Andrea Scarpa, Vanity Fair n.32 18/8/2010, 18 agosto 2010
I FRATELLI (BURINI) DI SANDOKAN
In Italia e nel mondo, ormai, i dischi si vendono con il contagocce. Negli anni Settanta, però, due fratelli della provincia di Roma, due «burini» di un paesino chiamato Rocca di Papa, riuscirono a vendere in mezzo mondo trenta milioni di copie. Forse i loro veri nomi, Guido e Maurizio De Angelis, li ricordano in pochi, anche perché raggiunsero la fama facendosi chiamare Oliver Onions e componendo le più famose colonne sonore di film e telefilm di quel periodo.
Sono loro successi come Orzowei, Santa Maria, Sandokan, Furia cavallo del West (scritta dai due fratelli, fu interpretata da Mal), Zorro Is Back, Dune Buggy, Flying Trough the Air, Gatto Doraemon, Galaxy Joe, Il corsaro nero, Quoi (cantata nel 1986 da Jane Birkin, testo del marito Serge Gainsbourg)...
Da anni i De Angelis, 66 e 63 anni, si occupano – con un loro gruppo – di produzione cinematografica e televisiva e anche qui, a giudicare dai titoli, non se la cavano male: Elisa di Rivombrosa, Incantesimo, Luisa Sanfelice, Shaka Zulu, Ferrari, Il Papa buono... A scrivere musica è rimasto il più giovane, Maurizio. Li abbiamo incontrati a Roma, nel loro ufficio.
Come avete iniziato?
Guido «Come arrangiatori di Lucio Dalla, Gabriella Ferri, Nicola Di Bari. Poi, grazie a Nino Manfredi, che ci chiese di comporre le musiche del suo film Per grazia ricevuta, iniziammo a lavorare per il cinema. Fu la svolta».
Maurizio «Per lui, poco prima, nel ’71, curammo gli arrangiamenti di Tanto pe’ cantà, che presentò con enorme successo a Sanremo. L’orchestra la diressi io. Bellissima esperienza».
Da ragazzi, a Rocca di Papa, che cosa sognavate?
G. «Volevamo fare musica, il resto è venuto per caso. Ci piacevano il rock, il country, le novità di quegli anni».
M. «Eravamo anche incoscienti: ci ripetevamo che in qualche modo, prima o poi, ce l’avremmo fatta. Per fortuna, mamma e papà – che di sicuro non erano ricchi –ci incoraggiavano».
Perché avete scelto di chiamarvi Oliver Onions?
G. «Perché l’Italia di quegli anni era molto esterofila. Scegliemmo il nome con Susan Duncan Smith, una discografica inglese che lavorava alla Rca di Roma, perché si leggeva come era scritto. Lo prendemmo in prestito da George Oliver Onions, uno scrittore inglese dell’800».
M. «All’inizio i nostri pezzi volevamo farli cantare a qualcun altro, ma non riuscivamo a trovare nessuno. Così ci siamo buttati. Susan, che scriveva i testi, ci aiutava con la pronuncia. Gli inglesi e gli americani capivano subito che non eravamo di madrelingua, ma gli altri abboccavano. Nel ’73 con Flying Through the Air, che faceva parte della colonna sonora di Più forte ragazzi con Terence Hill e Bud Spencer, rimanemmo al primo posto della classifica tedesca per quattro mesi. La Lufthansa lo scelse come inno per la sua campagna pubblicitaria dell’epoca».
E in Italia?
M. «Nel ’74 con Dune Buggy arrivammo al primo posto. La strategia discografica era di non svelare la nostra identità, non subito almeno, così molti pensarono che fossimo americani. Eppure quello era un pezzo che avrebbe potuto cantare Claudio Villa: era italianissimo».
La critica vi massacrava.
M. «Ci accusavano di essere troppo commerciali. In quegli anni c’erano cantautori che facevano rifare le basi di batteria perché temevano che potessero sembrare troppo popolari, “da hit parade”. Capito l’aria che tirava?».
Mai provato droghe, fatto sesso di gruppo, vissuto in una comune?
G. «Nostro padre ci avrebbe ammazzato. Siamo “burini”, gente semplice».
Nel 2007 Guido è stato intercettato mentre parlava con Berlusconi di attrici da raccomandare, strategie di lavoro...
G. «Non voglio entrare nel tritatutto della politica, non mi interessa. So solo che noi non raccomandiamo, stiamo alla larga da queste manovre: da tre-quattro anni lasciamo fare tutto ai registi. Tanto, alla fine, il cast lo decidono solo Rai e Mediaset».
Dopo le intercettazioni che cosa è successo?
G. «Niente. Tanto imbarazzo per niente».
Della legge sulle intercettazioni che cosa pensa?
G. «Sono stato all’estero fino a pochi giorni fa: non conosco questa legge e non ne voglio sapere niente».
Se la chiama Berlusconi risponde o lascia squillare?
G. «Io rispondo sempre».
Le ha mai chiesto una canzone?
G. «Mai. Le fa tutte con Apicella».
Le piacciono?
G. «Due o tre sono carine. Berlusconi sa anche cantare».
Vi ha mai chiesto un inno politico?
«Mai. Ce lo chiesero per i Mondiali di calcio del ’90. Lo scrivemmo, ma poi lo realizzò Giorgio Moroder. Quello stesso anno, però, entrammo anche nella prima selezione per le candidature all’Oscar con la canzone Another Part Of Life Has Gone, composta per il film Dance To Win, a cui partecipammo anche come produttori».
Negli anni ’70 avete pubblicato centinaia di dischi: non avete un po’ esagerato?
M. «Eravamo entusiasti e avevamo una gran voglia di fare. E siccome ci arrivavano offerte da tutte le parti, non ci siamo risparmiati. Per fare un disco al mese lavoravamo giorno e notte. Adottammo altri pseudonimi (Dilly Dilly, M&G Orchestra, Barqueros, Hombres del Mar, ndr) per non inflazionare il mercato. Comunque, rifarei tutto. Mi dispiace solo per la scarsa considerazione della critica. Noi volevamo arrivare ai cuori della gente».
G. «In Italia abbiamo sempre avuto meno successo che nel resto del mondo. Noi e gli Abba, dal ’72 all’80, ci siamo contesi spesso i primi posti delle classifiche, soprattutto nei Paesi del cosiddetto Gas, Germania, Austria e Svizzera, e in Olanda e Danimarca».
Perché nell’80 vi siete fermati?
G. «Quell’anno nacque Nicola, il mio primo figlio. I primi sette mesi della sua vita lo vidi una ventina di volte. L’ultima si mise a piangere. Così andai da Maurizio e gli dissi: “Se questo figlio non mi vede mai, chi diventerò per lui?”. Decidemmo di smettere».
M. «Chiudemmo con i concerti – spesso fatti anche negli stadi – e ci mettemmo a scrivere solo colonne sonore».
Nel ’77 componeste anche Furia cavallo del West: perché l’ha cantata Mal e non voi?
M. «Avevamo in classifica nello stesso periodo Orzowei e Sandokan, due grandissimi successi. E poi doveva cantarla un artista della Ricordi, la casa discografica che avrebbe pubblicato il 45 giri».
G. «A Mal, che va in giro dicendo che quella canzone gli ha rovinato la vita, perché lo ha etichettato per sempre come cantante per bambini, vorrei ricordare che noi eravamo già d’accordo con Drupi. Fu lui, fuori dallo studio, che ci chiese di farla a tutti i costi. Lo accontentammo, perché lo conoscevamo dai tempi del Piper, facendo una figuraccia con Drupi».
In diritti Siae qual è la canzone che vi rende di più?
«Rispetto a qualche anno fa arriva poca roba. Comunque quelle che ci hanno dato di più sono Sandokan e Santa Maria. E poi Verde, un pezzo strumentale suonatissimo: finora ne sono state realizzate cinquantasei versioni».
Vi siete lasciati sfuggire occasioni d’oro?
G. «Forse una. Dopo il successo di Sandokan la Rca ci invitò a New York offrendoci la possibilità di lavorare a tantissimi progetti. Ci chiesero di stabilirci là almeno due anni...».
M. «... Ma ci guardammo in faccia, e decidemmo di rimanere a Rocca di Papa, a casa nostra. Non abbiamo rimpianti, però».
Lo sfizio da togliersi?
G. «Siamo al lavoro con tre progetti internazionali: Maria, tratto dal libro di Alfonso Signorini dedicato alla Callas; Nannarella, su Anna Magnani; e Il mercante di fiori, dal lavoro di Diego Cugia sulla tratta internazionale delle bianche. E poi c’è la serie tv Titanic, basata non tanto sulla tragedia che tutti conosciamo quanto sulla tormentata costruzione della nave, a Belfast, in Irlanda, durata 15 anni e costata 115 morti. Già allora si poteva capire come sarebbe andata a finire. Il progetto è frutto di un’idea del direttore di Rai Fiction, Fabrizio Del Noce, e coinvolge Italia, America, Inghilterra, Irlanda e Francia. Costerà 30 milioni di dollari e sarà la più imponente produzione televisiva mai realizzata in Europa. Ci lavoreranno parecchi italiani, che dovranno recitare in inglese. Adesso è in fase di scrittura della sceneggiatura, ma penso a Gabriella Pession, Kasia Smutniak, Antonia Liskova, Sabrina Impacciatore, Alessandro Gassman, Luca Argentero...».
M. «E poi ci sono la Famiglia Gambardella (fra i protagonisti anche lo scomparso Pietro Taricone, ndr) e Il Commissario Nardone, già pronti; e Zazà sulla vita di Gabriella Ferri, da fare. Lei era un’amica, con lei iniziammo, quindi ci teniamo particolarmente».
Quali saranno le attrici che interpreteranno Maria Callas e Anna Magnani?
G. «Maria Callas, forse, sarà Eva Green. Lei ci tiene tanto. Per Anna Magnani pensavo a Valentina Lodovini, che ha fatto con noi Gli ultimi del paradiso. Mi piacciono molto il suo sguardo e la sua energia. Non gliene ho mai parlato, lo saprà da questa intervista».
Quindi non è vero che i produttori non possono più scegliere gli attori...
G. «Lasciamo stare. C’è la crisi...».