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 2010  agosto 19 Giovedì calendario

Un Big Jim 007, un Big Jim spione, te lo aspetti: con il suo camper zeppo di tecnologia il bambolotto macho non dovrebbe avere grandi difficoltà a intercettare un avversario

Un Big Jim 007, un Big Jim spione, te lo aspetti: con il suo camper zeppo di tecnologia il bambolotto macho non dovrebbe avere grandi difficoltà a intercettare un avversario. Di Barbie non l’avresti detto, in quel tripudio di cuoricini rossi e cuscini rosa chi va a immaginare cimici, documenti riservati che passano di mano e scambi di identità? Eppure, a sentire le storiche rivali della bambola più famosa del mondo - le più rotondette, aggressive e aggiornate Bratz - le cose stanno proprio così. Per la bellezza di quindici anni Barbie avrebbe usato credenziali taroccate e nomi fasulli per imbucarsi tra fiere e showroom organizzati dai produttori di giocattoli rivali. Portandosi a casa un ricco bottino di informazioni privilegiate - semi top secret - sui nuovi prodotti, sui prezzi e sulle strategie di marketing. Da usare, naturalmente, per trionfare nell’eterna disfida con le sue rivali. Non si gioca con i segreti dei giocattoli, valgono miliardi di dollari. Mga Entertainment, la produttrice delle Bratz, accusa Mattel sulla base - dicono i suoi legali - di prove precise. Ha consegnato ai giudici della California un dossier di 53 pagine nel quale spiega come Mattel infilasse i suoi «agenti» a happening privati organizzate dalla stessa Mga e da un altro concorrente, Hasbro e rigorosamente riservati a distributori e dettaglianti. Mattel, scrivono i legali delle Bratz, «ha fatto tutto questo per mantenere un vantaggio competitivo illegale nell’industria dei giocattoli, per promuovere la propria reputazione di società etica e soprattutto, dal punto di vista di Mga, per ingannare un giudice federale ed indurlo a ritenere che Mattel sia brava e Mga cattiva». Ma la guerra delle bambole-spia non è cosa nuova. Nell’agosto del 2008 un giudice - sempre in California - ha condannato Mga e Larian a pagare 100 milioni di dollari a Mattel. Pare che il designer Carter Bryant fosse ancora sotto contratto con Mattel quando ha venduto alla concorrenza i bozzetti che hanno portato alla creazione delle Bratz, lanciate sul mercato nel 2001. Il giudice ordinò anche a Mga di trasferire il portfolio bratz alla società avversaria. Il 22 luglio scorso è arrivata poi la decisione sull’appello di Mga contro la prima sentenza. Tutto annullato: secondo il nuovo giudice sarebbe ingiusto trasferire le Bratz alla Mattel in quanto il loro valore è stato «in maniera determinante» creato dalla Mga. A questo punto servirebbe un tribunale che stabilisca se, secondo il contratto di Carter Bryant, le sue idee erano di proprietà della Mattel o del creativo stesso. Ora l’accusa di spionaggio. Secondo Mga gli amministratori della Mattel sono perfettamente a conoscenza degli stratagemmi usati dai suoi dipendenti spioni, che facevano capo a un ufficio definito proprio «market intelligence». Le spese per i viaggi e l’attrezzatura, per esempio le macchine fotografiche, erano regolarmente riportate in note poi supervisionate da due dirigenti che rispondevano direttamente a Matt Bousquette, ex presidente di Mattel Brands. L’arma principale della Mga è la testimonianza di un ex dipendente della Mattel, Sal Villasenor, il quale avrebbe deciso di lasciare il lavoro di «spia» industriale per problemi di coscienza. I rapporti sarebbero arrivati anche sul tavolo del ceo di Mattel, Bob Eckert, e a numerosi dipendenti. Le Bratz sono insomma agguerritissime. I maligni sottolienano che devono recuperare sulla rivale: grazie al ruolo in Toy Story 3 le vendite delle Barbie si sono impennate. Non è bello essere battute da una rivale nata nel ‘59: ha superato il mezzo secolo.