MARCO NEIROTTI, La Stampa 19/8/2010, pagina 19, 19 agosto 2010
“Io, figlia dell’ultimo re nell’alcova della Bela Rosin” - Ero già stata una volta qui. Cent’anni fa»
“Io, figlia dell’ultimo re nell’alcova della Bela Rosin” - Ero già stata una volta qui. Cent’anni fa». Alla finestra di uno dei piccoli chalet in pietra e legno, Maria Pia di Savoia, primogenita di re Umberto, saluta prendendosi in giro. Siamo nel bel mezzo del Parco delle Alpi Marittime, 28mila ettari di natura incantata che confina con il francese parco del Mercantour. Qui nel 1755 Carlo Emanuele III gettò le basi delle Terme dove ora lei trascorre una vacanza italiana. Nel 1857 Vittorio Emanuele II pose la prima pietra del Grande Hotel Royal, di fronte allo stabilimento, e già che c’era costruì quattro casette gemelle in stile svizzero, una per Rosa Vercellana, analfabeta figlia di una Guardia Imperiale napoleonica, divenuta sua amante, poi sua sposa, poi contessa di Mirafiori e Fontanafredda e madre di due figli. Sono rimaste due di quelle casette e se n’è appassionato, come della natura intorno, uno dei figli di Maria Pia, Serge di Jugoslavia, che l’ha convinta a venir qui con il marito, Michele di Borbone-Parma. «Va beh, non saranno cento anni, credo fosse il 1942», racconta lei in salotto al primo piano, con la colonna sonora del torrente che si attorciglia sotto le finestre. Parla dell’affacciarsi di anziani che salgono da Sant’Anna per salutare: «Non vengono a vedere reali da rotocalco, vengono a salutare una di una famiglia che dicono aver fatto molto per loro». Qui i sovrani salivano a caccia, lasciavano elargizioni, i ragazzi, seppur sorvegliati, giocavano con i coetanei, piccoli amici. Salivano a caccia, ma uno anche a far l’amore, in questa casa, con la popolana guardata un po’ male a corte e adorata dalla gente che vedeva una fiaba farsi incredibilmente realtà (e canzone con la bella Gigogin). «A quanto pare erano innamorati. E poi il re, vedovo, l’ha sposata, in matrimonio morganatico, civilmente e poi anche in chiesa. Che male c’era?». E subito: «Doveva essere bellissima». Il figlio Serge è ancora più comprensivo: «Chissà? Un tifone erotico?». Con Serge, Maria Pia di Savoia e il marito hanno trascorso la mattina in montagna, camminata al rifugio Regina Elena: «Qui è rimasta un’impronta forte della famiglia, dell’affetto che ha lasciato, Bela Rosin a parte. Se il rifugio fosse in Francia si chiamerebbe Elena, qui si chiama ancora Regina Elena». E i discendenti del casato continuano a portar vantaggi? «Certo: si è serviti per primi a colazione e a pranzo». E c’è stato vantaggio per suo nipote Emanuele Filiberto? «Ha dovuto dimostrare se stesso nonostante il cognome e ci è riuscito. E’ moderno, simpatico, ha scelto la via artistica. D’accordo, ci sono arti anche più elevate come il violino, ma fa bene, vive il suo tempo». Il tempo appunto, con una Storia alle spalle: «La Storia è importante, come cultura, conoscenza per progettare futuro, dei miei nipoti soltanto Leopoldo Gaubert, dodici anni, è affascinato dalla Storia e chiede libri. Oggi si preferisce la matematica, la tecnologia. Però guai a vivere nel passato, come qualche mia zia. Fra noi c’è sempre stata gente moderna, come Elisabetta del Belgio, la chiamavano la reine rouge, regina rossa, andava in Russia, nel ’62 in Cina brindò à la santé di Mao». Ora la vacanza - tra pesca, camminate, terme - avrà qualche appuntamento ufficiale, per esempio a Cuneo con le autorità locali: «Ne sono felice. Avremo un compito delicato: provare che siamo intelligenti». Ironia su tutto e qualche malinconia: «La situazione politica è disastrosa ovunque e la gente è più cupa. In Francia si arrabbiano perché dico che i francesi sono italiani di cattivo umore, ma anche qui vedo aria dolente». Questa sera al Grand Hotel Royal Marco Albera, Presidente della Reale Accademia albertina di Belle Arti di Torino, presenterà le 109 tavole commissionate durante la seconda guerra d’indipendenza a Carlo Bossoli, a suo modo fotoreporter dal fronte dell’epoca. Diveranno mostra al Museo del Risorgimento in un progetto ampio che ha appassionato Serge di Jugoslavia. In autunno gli impegni saranno altri. Michele di Borbone-Parma pubblicherà in Francia la sua storia di parà in Indocina. Maria Pia pubblicherà da Mondadori un volume di memorie: «Ricordo mia madre che si mise allo scrittoio e preparò una lettera per il Papa, in brutta copia, e la brutta copia la riempì di quadratini, disegnini, fiorellini e casette. Anni dopo in un cassetto trovò una carta ordinata, pulitissima. Era la copia da spedire. Al Papa erano andate le prove corredate di facezie. Non mi pare proprio che avesse risposto».