Gianni Santucci, Corriere della Sera 19/8/2010, 19 agosto 2010
L’ODIO SUI MURI E SUL WEB TORNA «KOSSIGA» CON LA «K»
Milano — «È morto Francesco Cossiga. Non fiori ma opere di intelligence». Il più seguito, premiato e rilanciato tra i blog di satira politica, spinoza.it, per la sezione che raccoglie gli aforismi sulla morte dell’ex presidente della Repubblica ha scelto questo titolo: «Celere alla celere». Fa da seguito alla pagina dei giorni scorsi («Special K»), che si può ancora leggere e attacca così: «Cossiga ricoverato al Gemelli. La prognosi è segreta». La notizia che in Rete si polverizza in un’infinità di commenti viaggia sostanzialmente su due filoni. Che restituiscono, grosso modo, due immagini in cui la figura del «Cossiga statista» scompare per lasciare spazio all’«Uomo dei mille segreti» o al «Politico della repressione». A creare un collegamento c’è la frase più amara, e la più rilanciata: «È morto Cossiga. Aveva 62 anni più di Giorgiana Masi».
Il campionario è illimitato e va dall’ironia, all’insulto. Dallo sberleffo, alla volgarità. C’è il Cossiga «protagonista nero» della recente storia italiana. «Depositario muto» di qualsiasi retroscena, segreto o verità inconfessabile della Repubblica. Su questo tema, e sulla premessa «È morto Francesco Cossiga...», i blogger di spinoza hanno innestato decine di aforismi. In sequenza: «La salma sarà insabbiata domani»; «Resterà vivo il suo "Non ricordo"»; «In sua memoria verranno osservati quarant’anni di silenzio»; «Le vie che gli saranno dedicate porteranno da tutt’altra parte». E poi, con qualche variazione: «In realtà Cossiga non è morto. Si è infiltrato nell’aldilà»; «Ai funerali saranno presenti numerosi esponenti delle forze dell’ordine. Vestiti da parenti». Le lettere/testamento sono spunto, anche quelle, per descrivere il «Tessitore di trame»: «Ha lasciato lettere alle quattro più alte cariche dello Stato. In ognuna si sparla delle altre tre». Nessuno viene risparmiato: «"È inutile che mi guardiate in quel modo", ha dichiarato Andreotti».
Migliaia di commenti. Tutti anonimi. A cui si aggiunge la voce critica del presidente dei Familiari delle vittime della strage di Bologna del 2 agosto 1980: «Non credo che essere un servitore dello Stato consista nel nascondere la verità — spiega Paolo Bolognesi —. Per questo, per me, Cossiga non fu un servitore dello Stato». È firmato (centro sociale «Kavarna») anche il manifesto comparso ieri su alcuni muri di Cremona. Titolo: «È morto un assassino». Testo: «Politicanti e telegiornali non smentiscono la loro natura classista elogiando un criminale di Stato». E ancora: «Nessuno vuole ricordare le sue vittime: Francesco Lorusso e Giorgiana Masi». Il riferimento è ai due studenti uccisi a Bologna (marzo 1977) e Roma (maggio dello stesso anno) durante le manifestazioni di cui Cossiga, da ministro degli Interni, «aveva ordinato l’azione di repressione». Sui siti antagonisti gli attacchi convergono quasi tutti su questo tema. Con un riferimento al «metodo Cossiga», riproposto nel presente, di usare infiltrati per scatenare il caos e la repressione durante i cortei studenteschi (fu lo stesso ex presidente a suggerirlo nel 2008). Il tutto intervallato da brindisi sparsi e felicitazioni per la morte. Con qualche raccomandazione alla cautela, altrimenti «domani leggeremo i soliti titoli della stampa reazionaria — "No global insultano Cossiga" — e altre amenità varie di quei pennivendoli servi del padrone».