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 2010  agosto 19 Giovedì calendario

«Non esiste il presidente garante Siamo stati tutti interventisti» - [Pubblichiamo stralci di un testo inedito scritto da Cossiga ispirato dal saggio di Marzio Breda, «La guerra del Quirinale» (Garzanti, 2006)

«Non esiste il presidente garante Siamo stati tutti interventisti» - [Pubblichiamo stralci di un testo inedito scritto da Cossiga ispirato dal saggio di Marzio Breda, «La guerra del Quirinale» (Garzanti, 2006).] Cossiga, Scalfaro e Ciampi. Tre presidenze certo diverse tra di loro, ma che hanno un comune presupposto: la totale incertezza e quindi la larga libertà di interpretazione della figura effettiva del capo dello Stato, quale delineata nella Costituzione, e la conseguente variabilità della sua funzione in relazione allo stato della società politica. Quelli che possono sembrare contrasti tra linee, atteggiamenti e atti dei tre Presidenti sono più dovuti alle differenze di contesto politico-istituzionali (e anche di carattere), nelle quali si sono trovati ad operare, che non a differenze di natura concettuale. Una cosa è certa, nessuno dei tre Presidenti è stato e ha fatto il Presidente della Repubblica quale configurato dalla Costituzione... Come è noto, io sono un grande estimatore della Costituzione del 1948 come «fatto politico», come «patto» cioè «di pace e di tregua», la «piccola Yalta italiana», tra le fazioni politiche contrapposte. Stagione che aveva scavato un solco anche civile e morale che avrebbe potuto portare anche ad una «Guerra fredda» interna, che rapidamente sarebbe potuta scivolare o in una presa violenta del potere da parte della sinistra da un lato o, dall’altro, nella possibile tentazione della maggioranza di scivolare in una forma di «democrazia protetta» simile, se non a quella dei Colonnelli greci, almeno a quella della Germania di Adenauer, la cui Corte Costituzionale aveva messo al bando il Partito Comunista. La Costituzione del 1948 costituisce un intelligente e pratico compromesso tra democratico-cristiani e comunisti, condito dal consenso e concorso dei «compagni di strada» del Psi e dai laici democratici. Ripeto, una piccola «Yalta italiana», che scongiurò la guerra civile, e anzi rese possibile il consolidarsi della democrazia di tipo occidentale e il lento trasformarsi del Pci, fino a fare dei suoi eredi un partito social-democratico... Dal punto di vista tecnico, invece, considero la Costituzione del 1948 una delle peggiori del dopoguerra. Oggi, da parte del centrosinistra vi è quasi un culto di questa costituzione, una «religione costituzionale», che la concezione «teodemocratica», «neo-giobertiana» e antiliberale del caro Dossetti, ha radicato anche in molti cattolici. Sul piano della formulazione dei principi, largo è il compromesso tra il corporativismo cattolico e le disposizioni e i principi, elevati anche se mai attuati, della formalmente esemplare Costituzione sovietica del 1936... La parte relativa all’ordinamento è un incrocio tra la reazione alla dittatura fascista e al pericolo di altri autoritarismi (Parlamento onnipotente ed esecutivo debole), la nostalgia dei governi del Cln (Presidente del Consiglio configurato non quale capo dell’esecutivo, ma come presidente di un organo collegiale da lui non modificabile), e l’astrattezza di studiosi di scuola cattolica. Dal che sono derivati: Regioni mal delineate; Corte Costituzionale che non poteva che degenerare in organo superlegislativo; obbligatorietà dell’azione penale tramutata in discrezionalità dell’esercizio di essa da parte di singoli magistrati; confusione tra giudici e pm; una forma di autonomia della magistratura, cui si è voluta attribuire una «sovranità» che non può avere come fondamento che il suffragio universale e non il pubblico concorso... In questo quadro, la figura più incerta è quella del Presidente della Repubblica... Al Capo dello Stato la maggior parte dei giuristi ha attribuito il potere generico e astratto di «garante della Costituzione», senza specificare peraltro garante di che cosa, di chi e con quali mezzi! La vicenda immutevole dei poteri del Presidente della Repubblica varia a seconda che il sistema dei partiti politici sia forte, e quindi il sistema politico sia forte anch’esso e quindi stabile, o che deboli siano invece i partiti politici e fragile e instabile il sistema politico. Non è vero che l’interventismo dei Capi dello Stato inizi velleitariamente con le parole, più certo che con gli atti, di Cossiga, non velleitariamente e molto più incisivamente poi con Scalfaro e con Ciampi. Esso comincia con colui che viene invece considerato superficialmente il Presidente «meno interventista»... Fu Einaudi che affermò infatti per primo il suo diritto di apparire, tra l’altro, come l’effettivo titolare del potere di scioglimento delle Camere... Mai io ho sciolto le Camere se non su proposta del governo o della maggioranza, e non l’ha mai fatto nessun Capo dello Stato che io sappia. Forse soltanto Scalfaro nel periodo di massima confusione causata dal tentativo di colpo di Stato giudiziario da parte del pool di Mani pulite, che si trovò nelle mani il potere di fatto di revocare i ministri e di sciogliere i governi, nonché di bloccare leggi e far revocare decreti legge già approvati. A situazioni politiche confuse e fragili quali quelle che dovette affrontare Scalfaro, ha corrisposto il massimo di interventismo e di forza politica del Presidente della Repubblica... Parimenti Ciampi si è trovato di fronte a situazioni confuse e a formule di Governo che egli, per formazione culturale e ideologica, non condivideva: e tutto si può chiedere ad un Capo dello Stato come ad un magistrato, salvo che di essere indipendente dalle sue convinzioni e dalla sua coscienza... Il fatto è che l’esercizio effettivo di poteri di intervento da parte del Capo dello Stato è sempre largamente dipeso dall’atteggiamento dell’opposizione, che ha riconosciuto ed esaltato questi poteri di intervento quando essi servivano a bilanciare, o meglio ancora limitare, i poteri della maggioranza, e che ebbero invece le sinistre ferocemente contrarie quando ritenevano che l’esercizio di questi poteri fosse a loro non favorevole... Se vi sono istituti che bisogna riconfigurare per la certezza degli stessi rapporti politico parlamentari in una riforma costituzionale futura, essi sono quelli del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio... Per quanto mi riguarda, sono ancora in linea e a favore dei risultati della vecchia Bicamerale presieduta da D’Alema. E cioè: Repubblica semi-presidenziale con presidente eletto direttamente dal popolo, sistema elettorale uninominale maggioritario a doppio turno; giudice disciplinare dei magistrati e della legittimità dell’elezione dei parlamentari; una sezione della Corte Costituzionale; nessun federalismo reale; netta distinzione tra carriera dei giudici e carriera dei pubblici ministeri.