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 2010  agosto 19 Giovedì calendario

LULA COME SILVIO: VIETA LA SATIRA

A tre mesi dalle elezioni presidenziali brasiliane che sceglieranno il successore di Inacio Lula da Silva, si infiammano le proteste nel Paese dell’ordem e progresso. Nella giornata di ieri un gruppo di poliziotti, vigili del fuoco e guardie di custodia ha occupato la Camera dei deputati di Brasilia per chiedere un aumento di stipendio, promettendo di rimanerci fino al 3 ottobre, giorno del voto, qualora il governo uscente non prendesse alcun provvedimento in loro favore. «Siamo bene organizzati», ha dichiarato un portavoce alla radio locale Cbn, scatenando le ire del capogruppo dell’alleanza di governo Candido Vaccarezza che ha parlato di manifestazione «antidemocratica». Guarda caso, lo stesso epiteto usato da comici e addetti allo spettacolo dei media brasiliani per definire la cosiddetta legge “antischerzo”, di ispirazione e origine dittatoriale, che vieta ogni tipo di satira su radio e soprattutto tv del paese. Una sorta di par condicio al contrario, che in Italia avrebbe già scatenato le più imponenti manifestazioni antibavaglio e che, allo stesso modo, ha infiammato gli animi degli umoristi e dei conduttori brasiliani. I quali, anche loro, nel weekend, protesteranno ufficialmente contro il governo di Lula.
La legge antisatira in questione, che si attiva automaticamente a tre mesi dal voto, è entrata in vigore nel 1997, anche se è figlia illegittima di una norma risalente al periodo dittatoriale che ha fatto il bello e soprattutto il cattivo tempo dello humour verdeoro dal 1964 al 1985. Uno status quo al quale i brasiliani non sembrano aver fatto l’abitudine, soprattutto da quando la corte federale brasiliana ha annunciato che le misure antisatira sarebbero state rinforzate nel corso dell’anno. Tanto è bastato per far andare su tutte le furie gli oppositori e gli addetti allo spettacolo, mentre l’era Lula vive le sue ultime settimane, prima di passare alla storia.
La legge antisatira vieta praticamente ogni montaggio di immagini o file audio che abbia come principale intento quello di prendersi gioco dei candidati o degli stessi partiti politici. In caso di sgarro, l’emittente fuorilegge è tenuta a pagare una multa fino a 100mila dollari, senza contare i rischi di una potenziale sospensione della licenza di trasmissione. Questo, tuttavia, si applica a radio e televisione, ma non a internet, in quanto il governo non ha potere giurisdizionale sulla Rete. Ma se un’emittente fa satira online può essere comunque portata in giudizio davanti alla Corte elettorale del paese.
È vero che sinora le multe contro radio e televisioni si sono ridotte a sporadici casi. Ma, come ha dichiarato a mezzo stampa Marcelo Tas, conduttore di grido in Brasile di un programma satirico nonché portavoce della protesta, «molti autocensurano il proprio materiale per non infrangere la legge». Il problema, secondo Tas, è che la legge limita la libertà di espressione ed è una vergogna per la più grande nazione del Sudamerica mettere fuorilegge la satira contro i politici, tradizione che risale ai più antichi fasti greci. Dall’altra parte della barricata, invece, i sostenitori della normativa ritengono che sia doverosa, perché «difende l’onorabilità dei candidati», come ha dichiarato Fernando Neves, già presidente della Corte elettorale, al quotidiano brasiliano O Globo.
La questione della legge antisatira è ancora più scottante del previsto, in quanto nelle elezioni brasiliane la televisione e la radio sono mezzi di comunicazione che hanno, a differenza della stampa, una diffusione capillare tra i 136 milioni di abitanti chiamati al voto. Tanto che anche il paese di Lula ha una legge molto simile alla nostra par condicio, ma con alcune differenze. In Brasile infatti, gli spot elettorali dei candidati, di una durata complessiva di 50 minuti, vengono trasmessi due volte al giorno in radio e tv, esclusa la domenica – quando invece i partiti possono parlare ai propri elettori con messaggi della tassativa durata di 30 secondi. I 50 minuti, però, non vengono spartiti equamente tra i candidati, come avviene nel Belpaese, bensì in base ai seggi in parlamento: ad esempio Dilma Rousseff, la candidata erede del non più eleggibile Lula, il cui Partito dei lavoratori ha la maggioranza alla Camera, ha tre minuti giornalieri in più rispetto al candidato del Partito Socialdemocratico José Serra, e così via.
L’ex governatore dello stato di San Paolo, Serra, e la lady di Ferro Rousseff sono i favoriti alle elezioni del dopo Lula (che sceglieranno, tra l’altro, anche 513 deputati del Congresso, due terzi degli 81 senatori, 27 governatori e tutti i deputati delle assemblee provinciali), con la 62enne candidata del Partito dei lavoratori per ora in netto vantaggio nei sondaggi. Secondo l’Istituto Datafolha sarebbe al 41 per cento, con lo sfidante Sierra al 33 e la terza incomoda, la verde Marina Silva, per ora ferma al dieci per cento. Mentre il mito di Lula, che ha apertamente sostenuto la Rousseff, scema piano piano, così come il ricordo dei suoi frequenti errori grammaticali che hanno tormentato i cultori della lingua brasiliana. Proprio ieri lo stato di Rio de Janeiro ha lanciato una hotline speciale per aiutare coloro che hanno seri problemi con la grammatica portoghese. Segno che i tempi stanno cambiando.