Andrea Di Turi, Avvenire 19/8/2010, 19 agosto 2010
[3 pezzi] IL CONSUMO CHE PREMIA LE AZIENDE SOSTENIBILI L a chiave di tutto è la consapevolezza. Quando i consumatori diventano consapevoli di quanto le loro scelte di acquisto possano contribuire a orientare i destini dell’economia globale, per le imprese possono esser dolori
[3 pezzi] IL CONSUMO CHE PREMIA LE AZIENDE SOSTENIBILI L a chiave di tutto è la consapevolezza. Quando i consumatori diventano consapevoli di quanto le loro scelte di acquisto possano contribuire a orientare i destini dell’economia globale, per le imprese possono esser dolori. Specie se la strada scelta dai consumatori è quella del boicottaggio, che colpisce in modo mirato, organizzato, singole aziende o marchi responsabili di comportamenti ritenuti non condivisibili o addirittura poco etici. Da qualche tempo c’è però anche un’altra forma di attivismo, innovativa, fors’anche modaiola, che sta facendo breccia fra i consumatori più attenti al significato sociale e ambientale delle proprie decisioni di consumo. Si chiama carrotmob e indica una mobilitazione di un gruppo più o meno ampio di consumatori, attuata attraverso il passaparola che corre sulla Rete, che decidono di andare tutti, nello stesso giorno, a fare acquisti in uno stesso negozio o centro commerciale. Chiedendo in cambio agli esercenti di destinare poi parte dell’incasso a una qualche iniziativa di carattere sociale, ambientale, insomma sostenibile. Così da cogliere i classici due piccioni con una fava: da una parte il commerciante, che guadagna di più; dall’altra i consumatori, che lo spingono a fare qualcosa di sostenibile e, per questa strada, ’contaminano’ il sistema economico col virus della sostenibilità. Ma c’è di più: man mano che il carrotmob si afferma, gli organizzatori riescono a mettere in concorrenza vari esercenti, negozi, imprese, marchi. Promettendo di organizzare il carrotmob a favore di chi propone l’iniziativa più sostenibile o garantisce di investire in sostenibilità la percentuale di ricavato più alta. Può sembrare un’idea balzana e forse un po’ lo è, ma per chi ha a cuore i destini del pianeta, la sostenibilità del sistema economico e via discorrendo, è geniale. E per certi versi in antitesi al modello del boicottaggio, anche se la filosofia di fondo resta quella ( vedere intervista in pagina): dove il boicottaggio punisce col ’bastone’ del non acquisto, il carrotmob premia con la ’carota’ dell’acquisto in massa; dove il boicottaggio mette paura all’azienda, che teme una caduta di immagine, di profitti e di quote di mercato, il carrotmob la blandisce con la prospettiva dell’extra-profitto. Dov’è nato il carrotmob? A inventarselo sono stati due statunitensi di San Francisco, come nelle migliori storie imprenditoriali legate al web e alla costa californiana. E non due qualsiasi, bensì personaggi con alle spalle una storia di invenzioni e attivismo. Uno è Brent Schulkin, laurea in comunicazione all’Università di Stanford e numerose esperienze da attivista, per l’ambiente, la giustizia sociale, contro la guerra in Iraq. L’altro è Steve Newcomb, che prima di buttarsi sul carrotmob si è tolto lo sfizio di inventare un motore di ricerca per Internet, Powerset, e di venderlo poi alla Microsoft (che l’ha trasformato in Bing, rivale di Google). Insieme hanno dato vita a Virgance, un incubatore d’imprese, per la precisione di start-up , il cui nome deriva dal neologismo con cui il regista George Lucas identificava la ’forza’ che ispirava i personaggi di Guerre Stellari. Carrotmob è uno dei progetti sostenuti da Virgance. Il modello è stato finora provato, e funziona, su scala ridotta e su imprese di dimensioni modeste, generalmente piccoli esercenti, negozi e centri commerciali, e questo è un altro elemento che lo differenzia dal boicottaggio, che solitamente prende di mira le multinazionali. Ma nulla vieta che possa puntare alle grandi aziende, anzi i due fondatori pare stiano lavorando proprio a questo, per rendere l’idea esportabile in tutto il mondo, come in parte sta già accadendo ( vedere box in pagina), e applicabile a tutte le situazioni. Potrebbe non essere lontano, inoltre, il momento in cui Brent e Steve riusciranno a fare del carrotmob un modello di business che coniuga profitto e responsabilità sociale e ambientale, creando un giro d’affari che ruota proprio sul potere dei consumatori e sulla loro volontà di usarlo per cambiare il mondo, quanto meno di provare a farlo. Del resto, come diceva Albert Einstein, solo quelli che sono così folli da pensare di cambiare il mondo, lo cambiano davvero. «DUE METODI, UNA FILOSOFIA» Il carrotmob è appena nato, soprattutto grazie a Internet e ai social network. Da decenni sono invece attive un po’ in tutto il mondo campagne di boicottaggio, in genere rivolte alle multinazionali, delle quali viene contestato il modo a volte assai poco socialmente e ambientalmente responsabile di condurre il proprio business. Fra i pionieri in Italia del consumo critico ed equo-solidale e delle campagne di sensibilizzazione e boicottaggio c’è Francuccio Gesualdi, fondatore e anima del Centro nuovo modello di sviluppo (www.cnms.it) e autore su questi argomenti di numerosi manuali, diventati un punto di riferimento. L’ultimo suo lavoro è Consumattori. Per un nuovo stile di vita (ed. La Scuola). Gli inventori del carrotmob hanno uno slogan sul proprio sito: nel boicottaggio perdono tutti, nel carrotmob vincono tutti. Ma è proprio così? Direi di no. Si tratta solo di un altro modo di esprimere il potere dei consumatori. Lo abbiamo sempre detto che il consumo critico può sia premiare, sia punire. L’importante è dare ai consumatori le informazioni necessarie per scegliere, semmai la distinzione può essere tra un’azione individuale e un’azione organizzata. La contrapposizione al più è teorica, ma direi sterile: se voglio indurre un comportamento in un’azienda, infatti, o le faccio intravedere una possibile punizione, o la premio, di fatto però boicottando le altre. Sono due facce della stessa medaglia. Si può preferire l’uno o l’altro strumento a seconda del contesto, più o meno company friendly , in cui ci si muove. Il carrotmob si è sviluppato grazie a Internet e ai social network, di cui anche il boicottaggio del resto si serve. Quanto contano questi strumenti per l’attivismo dei consumatori? C’è un prima e un dopo- Internet? Indubbiamente sono strumenti validi, che facilitano la comunicazione, sono efficaci e riescono ad aggregare molte persone. Ma più degli strumenti è la sensibilità dei consumatori il fattore determinante: aggregare un alto numero di persone è la condizione principale per essere efficaci. Un ruolo fondamentale, tuttavia, rimane quello dei grandi media, che possono dare visibilità a questi fenomeni, anche se di solito tendono a parlarne solo quando sono di moda, quando rappresentano il nuovo, mentre poi li perdono di vista. Facciamo un esempio: da una parte Bp che provoca il disastro della marea nera; dall’altra una compagnia petrolifera concorrente che, per distinguersi, si impegna a non compiere più trivellazioni marine a tali profondità, o a interrompere programmi già avviati in tal senso, perché i rischi sono troppo elevati. Sarebbe più opportuno per i consumatori punire Bp o premiare la concorrente? C’è una pre-condizione che riguarda un grande punto: quello della trasparenza nelle dichiarazioni delle aziende. E della coerenza tra quanto dichiarano e quanto poi fanno, cioè se mantengono quanto promettono. È una questione di fiducia. Se questa condizione è rispettata, se l’impresa si dimostra seria da questo punto di vista, allora si può credere alle sue dichiarazioni di voler operare scelte etiche. I consumatori, comunque, possono scegliere l’uno o l’altro comportamento per esprimere la loro cittadinanza globale. In casi così gravi come quello di Bp, tuttavia, non sono tanto i consumatori quanto la legislazione a dover intervenire. Andrea Di Turi DA SAN FRANCISCO AL MONDO INTERO GRAZIE ALLA COMUNICAZIONE WEB 2.0 La storia del carrotmob è breve, ha poco più di due anni, ma è già intensa. E soprattutto, grazie alla forza della comunicazione che passa da Internet e dal web 2.0, sembra che questa nuova forma ’positiva’ di attivismo dei consumatori non conosca confini. Il primo carrotmob è stato organizzato a San Francisco alla fine di marzo del 2008, al K&D Market nel Mission district: gli organizzatori (Brent Schulkin) hanno portato centinaia di persone, che hanno fatto addirittura quintuplicare il fatturato del negozio, e il proprietario ha investito in misure di risparmio energetico un quinto di quanto aveva ricavato grazie alle vendite realizzate con il carrotmob. Da lì in poi i carrotmob si sono moltiplicati: a oggi ne sono stati organizzati circa un’ottantina, soprattutto negli Stati Uniti ma non solo. Sul sito carrotmob.org (disponibile in sette diverse lingue oltre all’inglese, con sotto-siti autonomi dedicati a singoli eventi oppure alle città in cui i carrotmob si svolgono, come ad esempio www.carrotmobnyc.com per New York) si può consultare la mappa dei carrotmob già effettuati e il calendario di quelli in programma. In Europa è la Germania il Paese in cui questa nuova forma di attivismo dei consumatori sembra aver attecchito con più fortuna (l’ultimo in ordine di tempo si è svolto in una gelateria di Berlino), poi la Francia, che ha organizzato il primo nel marzo scorso (http://paris.carrotmob.org). In Sudamerica hanno fatto da apripista l’Argentina, con Buenos Aires, e il Brasile, con Campinas. Eventi si sono tenuti anche in Australia, a Bangkok e a Singapore. Decisivo per la diffusione dell’idea e dell’esperienza del carrotmob è il passaparola che corre sui social network, dove sono stati attivati canali su Twitter (www.twitter.com/carrotmob) e su Facebook (http://facebook.com/carrotmob). Sulla mappa manca ancora l’Italia. Per chi fosse interessato, su carrotmob.org (sezione Organize) si può scaricare il manuale ’Come organizzare un carrotmob’. DA SAPERE Carota più raduno Il termine carrotmob deriva dall’unione tra ’carrot’ (carota) e ’flashmob’, neologismo che indica un un raduno organizzato in tempi brevissimi via Internet, cellulari e social network. La parola boicottaggio, invece, fu coniata a fine 1800 quando il capitano Charles Boycott, agente immobiliare di un latifondista inglese, impose ai contadini aumenti esorbitanti per la locazione delle terre. Questi rifiutarono e ruppero ogni rapporto con Boycott, che dovette far ricorso a persone provenienti da lontano, scortandole. Ma i costi dell’operazione si rivelarono insostenibili e Boycott, rimasto isolato, dovette cedere.