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 2010  agosto 19 Giovedì calendario

PICCOLO È BELLO ANCHE PER GLI INDIANI

Le case sono state costruite una accanto all’altra e dipinte con colori vivaci.Alle loro spallec’è una collina coperta di alberi e punteggiata di ville. Davanti una piccola insenatura intorno alla quale presto apriranno bar, negozi e ristoranti. Suona familiare? Probabilmente sì, ma qui in riva al Warasgaon,un lago artificiale dell’India centroccidentale, il rimando al borgo marinaro più famoso d’Italia è meno scontato di quanto sembri.
La maggior parte delle famiglie che hanno comprato un appartamento a Lavasa, una città in via di costruzione a tre ore da Mumbai, non sanno che in realtà il posto dove sognano di andare a vivere si chiama Portofino. L’equivoco però è legittimo. Non solo per la somiglianza tra gli edifici costruiti dalla Hindustan Construction Company e quelli della cittadina ligure. Ma anche perché sul materiale promozionale di Lavasa è stata usata proprio un’immagine di Portofino. Avendo cura di eliminare con il fotoritocco il campanile della Chiesa di San Martino che, in uno degli stati più induisti del paese, avrebbe suscitato qualche perplessità.
Dietro a questo progetto che ha già messo sul mercato e venduto 1.400 appartamenti c’è però ben altro della semplice (e un po’ disinvolta) promessa di un buen retiro mediterraneo. Chi ha comprato gli appartamenti di Portofino Street il più delle volte ignora l’origine del nome della via, ma sa benissimo cosa vuole: lasciarsi alle spalle ciò che rende invivibili le grandi città indiane, senza rinunciare a buone scuole, ospedali seri e opportunità di lavoro.
«Il nostro - spiega Anuradha Paraskar, senior vice president di Lavasa Corporation - è il primo progetto mai tentato in India di sviluppare un nuovo centro urbano con un’economia che funziona 365 giorni all’anno e che è in grado di offrire una qualità della vita superiore a quella delle altre città indiane ». Quando il progetto sarà concluso, nel 2021, a Lavasa potranno vivere circa 300mila persone sparse su oltre 32mila ettari di terreno collinare dove per legge non si potrà costruire su oltre il 30% della superficie disponibile.
Per quella data la città dovrà essere autosufficiente, ospitando un numero tale di "industrie non-inquinanti" da attrarre il nuovo ceto medio indiano. I settori a cui puntano i promotori di Lavasa sono la ricerca, la formazione, le biotecnologie, la moda, il cinema,il turismo e l’It. A renderli fiduciosi sulle possibilità di portare tra queste colline un numero sufficiente d’imprese ci sono due fattori: la vicinanza dei talent pool di Mumbai e Pune, nelle cui aree metropolitane vivono circa 30 milioni di persone; e la presenza di quelle reti infrastrutturali che nei grandi centri urbani non riescono a crescere alla velocità richiesta dal boom demografico ed economico.
«Io mi considero una hardcore mumbaite- spiega Paraskarma l’amore per la mia città non mi impedisce di vedere quanto siano macroscopici i suoi difetti: il traffico, l’inquinamento e il fatto che per poter comprare una casa a prezzi accettabili si debba vivere a due ore di macchina dal centro ». Con 24 milioni di residenti nella propria area urbana, una distribuzione di acqua e corrente elettrica a dir poco irregolare e uno dei mercati immobiliari più proibitivi del pianeta, Mumbai incarna meglio di qualunque altro posto in Asia la fatica di vivere in una metropoli di un paese in via di sviluppo.
Ma non è un’eccezione. Secondo una ricerca pubblicata lo scorso aprile dal McKinsey Glo-bal Institute, da qui al 2030 la popolazione urbana dell’India passerà da 340 a 590 milioni di persone; il numero di città con più di un milione di abitanti salirà da 42 a 68 e il 70% dei nuovi postidi lavoro verranno creati lontano dalle campagne e dai piccoli centri dove oggi vivono i due terzi della popolazione. Lo tsunami migratorio che si abbatterà sui centri urbani sarà più impetuoso nelle grandi metropoli, sei delle quali tra 20 anni avranno da 33 a 10 milioni di abitanti.
Secondo gli autori della ricerca la velocità a cui sta avvenendo l’urbanizzazione dell’India sta ponendo «sfide politiche e manageriali senza precedenti». E il prezzo di non saper gestire questo processo si annuncia «enorme», con ricadute anche su quel Pil che il governo vorrebbe portare alla fatidica soglia del 10% annuo. Non stupisce quindi che l’autostrada da Mumbai a Pune sia disseminata di cartelloni pubblicitari di complessi residenziali, township o, come nel caso di Lavasa, città. Vie di fuga che promettono una vita in cui tutto è a portata di mano - cinema, negozi,ristoranti-e in cui si possa condurre un’esistenza al riparo dalla sporcizia, l’inefficienza e la miseria circostanti.
Uno degli esempi più vistosi è Aamby Valley City e sorge anch’essa non lontano da Mumbai sulle rive di un altro lago artificiale. In questo caso si tratta di una gated community per super ricchi a cui viene offerta la possibilità di volare da e per la capitale finanziaria indiana a bordo di un jet privato. Con il suo campo da golf, gli acquascooter e la finta parete di roccia, Aamby Valley City somiglia, più che a una città, a un parco divertimenti per adulti irretiti dall’idea di passare i week-end in una villa con una vasca idromassaggio su ogni balcone. Anche qui, come a Lavasa, gli architetti non hanno saputo resistere al fascino dell’esotico: solo che al posto del porticciolo mediterraneo ci sono degli esclusivi "Chalet birmani", qualunque cosa essi siano.
Nonostante qualche aberrazione stilistica, il fenomeno dei nuovi centri urbani sembra destinato a prendere piede. Secondo McKinsey nei prossimi 20 anni saranno necessarie una o due nuove città satellite sul modello di Lavasa per ognuna delle aree metropolitane del paese. Tra quelli che si dicono pronti a dire addio ai grandi centri c’è anche Deepak Manwani, un agente di viaggio di New Delhi che ha deciso di investire 43mila euro in un piccolo appartamento di Portofino Street. «Delhi- spiega- è troppo affollata e con due figli di 10 e 13 anni ho pensato che a Lavasa avranno più chance di entrare in un buon college. I primi a trasferirsi saranno loro, poi, quando sarò in pensione, io e mia moglie prenderemo il loro posto. Non rimpiangeremo Delhi. Quanto sarà più semplice vivere in una cittadina gestita da un manager anziché in una metropoli in mano a dei burocrati corrotti?».