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 2010  agosto 13 Venerdì calendario

INTERVISTA A VITTORIO SGARBI

(vedi anche scheda 1386183)
"L’unica morale possibile è questa: abbiamo sopravalutato Fini e sottovalutato la Tulliani».

Anche Fini l’avrebbe sottovalutata?
«Esatto. Eppure era una curva ben segnalata. Mi sembrava impossibile andarci a sbattere».

Vittorio Sgarbi ride, e poi fa balenare una moneta d’oro: «Peccato che lei non sappia alcune cose, che io peraltro non posso dire».

Conosceva anche lei la Tulliani?
«Ottimo intuito. La conoscevo bene. Per questo sono sconcertato: come poteva un uomo con le ambizioni di Fini avere un rapporto stabile e profondo con la Tulliani?»

Azzardiamo una spiegazione.
«È innamorato. Può essere un eccellente fidanzato. ma non un leader. Se diventi il compagno stabile della Tulliani dimostri l’incapacità di capire la natura delle persone. Lui è stato occupato militarmente da quella donna. Come tanti maschi ha subito un’azione di conquista e si è arreso. Io invece sono visitato dalle femmine. Vengono da me come si va a Taormina, o a Ostuni: Arrivano, passano qualche ora, si guardano intorno e poi ripartono. Elisabetta Tulliani l’ho conosciuta tra Gaucci e Fini. Ho visto una ragazza molto carina, gentile, volenterosa».

Dunque è stato visitato dalla Tulliani?
«Sì. mi veniva a trovare casa. Era una delle tante che incontravo senza nessun impegno. Non ho nemmeno pensato che lei potesse occupare la mia vita. Era in visita. Anche La Russa la frequentava, magari ci andava in discoteca. Io poi ho la saggia abitudine di far conoscere le mie ragazze alla mia fidanzata, Sabrina Colle. È la Cassazione: a lei spetta il giudizio supremo. Quando l’ha vista ha allargato le braccia».

Come mai?
«Un dettaglio: Elisabetta mi chiamò mille volte per avere la "Freccia alata", la tessera per andare nelle sale vip degli aeroporti. Tutto quell’impegno per un obiettivo minimo non ha deposto a suo favore. Poi con Fini ha alzato il tiro. Probabilmente è diventata sempre più ambiziosa appena ha capito che lui era il bersaglio ideale per la sua ingenuità».

Mi diceva prima che la strategia della Tulliani non era così raffinata.
«Esatto. Persino la Brambilla risultava più sofisticata. Infatti nel 2005 un cronista intercetta in una bar romano Matteoli, La Russa e Gasparri. Parlano di Fini come di un uomo debole, in declino. Il Tempo pubblica tutto e il presidente della Camera li silura. Io sono sicuro che i suoi colonnelli stavano criticando la sua deriva sentimentale: erano particolarmente preoccupati perché conoscevano bene la Tulliani. Loro pensano che Fini vada interdetto. Lui si arrabbia e li caccia con un atto alla Berlusconi. Purtroppo la prova dei fatti dimostra che La Russa e gli altri hanno visto più lontano di Fini. Questo basta per non farne un buon leader».

Fini non sarà l’unico caso di leader che si accompagna a una donna forte...
«No: Mastella, Rutelli, Bertinotti: sono tutti delle ragazze. Hanno temperamenti femminili e quindi hanno bisogno di un dominatore: la loro compagna. È lei che fa il maschio. Il caso di Berlusconi è diverso, lui non è un ingenuo. Veronica Lario a un certo punto lo inguaia, ma anche lei non poteva non sapere, come direbbero i magistrati, di Francesca Dellera, o della Sanjust. A un certo punto lo mette alle corde. È evidente a tutti che il presidente è un mandrillo, come lo sono io. Non per niente il presidente mi considera il massimo esperto di gnocca e mi chiede consigli sull’argomento».

Berlusconi è finito nel tritacarne del gossip per le donne. Fini per una donna sola. Sono cose diverse.
«La Tulliani ha una personalità poco originale. Era evidente che cercasse un uomo di potere. Però, lo ripeto perché sia chiaro: il problema non è lei, ma lui: doveva accorgersene. In realtà non è colpevole. È imbesuito ed è rimasto fregato. Kennedy stava con la Monroe, ma era lei a essere innamorata. La donna va dominata, se non sei capace, lascia perdere».

Altrimenti?
«Altrimenti accade che ti proponi come campione della moralità, e ti sei scordato i piccoli favori che hai fatto alla tua donna e alla sua famiglia. Non volevi deluderla, hai cercato di accontentarla, poi trovi degli alibi mentali per giustificarti di fronte alla tua coscienza e infine archivi tutto. Io sono sicuro che il più sorpreso di leggere cosa aveva fatto sui giornali sia stato proprio Gianfranco Fini ».

La svolta politica di Fini può essere attribuita in qualche modo all’influenza della Tulliani?
«Guardi, questo lo escluderei. Andai a cena con lei e con suo padre, e mi ricordo perfettamente che erano solidamente di destra».

È rimasto sorpreso da questo scandalo?
«Vedendoli insieme in tutti questi anni, dicevo divertito: "Uh, che cosa strana". Diciamo che mi sorprendo da almeno quattro anni. Si figuri che a un certo punto, vedendo la devozione di Fini, ho persino pensato che ero io ad aver compreso male la Tulliani. Avevo il dubbio che fosse piena di virtù che non avevo scoperto. Una cosa mi insospettiva però: Fini non l’ha mai tradita. È un comportamento anomalo, una persona normale tradisce la moglie. Se non lo fa è perché si sente inferiore. In ogni caso torniamo al punto di partenza: Fini deve lasciare la politica, e il suo peccato è stato quello di avere una scarsa capacità di comprensione del reale».

Come andrà a finire?
«A lungo ho rimuginato. Soppesavo la possibilità che lui la lasciasse e quella che la perdonasse. Poi un lampo mi ha illuminato: se qualcosa dovrà succedere, allora sarà lei a lasciare lui. Gli dirà, più o meno: "Ti lascio perché ti voglio bene, e tu sei toppo ingenuo anche per me"».