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 2010  agosto 18 Mercoledì calendario

COSTITUZIONE? DIAMO I NUMERI

Proviamo a dare i numeri, tanto di questi tempi non siamo i primi a farlo. A osservare infatti la canea che si è innescata attorno alla (futura?) crisi del governo Berlusconi, a leggere l’intervista di Bianconi e dei molti che l’hanno preceduto, a misurare gli altolà, le chiamate alle armi, gli strepiti sulla sovranità violata, la sola certezza è che la politica stia proprio dando i numeri. E allora prendiamola sul serio, vediamo di che numeri si tratta. Mettiamo a confronto i numeri della Costituzione scritta con quella immaginata.
Curioso: la chiamano Costituzione "materiale",ma quest’appellativo s’addice casomai alla prima, l’unica che i nostri padri fondatori posero nero su bianco in un testo stampato e promulgato, l’unica con un corpo fisico che ne sostiene il peso. L’altra è piuttosto un’idea, una visione, uno svolazzo del pensiero. Eppure secondo i suoi seguaci questa Costituzione materiale - o meglio immateriale - pone precise direttive al capo dello Stato, anzi allo Stato nel suo insieme. Quali? A occhio e croce c’è da giocare una cinquina, sulla ruota della Costituzione scritta e sulla ruota di quella non scritta.
1 come l’articolo che apre la Carta del 1947. Ospita due commi, benché secondo Rosy Bindi (intervista alle Iene, gennaio 2010) l’ultimo comma non esista.
Invece esiste eccome, tanto che il Pd- di cui la signora in questione è presidente - ne ha fatto una trincea contro la deriva plebiscitaria incarnata da Silvio Berlusconi. Per quale ragione? Perché vi si trova scritto che la sovranità appartiene al popolo, il quale tuttavia la esercita «nelle forme e nei limiti» della Costituzione. Risuona in questa affermazione tutta l’esperienza dello stato di diritto, risuona una lezione ancora più remota, che l’umanità apprese fin dal tempo del processo a Gesù, quando la folla decise di mandarlo a morte per salvare Barabba. Da qui per l’appunto il limite al potere della piazza, da qui un sistema di garanzie e di contrappesi. E la Costituzione materiale? Quella è più sbrigativa: «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita delegandola interamente al capo».
67 ogni parlamentare «esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Significa che può cambiare idea strada facendo, stipulare nuove alleanze, sostenere altri governi. D’altronde l’orologio della storia non si ferma al giorno delle elezioni, se s’apre una stagione inedita dev’essere inedita pure la reazione. E in secondo luogo i parlamentari non sono soldatini, né il Parlamento è una caserma. O almeno non è così negli ordinamenti liberali, a differenza di quelli plasmati da Robespierre e da Lenin. Lì ogni eletto era soltanto un mandatario dei propri elettori, come vorrebbe per l’appunto la nostra nuova Costituzione materiale. Ma tant’è, ogni opinione è lecita, anche quella che condanna all’infamia i ribaltoni. Purché si smetta d’accusare la Carta del 1947 d’essere una Costituzione "comunista", quando gli accusatori vorrebbero imitare pari pari una norma ospitata nella Costituzione sovietica del 1918.
94
«Il governo deve avere la fiducia delle due Camere ».È l’architrave sul quale si regge la nostra democrazia parlamentare, che individua per l’appunto in Camera e Senato l’officina dei governi. Poi, certo, nel frattempo abbiamo messo in circolo una legge elettorale che trasforma gli eletti in nominati, che sacrifica l’indipendenza all’obbedienza.E allora si fa presto a disvelare la norma corrispondente della Costituzione materiale: «Il Parlamento deve avere la fiducia del governo». Altrimenti fa le valigie e torna a casa.
92 «Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei ministri ». Che lo nomini significa che lo mette in sella, ma poi sta a lui far correre il cavallo. Per riuscirci deve ottenere l’appoggio delle Camere, e mantenerlo, come vuole l’articolo 94 poc’anzi ricordato. Ecco perché il capo dello Stato ha un ruolo maieutico, insomma è un po’ una levatrice, nel senso che la sua scelta non può mai surrogare una maggioranza parlamentare che non c’è. Ed ecco perché tutti i governi sono politici e non tecnici, come ha osservato nei giorni scorsi Napolitano: li sostiene il Parlamento, mica la Banca d’Italia. Questo, almeno, nella Costituzione scritta. E in quella materiale? Più o meno recita così: «Il presidente del Consiglio nomina il presidente del Consiglio».
90,
la paura. È la norma sull’impeachment del capo dello Stato, anch’essa appena evocata dal nostro presidente. Fin qui non ha mai ricevuto applicazione, ma non è detta l’ultima parola. Nel caso, come regolarsi? In base alla Carta scritta, il Parlamento può esprimere l’accusa per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. E in base alla Carta non scritta? Ovvio: verrà in campo l’attentato alla Costituzione materiale. Ma è un reato impossibile, sarebbe come processare qualcuno per l’omicidio d’un fantasma. Almeno in questo caso Napolitano può dormire fra due guanciali.