubblica di Lecce, a metà giornata è ancora in ufficio, alle prese con la denuncia della escort Patrizia D’Addario. Lui è la memoria storica di questa terra. Della quarta mafia pugliese e del traffico di clandestini. Azzarda: «I trafficanti hanno capito che uno dei sistemi per identificarli era la velocità eco raccolta dai radar. Insomma, quei gommoni che sfrecciavano a 30, 40 nodi erano sospetti. La barca a vela è un mezzo difficilmente sospettabile. Viaggia a pochi nodi, i passeggeri sono nascosti in coperta. Il problema è la linea di galleggiamento. E poi l’impossibilità di attraccare a riva, per via della deriva». La spiegazione di Motta è convincente, dal punto di vista tecnico. Ma c’è un nodo non risolto: in questi anni di quiete adriatica, di assenza di sbarchi sulle coste pugliesi di natanti di tutti i tipi utilizzati dalla filiera di curdi diretti nei paesi del Nord Europa, i clandestini si imbarcavano nei porti greci, soprattutto Igumenitsa, nascosti nei tir. E sbarcavano a Brindisi, Bari, Ancona per poi proseguire il viaggio via terra. «Questa rotta è ancora ogggi utilizzata», assicurano gli investigatori dello Sco, il Servizio centrale operativo della Polizia. E allora perché le barche a vela? Perché i gommoni albanesi hanno ripreso a sbarcare la loro merce preziosa in Puglia? Due tonnellate e mezzo di marjiuana, il 90% dell’erba sequestrata in Italia, negli ultimi mesi?