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 2010  agosto 19 Giovedì calendario

TUTTO SULLE FERIE, PER VOCE ARANCIO


«Un messaggio ai tifosi dell’Inter? Andate in vacanza…» (l’attaccante Mario Balotelli, domenica scorsa, prima di salire sull’aereo che lo avrebbe portato in America per il tour estivo della squadra milanese).

In vacanza molti italiani quest’anno non ci andranno. Un’indagine di Federalberghi ha calcolato che il 46,3% delle famiglie quest’estate non si sposterà di casa: nel 55% per motivi economici, il 18% delle volte invece per motivi di lavoro. Cifre diverse però arrivano dall’indagine di Barometro Ipsos-Europ Assitance: andrà in vacanza il 64% degli europei e il 71% degli italiani (anche se era il 76% nel 2009). Comunque sia, anche chi non andrà in vacanza le ferie dovrà farle.

Per la legge italiana le ferie sono un diritto “irrinunciabile”. Lo sancisce l’articolo 36 della Costituzione, al terzo comma: “Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”. La legislazione nazionale sul riposo dal lavoro si integra con l’articolo 2109 del Codice civile, che prevede che il lavoratore abbia diritto a un periodo di ferie annuali retribuite, e con il Dlgs 66/2003, che chiarisce la non “monetizzabilità” delle ferie.

Il diritto alle ferie si concretizza in quattro settimane di riposo all’anno che spettano a qualsiasi lavoratore. Questa delle quattro settimane, prevista dal Dlgs 66 del 2003, è una quantità di vacanze non derogabile dai contratti collettivi nazionali, che ovviamente possono però prevedere una quantità di ferie anche superiore. È invece derogabile la fruzione delle vacanze. Significa che di quelle quattro settimane solo due vanno sfruttate obbligatoriamente durante l’anno in cui sono state maturate. Le altre due possono essere accumulate ed essere sfruttate entro i 18 mesi successivi dalla scadenza dell’anno di maturazione.

Anche il limite dei 18 mesi è derogabile con un accordo tra l’azienda e il lavoratore, ha sancito una sentenza della Cassazione. Ma non oltre un limite in cui la natura delle ferie risulti “snaturata”.

La Fondazione europea per il miglioramenti delle condizioni di vita e del lavoro (Eurofound) ha calcolato i giorni di ferie che spettano in media a ogni lavoratore nei paesi dell’Unione europea. In testa gli svedesi (33 giorni contrattuali di riposo annui), i danesi (30), i tedeschi (30) e gli italiani (28). In coda la Romania (21), l’Estonia e Cipro (20).

Sempre Eurofound ha calcolato che i romeni sono quelli che lavorano di più: 1856 ore all’anno. Poco meno si lavora negli altri paesi dell’Est. Sotto quota 1700 troviamo portoghesi e britannici. Italiani e tedeschi restano molto vicini: in Italia si lavora 1679 ore all’anno, in Germania 1650.

Risulta anche che gli italiani sono i lavoratori europei che sfruttano meno i giorni di ferie a disposizione. Secondo una ricerca commissionata dal sito di viaggi Expedia a Harris Interactive, quest’anno il numero di giorni di ferie degli italiani in media è aumentato arrivando a 32,5. Ma, in media, gli italiani sfruttano solo 26 giorni, avanzandone 6. Nessuno in Europa rinuncia a tanti giorni di vacanze: i francesi hanno diritto a 37,5 giorni e ne usano 34,5; i tedeschi su 34 giorni ne usano 32. Nel mondo ci superano invece i giapponesi, che in media rinunciano al 45% dei giorni di vacanza che gli spettano.

Diceva Montesquieu che i viaggi a scopo di diletto sono una gran cosa: perché ci si libera del cerchio dei pregiudizi senza esser disposti a farsi carico dei nuovi in cui ci s’imbatte.

Il primo atto ufficiale che sanciva il diritto del lavoratore alle ferie pagate è il Bank Holiday Act, introdotto in Inghilterra alla fine dell’Ottocento da Sir John Lubbock, banchiere e parlamentare inglese che, per consentire ai suoi colleghi bancari di giocare a cricket con lui impose l’obbligo, per le banche, di concedere ai dipendenti in Galles, Scozia e Inghilterra quattro giorni di vacanze pagate ogni anno.

L’Italia è stato uno dei primi paesi del mondo a introdurre le ferie pagate per tutti i lavoratori. Una misura di questo tipo era in una proposta di legge francese del 1925, che a Parigi approvarono però solo nel 1936. Il Regime fascista italiano fu più rapido: le ferie pagate per tutti sono state introdotte con la Carta del Lavoro, proposta da Giuseppe Bottai e approvata dal Gran Consiglio fascista il 21 aprile 1927. L’articolo 16 prevedeva il diritto, “dopo un anno di ininterrotto servizio” a un periodo di riposo feriale retribuito.

Le ferie, per la legislazione italiana attuale, servono a ripristinare le energie del lavoratore e a migliorarne la vita ricreativa, culturale e di relazione. E proprio per questo sono irrinunciabili.

«Ogni uomo che ne ha la possibilità dovrebbe costringersi a un mese intero di vacanza ogni anno, che ne abbia voglia o no» (il filosofo americano William James, tra i padri del pragmatismo).

Nei contratti a tempo determinato si ha diritto a un numero di giorni proporzionali al periodo in cui si è effettivamente lavorato. Di solito, comunque, ogni mese di servizio dà diritto a un dodicesimo del periodo annuale di ferie spettanti, e la frazione di mese di almeno 15 giorni vale come il mese intero.

Si chiama “monetizzazione” l’accordo individuale con cui il lavoratore rinuncia alle sue ferie in cambio del pagamento del riposo non fatto. Questo procedimento, regolato dal Dlgs 66/2003, è possibile solo in alcuni casi. Sono “monetizzabili” solo i giorni di ferie che eccedono le quattro settimane previste dalla legge. Sono pagate anche le ferie eventualmente non godute nel momento in cui il dipendente venga licenziato o dia le dimissioni. O si veda scadere un contratto a termine senza avere ancora goduto delle vacanze.

L’indennità per un giorno di ferie non godute è pari alla retribuzione giornaliera, e su questa cifra, come sul normale stipendio, si pagano i contributi previdenziali e le altre tasse: in pratica il lavoratore che si fa pagare le ferie non godute non ci perde né guadagna. Rischia, però, di passare a un’aliquota Irpef superiore a causa dell’aumento del reddito provocato dal monte ferie arretrate pagato in un’unica soluzione.

Le cose cambiano per i dirigenti che rispondono del proprio operato solo al Consiglio di amministrazione. Il dirigente che, stabilito autonomamente il proprio periodo di ferie, poi non ne fruisce, non ha diritto a nessuna indennità, a meno che il mancato godimento non derivi da eccezionali e obiettive esigenze aziendali.

Se il lavoratore trasforma in denaro le ferie che non è riuscito a prendere (sempre quelle oltre le quattro settimane), l’azienda può detrarre le somme dai redditi dell’impresa.

Si possono maturare ferie anche mentre non si lavora. Precisamente: si maturano ferie in caso di astensione obbligatoria (non in quella facoltativa) nel congedo di paternità o maternità; durante il congedo matrimoniale, durante i periodi di malattia, di infortuinio, durante le stesse ferie, mentre si è stati messi in cassa integrazione a orario ridotto, mentre si lavora nei seggi elettorali, durante i richiami alle armi. Niente ferie invece per chi è in aspettativa, per chi sciopera o per chi è in cassa integrazione a zero ore. E nemmeno per chi sta a casa a causa della malattia del figlio.

È anche possibile fruire in anticipo di ferie non ancora maturate. In tal caso o si scalano queste ferie da quelle fruibili l’anno dopo o, se il contratto finisce, il loro ammontare viene trattenuto in busta paga.

“Io sono per le partenze intelligenti: quest’anno son partito a maggio ma le ferie le avevo ad agosto”. (I Fichi d’India).

Sul periodo in cui andare in vacanza la legge è molto elastica. La scelta del periodo di ferie è parte integrante della discrezionalità e dei poteri organizzativi del datore di lavoro. In pratica quelle attività che decidono di chiudere per il mese di agosto, o in altri periodi, hanno diritto di farlo. Però il piano ferie dell’impresa deve tenere conto di eventuali accordi raggiunti a livello di contrattazione sindacale nazionale o aziendale.

L’azienda deve tenere conto anche delle esigenze dei lavoratori, oltre che dei suoi bisogni produttivi. In nessun caso le ferie possono allora essere decise in modo arbitraria. Quindi l’impresa non può imporre le vacanze in maniera del tutto unilaterale ma nemmeno il lavoratore può assentarsi arbitrariamente dal lavoro perché ha deciso che quel giorno rimarrà in ferie. Il piano ferie serve anche a evitare situazioni del genere: di solito i periodi di riposo, raggiunti di comune accordo tra lavoratore e azienda, vengono comunicati entro il 31 maggio di ogni anno.

In molti casi, con la crisi, le ferie sono state utilizzate come ammortizzatore sociale. Aziende che si trovavano a combattere con un crollo della domanda, e quindi con la necessità di ridurre drasticamente i livelli produttivi, hanno spesso approfittato del monte ferie accumulato dai loro dipendenti per farli riposare nei momenti di maggiore inattività.

La regola che dovrebbe sempre prevalere per la scelta del periodo di ferie potrebbe riassumersi in due semplici atti: il lavoratore, con un congruo anticipo e secondo i suoi bisogni, comunica al datore di lavoro il periodo durante il quale vorrebbe assentarsi per ferie, il datore valuta la richiesta, ne tiene conto ponderando le scelte, e decide.

L’orientamento consolidato della Cassazione prevede che il potere di determinare il periodo di fruizione delle ferie spetta al datore di lavoro e non al lavoratore, questo in virtù del potere organizzativo e direttivo che gli è attribuito. Pertanto, la decisione arbitraria del lavoratore di assentarsi potrà sfociare in un provvedimento disciplinare (licenziamento compreso).

Può succedere che il lavoratore che va in ferie si prenda una malattia. Questo è uno dei casi legalmente più controversi. Se il dipendente entra in malattia prima di andare in ferie le vacanze slittano fino al termine della sua assenza forzata, sempre però compatibilmente con le esigenze dell’azienda. Se invece il lavoratore è già in vacanza e si ammala ne deve dare comunicazione all’azienda così come farebbe nel caso di malattia in periodo lavorativo, e le ferie si considerano interrotte.

Per interrompere o fare slittare le ferie, però, la malattia del lavoratore deve essere tale da impedirne il riposo. Un semplice raffreddore, per semplificare, non basta a trasformare le ferie in periodo di malattia. La sospensione delle ferie può anche verificarsi nel caso si ammali il figlio del lavoratore (se il bambino ha meno di otto anni): in questo caso però le ferie sono interrotte solo se il bambino viene ricoverato in ospedale.

Le aziende che non rispettano la legge sulle ferie vengono punite con multe che vanno dai 130 ai 780 euro per ogni lavoratore che abbia subito una violazione e per ogni periodo di ferie non rispettato.