Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 20/8/2010, pagina 72, 20 agosto 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
1940-1945
La tragedia. Atto III
L’uomo che fu il Duce è condotto in morbide catene sul Gran Sasso, dove apprende alla radio il nuovo colpo di scena: la resa incondizionata spacciata per armistizio, con una clausola che prevede la sua consegna agli alleati. Chiede lumi ai carcerieri, ma i soldati di Badoglio ne sanno quanto lui. Nel loro sguardo interrogativo c’è il dramma di un esercito e di un popolo abbandonati a se stessi. La mattina dell’8 settembre 1943 il Re ha tenuto buono l’ambasciatore tedesco spergiurando che l’Italia è legata a Hitler «per la vita e per la morte». In Sicilia il generale Castellano ha firmato l’armistizio da giorni, però si spera ancora che i paracadutisti anglo-americani calino su Roma prima che la notizia del ribaltone giunga all’orecchio dei nazisti. Invece dei parà, arriva un messaggio cifrato di Eisenhower e il nostro Stato Maggiore non ha ancora finito di decrittarlo che radio Algeri lo sta già diffondendo in tutto il mondo: è l’annuncio della resa. Hitler urla al tradimento e ordina l’invasione. In casi simili è già successo che i capi abbandonino la capitale, ma non che lascino soldati e funzionari senza comunicazioni.
Mentre la famiglia reale e il maresciallo Badoglio fuggono in auto lungo la Tiburtina, seguiti da un codazzo di cortigiani e alti ufficiali in borghese, Roma viene occupata dai tedeschi e al fronte due milioni di militari si ritrovano alla mercé degli ex alleati. I reduci dalla Russia vengono deportati in Germania. Chi non consegna le armi finisce contro un muro, come a Cefalonia, o fra i partigiani. Ma quasi ovunque il soldato italiano butta la divisa e fugge. L’esempio non è forse venuto dall’alto? Nella fretta, Badoglio ha smarrito la valigia con i soldi incamerati durante il regime e ha lasciato nelle mani dei nazisti la riserva aurea della Banca d’Italia. Sul molo di Pescara c’è gran ressa: colonnelli e generali fanno a gomitate per salire sulla «Baionetta», l’imbarcazione che porterà a Brindisi quel niente che resta dello Stato. Non si trova più Badoglio: sarà rientrato a Roma per difendere la città? Macché, sta già in barca, era andato avanti per prendere il posto. Il Re si sistema a poppa con la Regina e il principe Umberto, l’unico che vorrebbe tornare indietro: i figli e la moglie sono in Val d’Aosta e Hitler ha dato ordine di catturarli. Ripareranno in Svizzera. La sorella del sovrano, Mafalda, avrà minor fortuna e finirà nel lager di Buchenwald.
Sul Gran Sasso, intanto, sta scendendo uno stormo di alianti. «Inglesi?», domanda rassegnato Mussolini ai suoi carcerieri. «No, Eccellenza, tedeschi». «Questa non ci voleva proprio». Può darsi che menta, ma anche che sia sincero: certe liberazioni non cambiano il destino, lo ritardano soltanto.