Americo Bonanni, varie, 19 agosto 2010
GLI AEREI DEL FUTURO, PER VOCE ARANCIO
Se il primo volo dei fratelli Wright ebbe come colonna sonora i borbottii incerti di un piccolo motore a scoppio, chi assisteva al decollo del Solar Impulse, qualche settimana fa, ha potuto ascoltare a malapena un ronzio. Quello prodotto da quattro motori elettrici che hanno stabilito una nuova tappa non solo nella tecnologia aeronautica, ma soprattutto nelle capacità future delle energie pulite.
Impulse, il primo aereo ad energia solare capace di portare un equipaggio a bordo e di volare anche di notte. Nasce dall’idea di un personaggio cocciuto: Bernard Piccard, che nel 1999 aveva stabilito un altro primato compiendo il giro del mondo a bordo di un pallone aerostatico. Come avvenne allora, anche stavolta Piccard ha fatto da centro di aggregazione per i finanziamenti di imprese private e strutture pubbliche, tra le quali l’Agenzia spaziale europea, e per una serie di progettisti e ricercatori entusiasti della nuova sfida. Tutti raggruppati attorno all’Ecole Polytecnique di Losanna.
Gli aerei sono particolarmente adatti all’impiego di energia ricavata dal sole. Le loro grandi ali possono infatti ospitare un gran numero di celle fotovoltaiche, capaci di produrre energia sufficiente per alimentare i motori. Prototipi in questo campo sono stati testati in quasi tutto il mondo. La Nasa ne aveva uno che volò diverse volte, fino alla sua distruzione in un incidente nel 2003. L’Inghilterra ha il suo Zephyr, che ha appena volato a 20.000 metri di quota. Molti di questi aerei sperimentali hanno già sfidato anche la notte. Ma sono sempre stati veicoli piccoli, senza uomini a bordo, pesanti da 50 a poche centinaia di chili. Lo scopo dichiarato è di creare aerei radiocomandati capaci di restare in volo per settimane senza mai scendere a terra. Una manna per gli eserciti, che si troverebbero strumenti di ricognizione sempre disponibili sul campo di battaglia. Ma anche per meteorologi, geologi e in generale per tutti quelli che hanno bisogno di osservazioni dall’alto, magari risparmiando sui costi dei satelliti.
Andrè Borschberg, pilotando l’aereo voluto dal suo socio Piccard ha invece aperto il nuovo capitolo: il volo solare continuo con equipaggio. 12.000 celle solari distribuite su ali larghe 64 metri, quanto quelle di un aereo di linea come il Boeing 777 o l’Airbus 340, hanno fornito energia a quattro motori ad elica che hanno permesso al Solar Impulse di decollare, praticamente al rallentatore: 35 Km orari di velocità. Sufficiente perché la grande superficie alare riuscisse a sollevare il peso di 1.600 chili del veicolo. Poi la salita fino a 8.500 metri, quasi quella raggiunta normalmente da un aereo di linea. Da fare con addosso la maschera ad ossigeno: la cabina di pilotaggio non era pressurizzata: ci sarebbe voluta troppa energia e troppe apparecchiature pesanti. Sotto il sole pomeridiano della Svizzera, le cose sono andate lisce. Ma era al tramonto che ci si attendeva la vera sfida: le unità solari sarebbero state capaci di immagazzinare abbastanza energia da caricare le batterie al litio montate vicino ai motori?
Borschberg ha continuato a volare nella notte. Al posto del classico indicatore del livello di carburante aveva voltmetri e amperometri per valutare lo stato delle batterie. Alle 9 del mattino dopo ha potuto infine atterrare senza problemi. Una prova generale per la prossima impresa: la trasvolata dell’Atlantico nel 2011 o 2012 e poi, tanto per rimanere su un tema caro a Piccard, il giro del mondo del Solar Impulse.
Faremo prima o poi il check-in aeroporto per imbarcarci su un aereo solare? Non nei prossimi decenni, su questo gli esperti sono concordi. E’ vero che Solar Impulse ha messo assieme un concentrato di tecnologie innovative: materiali leggerissimi, controllo costante del computer, celle solari e batterie efficienti e capaci di resistere alle asprezze del volo (in questi ultimi due casi, tra l’altro, c’è stato l’importante contributo italiano dell’azienda Solvay Solexis di Bollate). Ma portare in volo 100 passeggeri con relativi bagagli e portarli da un capo all’altro del mondo è tutt’altra cosa. E lo riconoscono gli stessi progettisti.
Aspettando un futuro (piuttosto remoto) in cui il trasporto aereo potrà basarsi sul sole, le tecnologie testate dal Solar Impulse hanno comunque una grande ricaduta economica. In aeronautica per applicazioni particolari, ma più in generale nel campo delle energie rinnovabili. «Volare di notte usando solo l’energia solare è una impressionante manifestazione del potenziale che le tecnologie pulite offrono oggi per ridurre la dipendenza della nostra società dai carburanti fossili» (Bernard Piccard).
Se di carburante non si potrà fare a meno ancora per un bel po’, le compagnie aeree stanno sicuramente cercando di consumarne il meno possibile. O al massimo di farlo pagare a parte. Per il secondo aspetto non mancano le polemiche. La “soprattassa carburante” presente nei biglietti di diversi vettori ha infatti scatenato da tempo ostilità su due fronti. Prima di tutto dei passeggeri, che si sentono ingannati da un prezzo pubblicizzato al quale bisogna però aggiungere il maggiore costo del cherosene. E anche dei governi, visto che il sovrapprezzo carburante in molti Paesi non è soggetto a tassazione. Negli Stati Uniti il Congresso stesso sta per occuparsi del problema.
Il 7 aprile scorso Air France ha annunciato con enfasi il «primo volo verde transatlantico». Il giorno prima, un Boeing 747-ER della compagnia di bandiera francese era riuscito a risparmiare, nel volo Parigi-Miami, 3 tonnellate di carburante e 9 tonnellate di CO2, pari al 5% in meno rispetto a un normale volo di linea. E il tempo di percorrenza è rimasto lo stesso: 9 ore e 30 minuti. La soluzione, che interesserà presto i cieli europei e americani, prevede il passaggio dall’attuale sistema di guida, basato su corsie rigide, con salite e discese a “scalini”, a uno che punta alla gestione morbida del volo, alla progressione delle variazioni di quota con atterraggi preceduti da ratei di discesa soft e velocità ridotte. Per questo progetto, l’Unione Europea ha messo sul piatto oltre 2 miliardi di euro.
Massimo Garbini, direttore generale di Enav, l’ente italiano per l’assistenza al volo: «I cieli da qui al 2030 vedranno triplicare il traffico aereo rispetto a oggi. Questo programma nel nostro Paese è operativo da due anni e ci permette di ridurre emissioni e consumi: ad esempio sulla tratta Roma-Milano 27 chili di carburante e 70 chili di CO2 in meno per ogni volo. La sua applicazione servirà a ridurre l’intasamento dei corridoi, limitando i ritardi, incrementando del 10% la sicurezza riducendo del 50% i costi di gestione».
Su un altro versante, i produttori di motori per aerei stanno mettendo sul mercato propulsori di nuova concezione, capaci di tagliare drasticamente i consumi. Saranno le quotazioni del petrolio dei prossimi mesi a decidere se le compagnie aeree investiranno molti soldi per sostituire subito i motori dei loro aerei attuali oppure se aspetteranno l’arrivo di velivoli completamente nuovi, tra non meno di 15 anni probabilmente.
Un team del Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Cambridge ha elaborato l’identikit dei nuovi jet verdi sui quali voleremo. I disegni realizzati promettono il taglio del 70 per cento dei consumi e una riduzione del 75 per cento delle emissioni di gas inquinanti (condizione da soddisfare stabilita dalla Nasa, che ha finanziato la prima fase della ricerca con 2,1 milioni di dollari). Due i nuovi aerei progettati: uno, “serie D”, a medio raggio, da 180 passeggeri; l’altro, “serie H”, pensato per le lunghe rotte e per trasportare fino a 350 passeggeri. Modelli superleggeri, con inedite soluzioni aerodinamiche, ali sottilissime, motori nascosti nella parte posteriore per ridurre la restistenza all’aria. Invece del cherosene, bruceranno biocombustibili.
I biocarburanti sono già in corso di sperimentazione nelle forze armate americane. Mostrato di recente il Green Hornet, una variante del classico caccia F/A18 della Marina alimentato però da un miscuglio di carburante tradizionale e di biocarburante. E l’aereo da trasporto C17 proverà nei prossimi mesi a usare carburante prodotto con grasso animale.
Ma si grattano anche le briciole. Da un paio di anni American Airlines e Southwest Airlines tengono impegnati i tecnici di notte per lavare con cura i motori degli aerei. Rimuovendo anche la più piccola particella di sporco si oppone meno resistenza all’aria, e quindi si risparmia cherosene. Poca roba? Non è detto. Gli aerei tirati a lucido portano risparmi, per una grande compagnia, attorno a una decina di milioni di dollari l’anno. Ancora più insignificante può sembrare la mossa di togliere tutti i manuali tecnici presenti in cabina di pilotaggio. Cinque o sei libroni che gradualmente stanno scomparendo per andare nel computer di bordo. Anche quelli pesano, e fanno sprecare cherosene.
Sedili più leggeri, come pure i carrelli delle bibite e del cibo. Addirittura meno acqua a bordo per i lavandini e lo scarico del bagno. In attesa di nuovi motori o di vere rivoluzioni, le compagnie vogliono aerei sempre più leggeri.
Il caso della All Nippon Airways, che per quattro settimane lo scorso anno sperimentò un’azione imbarazzante da parte delle hostess di terra: chiedere ai passeggeri di andare in bagno (ma quello dell’aeroporto) prima di imbarcarsi. Meno urina uguale meno peso, e meno carburante sprecato. Secondo un calcolo fatto dai giapponesi, se tutti i passeggeri salissero a bordo dopo una visita al bagno, la flotta aerea di una grande compagnia produrrebbe 5 tonnellate di anidride carbonica in meno al mese.