Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  agosto 21 Sabato calendario

La legge-Mondadori salva pure la Olivetti - Non c’è solo Mondadori, come sostenuto da “Repubblica” ma anche Olivetti tra le aziende che hanno tratto beneficio dal mini-condono tributario emanato dal governo il 25 marzo e approvato dal Parlamento due mesi dopo

La legge-Mondadori salva pure la Olivetti - Non c’è solo Mondadori, come sostenuto da “Repubblica” ma anche Olivetti tra le aziende che hanno tratto beneficio dal mini-condono tributario emanato dal governo il 25 marzo e approvato dal Parlamento due mesi dopo. Il caso è stato sollevato nei giorni scorsi dal quotidiano diretto da Ezio Mauro sostenendo che il decreto era un provvedimento “ad aziendam” a favore del Cavaliere. Sarebbe, cioè, stato approvato a tutta velocità per evitare al gruppo presieduto da Marina Berlusconi una maxi-multa da 350 milioni (173 milioni per mancato versamento delle tasse e il resto per sanzioni e interessi). L’AMMENDA Il gruppo di Segrate se l’è cavata, invece, con un’ammenda di 8,6 milioni. Il quotidiano tralascia di ricordare che la stessa regola è stata utilizzata dalla Olivetti che ha versato, a titolo di sanatoria, 1 milione invece dei cento che presumibilmente avrebbe dovuto pagare tra tasse non versate (42 milioni) more e penalità varie. L’infrazione fiscale è stata compiuta fra l’89 e il ’91 quando ancora a Ivrea regnava Carlo De Benedetti. Però l’Ingegnere oggi è fuori avendo venduto la sua partecipazione nel ’96. Quindi il danno sarebbe in capo a Telecom che ha assorbito Olivetti in una delle tante giravolte finanziarie seguite alla scalata dell’99. Viceversa la Mondadori ha fatto ricorso alla sanatoria come misura di estrema prudenza. Sia in primo grado sia in appello, infatti, i giudici tributari gli aveva no dato ragione, bocciando le pretese del Fisco. Il condizionale, comunque è d’obbligo. “Repubblica” ha dato l’operazione per conclusa. In realtà la partita è ancora aperta. Tanto per Mondadori quanto per Olivetti. Il 4 agosto scorso, con ordinanza n. 18055, la Cassazione ha impugnato il mini-condono. Ha trasferito il procedimento alla Corte di Giustizia europea sostenendo che il provvedimento è in contrasto con i Trattati dell’Unione. Pertanto la sanatoria rischia di essere annullata. Se anche dovesse accadere la Mondadori parte da una posizione di vantaggio avendogiàottenutoduesentenze favorevoli. Non altrettanto l’Olivetti. Senza contare che, in caso di condanna, a pagare sarebbe una società diversa e un altro azionista rispetto a quelli che hanno compiuto l’infrazione. Oggi, infatti, quel che resta del gruppo di Ivrea fa parte di Telecom Italia i cui principali soci sono gli spagnoli di Telefonica insieme a Mediobanca, Banca Intesa e Generali. Oltretutto i problemi fiscali delle due aziende sono abbastanza diversi. Alla Mondadori vengono contestate le mancate tasse in occasione della fusione con Amef (Arnoldo Mondadori Finanziaria). Si tratta della scatola attraverso cui quello che restava della famiglia del fondatore controllava la casa editrice. Lo scontro fra De Benedetti e Berlusconi per il controllo della Amef diede luogo alla cosiddetta battaglia di Segrate. Dopo la vittoria del Cav la “scatola” non serviva più. Venne così annegata nella Mondadori e l’operazione venne curata da Tremonti che ai tempi non ancora iniziato alla po- litica. Dimostrando la sua capacità di commercialista il ministro costruì un’operazione che, sia in primo sia in secondo grado, ha resistito alle richieste avanzate dall’Agenzia delle Entrate. TRIANGOLAZIONI Diversa la situazione della Olivetti. L’operazione contestata riguarda una manovra definita di “dividend stripping”. Un sistema di elusione fiscale molto spudorato che oggi è stato vietato. Il meccanismo era il seguente. La società che doveva incassare i dividendi faceva una triangolazione con un’altra azienda con i bilanci in perdita. In questo modo i dividendi venivano incassati senza versare imposte. Il soggetto che si prestava a fare da sponda portava a casa una commissione. I casi contestati alla Olivetti risalgono al triennio 1989-91. L’operazione giudicata illegittima riguarda i dividendi che la multinazionale americana 3M doveva incassare dalla sua divisione italiana che (ironia della sorte) ha sede a Segrate proprio di fronte alla Mondadori. Per non pagare imposte gli americani trasferivano, temporaneamente le azioni della divisione italiana alla banca Shearson Lehman che si appoggiava alla Olivetti, ormai trasformata in una bara fiscale. In questo modo le cedole tornavano agli americane pulite. Secondo il Fisco, però, le imposte andavano pagate ugualmente e siccome l’incasso era stato materialmente effettuato da Olivetti l’onere era di sua spettanza. La sanatoria avrebbe chiuso il caso con un bell’incrocio: un decreto di Berlusconi che copre una irregolarità commessa da De Benedetti. Ora, invece, dovrà decidere Bruxelles. ::: LAVICENDA LA NORMA FISCALE Allo scopo di contenere la durata dei processi tributari in essere da più di 10 anni, l’articolo 3, comma 2 bis, del decretolegge 40/ 2010 prevede che le vertenze «pendenti innanzi allaCortediCassazione»possono essere chiuse versando il 5% del valore della controversia. Unica condizione: il contribuente deve avere vinto i primi due gradi di giudizio. IL CASO MONDADORI Nel 1991-92 la Fininvest decide la fusione fra la Arnoldo Mondadori Finanziara (Amef) e la Mondadori. A distanza di anni, il Fisco contesta una diversa interpretazione delle norme fiscali dell’epoca e rivendica 173 milioni di euro (saliti a 350 con sanzioni e interessi). Ma Mondadori fa ricorso vince sia nel primo sia nel secondo grado di giudizio. IL CASO OLIVETTI Nel 1989-91 l’azienda all’epoca controllata da Carlo De Benedetti partecipò a una triangolazione di «dividend washing» con il gruppo 3M e la Shearson Lehman. I giudici tributari hanno dato ragione ai contribuenti che, grazie al mini-condono, hanno chiuso la vertenza pagando solo il 5%.