Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 20/8/2010, pagina 72, 20 agosto 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
1940-1945
La tragedia
Atto IV
Siede nell’ufficio di Gragnano sul Garda a far finta di comandare, attorniato dalle SS che lo controllano con la scusa di proteggerlo. La figlia non gli parla più da quando il marito Galeazzo Ciano, uno dei congiurati del Gran Consiglio, è stato fucilato per alto tradimento e lui non ha mosso un dito per salvarlo. Lo riscuote un brusio stentato di voci che urlano il suo nome dal cortile. «Sentite?», commenta amaro col suo assistente. «Piazza Venezia è già piena...».
L’uomo affacciato al balconcino è ormai lo spettatore di se stesso. Hitler lo ha issato alla guida formale del Nord Italia, i cui abitanti vivono giorni terribili. In cielo le bombe alleate, in terra le squadracce nere e i mitra nazisti. A Marzabotto entrano persino in chiesa, uccidono il prete sull’altare e poi al cimitero tutti i compaesani, neonati compresi. Un intero paese sconta gli aiuti prestati alle bande partigiane, che la leva obbligatoria della repubblica di Salò sta rimpinguando di disertori. Gli anglo-americani ritardano la risalita della penisola e si limitano a farsi vivi dall’alto: il 20 ottobre 1944 le bombe destinate alla Pirelli finiscono su una scuola di Gorla, uccidendo duecento bambini: da Abbondanti Ernesta a Zucchetti Giovanni. Mussolini manda una corona di fiori. In teoria anche Roma appartiene al suo regno di cartapesta. In pratica vi comandano Kesserling e le SS di Kappler e Priebke, un tandem di assassini che trasformano il centro culturale di via Tasso in un anticipo di lager. Pio XII fa quel che può, ma dice meno di quel che dovrebbe, nel timore che una presa di posizione ufficiale possa portare lutti peggiori.
Il 23 marzo 1944, 25° onomastico del fascismo, i Gap comunisti fanno saltare per aria un battaglione di soldati altoatesini a via Rasella. I morti sono 33 e Hitler ordina lo sterminio di 50 italiani per ogni tedesco ucciso. Kesserling lo convince ad accontentarsi di una percentuale di dieci a uno. Se i Gap si costituissero, verrebbe meno la rappresaglia? No. La loro colpa, semmai, è di aver agito nel cuore della capitale secondo logiche di guerra, quando era evidente che a pagare il conto sarebbero stati dei civili inermi. La mano sinistra di Kappler accarezza un cane malato mentre la destra compila la lista di ebrei e partigiani. Alla fine, con l’aiuto di due boia del peggior fascismo, ne scoverà cinque più del dovuto: 335, da Agnini Ferdinando a Zironi Augusto. Il comandante del battaglione di via Rasella si rifiuta di guidare il plotone d’esecuzione. Sono le SS di Kappler, ubriache di cognac per vincere il disgusto, che accolgono le vittime all’ingresso delle Fosse Ardeatine, sparando a ciascuna un colpo alla nuca. L’uomo affacciato al balconcino non viene neppure avvertito.