Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 19/8/2010, pagina 72, 19 agosto 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
1940-1945
La tragedia. Atto I
Vincere! E perderemo. La tragedia comincia con un uomo affacciato al balcone, sospeso su una folla plaudente. Finirà con lo stesso uomo appeso a testa in giù e preso a sputi da tutti. L’uomo al balcone è la caricatura di se stesso: imbolsito, grottesco, l’aria di chi non crede più a quello che dice. Quando, nel settembre del 1938, si è affacciato allo stesso balcone per annunciare gli accordi di Monaco che ritardavano l’inizio delle ostilità, l’ovazione pacifista della piazza lo ha sconvolto. Il suo tentativo di trasformare in vent’anni un popolo che non coltiva virtù militari da venti secoli è miseramente fallito. Ha egualmente firmato il Patto d’Acciaio, pur consapevole che un Hitler vittorioso non tollererà alleati ma solo satelliti, ed è così provinciale e soggiogato dall’energia del nazismo da sottovalutare gli inglesi e soprattutto gli americani. Dopo aver assistito ai blitz della Wermacht sotto l’ombrello di cartone della non belligeranza, il 10 giugno 1940 si decide a pugnalare alle spalle la Francia già uccisa da Hitler. «A settembre tutto sarà finito e io ho bisogno di qualche migliaio di morti da mettere sul tavolo della pace.» Ma la pace non arriva. Arriva invece l’ordine di «spezzare le reni» alla Grecia - il cui dittatore è un potenziale alleato - per pura smania di un successo da contrapporre a quelli tedeschi. L’offensiva scatta a fine ottobre, quando i sentieri dell’Epiro sono trappole di fango. Nell’inverno in cui l’industria laniera lancia la moda dei calzettoni per signora, gli unici a non averli in dotazione sono gli alpini, che moriranno congelati. Ricevono in compenso un impressionante stock di scarponi, tutti sinistri. Il generale Visconti Prasca non chiede rinforzi perché con un corpo di spedizione allargato dovrebbe cedere il comando a un militare più anziano e garantisce che i Greci non hanno alcuna voglia di battersi. Infatti dopo meno di un mese ci hanno già ricacciato in Albania, nonostante l’arrivo di un nuovo comandante, Soddu, rimosso appena si viene a sapere che la sera, invece dei piani di battaglia, compone musica da film.
Hitler, furibondo, è costretto ad accorrere in soccorso. Salta la testa del capo di Stato Maggiore, l’immarcescibile Badoglio «fisicamente distrutto e intellettualmente intorpidito», certifica il Re. Tre anni dopo gli darà in mano il Paese. Prima ci saranno altri sfaceli, che gli episodi di eroismo - immancabili in ogni sciagura italiana - non riescono a scalfire. Chissà se l’uomo al balcone avrà mai riflettuto che «l’Italietta liberale»,da lui tanto disprezzata, fu capace di resistere sul Piave. Mentre la sua, «romanamente forgiata», è così gonfia di retorica da squagliarsi senza dignità. Durante lo sbarco alleato a Pantelleria, che nel giugno 1943 viola il «sacro suolo della Patria», l’unico morto italiano sarà un soldato preso a calci da un mulo.