Natalia Poggi, Il Tempo 19/8/2010, 19 agosto 2010
MATRIMONI DA ROTTAMARE DOPO 15 ANNI
La società fotografata da Ancot è in verità molto più «liquida» per dirla alla maniera del sociologo polacco Zygmunt Bauman. Circa un quarto delle separazioni, infatti, riguarda matrimoni di durata inferiore (o pari) ai sei anni. Un divorzio su cinque interessa unioni celebrate da meno di dieci anni. Un’unione fallita non significa necessariamente la cessazione di tutti i rapporti tra ex. In base all’art. 156 del Codice Civile il coniuge al quale non è addebitata la separazione ha diritto di ricevere dall’altro un assegno di mantenimento mensile o periodico qualora sia sprovvisto di sufficienti redditi propri. Sempre un «gravoso» fardello per chi sborsa, un doveroso risarcimento per chi riceve. Su un numero totale di ventuno milioni di contribuenti quelli che versano assegni di mantenimento all’ex coniuge sono 57.284. La media annuale è 5.920 euro. In ben quattro regioni del Nord la cifra è più alta: al top, in assoluto, il Veneto con 8.460 euro, segue la Lombardia (8.020 euro9, l’Emilia Romagna (6.860 euro), il Piemonte (6.280 euro). Insomma la fatto di assegni di mantenimento i mariti della Padania (si fa per dire) sono i più generosi con le rispettive ex. Ma la cifra media nazionale viene superata anche dai laziali il cui assegno di mantenimento s’attesta sui 6.190 euro. La diversa entità del risarcimento rispecchia la situazione economica generale del Paese: è ovvio quindi che nelle regioni più «grasse», con uno standard di vita più alto maggiore sia la quota da sborsare. In fondo l’entità dell’importo viene stabilita dalla Cassazione. Il giudice tiene conto della situazione economica complessiva dei coniugi (redditi, patrimonio e capacità di lavoro). Poi decide. Alla fine può anche stabilire che ciascuno dei coniugi provveda autonomamente al proprio mantenimento. E allora tutti i vincoli si sciolgono per davvero.