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 2010  agosto 25 Mercoledì calendario

FINI E LE MOLOTOV DEI ROSSI

«Il Movimento sociale italiano era la nostra vita, un partito che si manteneva con i sacrifici dei militanti. La sua storia non può finire sporcata dai sospetti di un uso improprio delle donazioni, come la casa di Montecarlo dove vive il cognato di Fini». Sono parole amare quelle di Teodoro Buontempo, «er Pecora» per i nemici, nel 1970 primo segretario del Fronte della Gioventù di Roma, amatissimo nelle borgate. «Per fare il militante dell’Msi, senza una lira, ho dormito quasi tre anni in una Fiat 500», ricorda lui, oggi assessore alla Casa per la Regione Lazio (in quota La Destra, fondata nel 2007 con Storace dopo l’uscita da An). «Eppure verso Fini non provo astio. Lo guardo e mi ricordo di quel ragazzo venuto da Bologna che io lanciai verso la dirigenza del partito».
Come vi siete conosciuti?
«Me lo presentò Anna Orasi, una pasionaria di Monte Verde, zona calda dove ci bruciarono una decina di sedi. Mi disse: “Tienilo con te, al quartiere rischia la vita”. In effetti era un po’ gracilino e identico a come appare oggi: giacca, cravatta e 24 ore. Solo un po’ meno presuntuoso».
Non aveva l’aria del militante missino...
«Gli attivisti diffidavano di lui. Io lo difesi, anche perché sapeva parlare e scrivere bene, tanto che divenne coordinatore della Corporazione studentesca. Sua madre mi implorava: “Lo lasci studiare!”. Ma Fini era uno di noi: andavamo insieme sul greto dell’Aniene a bruciare le lastre radiografiche nei bidoni: se ne ricavava argento che poi vendevamo per pagare l’affitto della sede di via Sommacampagna. E spesso, nel cuore della notte, si correva a Monte Mario, per rispondere alle molotov dei rossi».
Poi che cosa è successo?
«Ha dato troppe prove della sua abilità di cambiare radicalmente idee e posizioni, sostenendole tutte con la stessa freddezza e lucidità. Sempre attaccato alla giacca giusta, da Almirante a Berlusconi. Puro carrierismo».
Un esempio?
«Emblematico il Fini che il 28 ottobre 1992, al Palazzo delle Esposizioni di Roma, parlò davanti al popolo missino del “fascismo seme della storia”. Sul palco, accanto a lui, c’era “Renatone”, il nostro uomo della borgata La Rustica, che indossava una maglietta con la faccia del Duce. Due anni dopo, a Fiuggi, era diventato addirittura “antifascista”. Ma io non sono arrabbiato tanto con lui...».
E con chi è arrabbiato allora?
«Con i “colonnelli” e con chi ha pensato: Fini è un contenitore vuoto, mandiamo avanti lui e dividiamoci il potere».