Federico Rampini, la Repubblica 14/8/2010, 14 agosto 2010
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
NEW yORK - La superstizione non si addice ai tedeschi. Venerdì 13 ha portato fortuna a Berlino: il clamoroso sorpasso Germania-Usa nella crescita economica. Con un Pil che è aumentato del 2,2% nel secondo trimestre, l´accelerazione tedesca darebbe un incredibile +8% se dovesse durare per un anno: è una velocità di sviluppo degna di Cina, India, Brasile. Per Berlino è il miglior risultato dalla riunificazione di vent´anni fa. Paragonata con la Germania di Angela Merkel, l´America di Barack Obama fa una grigia figura: nello stesso periodo la sua crescita è stata anemica, appena lo 0,6%.
Il raffronto tra le due nazioni assume quasi una natura etica. È la favola di La Fontaine sulla cicala e la formica, ride bene chi ride ultimo. Le cicale americane, che in passato hanno dissipato risorse e si sono indebitate, oggi smaltiscono gli eccessi. A luglio le vendite al dettaglio negli Stati Uniti sono salite appena dello 0,4% (ma è 0,1% se si tolgono le auto), la deflazione è in agguato con un indice dei prezzi allo 0,9% annuo. È la cura dimagrante, il dopo-sbornia che si prolunga. L´economista Dan Greenhaus ci ricorda che «le famiglie americane hanno bisogno di tagliare le spese per ridurre i debiti, questo nel lungo periodo è positivo perché può creare le basi di una crescita sostenibile, ma nell´immediato è doloroso». Steven Blitz, osservando il ristagno dell´America, lo definisce «la logica conseguenza di un´economia in cui le famiglie dubitano di tutto: la stabilità dei loro posti di lavoro, il loro reddito, il valore della loro casa». Sull´altro versante dell´Atlantico il modello tedesco scintilla di tutte le sue qualità. Alta propensione al risparmio, investimenti nell´innovazione, tecnologie e qualità dei prodotti. È un modello che assorbe i salari più alti del mondo senza perdere competitività, come dimostra il caso Volkswagen: 4 milioni di vetture vendute da gennaio a luglio, il migliore risultato della sua storia.
L´euforia del sorpasso Germania-Usa non deve far dimenticare che questa non è la classifica di una gara di nuoto. Non ci sono in palio "medaglie al Pil". Interessa sapere se la crescita mondiale riparte, se si diffonde a tutti, se è equilibrata, sana e durevole. Per adesso le risposte sono negative su tutto il fronte. Alla forza del modello tedesco corrisponde specularmente una debolezza della periferia d´Europa. La Grecia sprofonda nella recessione, l´Irlanda fa temere nuove insolvenze, il differenziale fra titoli di Stato tedeschi e italiani si allarga. Da questo punto di vista l´Unione monetaria appare come una "gabbia" che contiene animali troppo diversi, alcuni dei quali non hanno proprio il fiato per tener dietro alla corsa tedesca.
L´exploit della Germania contiene in sé una contraddizione esplosiva. L´economia mondiale ha sempre avuto bisogno di "locomotive" che trainassero la crescita. Quasi sempre l´America ha avuto quel ruolo, talvolta in passato affiancata dal Giappone, o dalla Germania, ultimamente dalla Cina. Ora la locomotiva americana si è quasi immobilizzata. In grado di svolgere quel ruolo di trascinamento, restano la Cina e la Germania. Ma ambedue queste potenze hanno consolidato dei modelli economici il cui motore propulsivo è l´esportazione. Possono continuare Cina e Germania a crescere esportando, se il mercato dei consumi americano rattrappisce? E com´è possibile diffondere al resto del mondo i benefici della crescita cinese e tedesca, se Pechino e Berlino non diventano a loro volta un po´ meno formiche e un po´ più cicale? Questo è un passaggio ineludibile. Dietro il tracollo del 2008-2009 una delle cause primarie fu il macro-squilibrio tra paesi che consumano (importano) troppo come America, Inghilterra e Spagna, e nazioni che risparmiano (esportano) troppo come Cina Germania. Se non si aggiusta quello squilibrio globale non si esce dal tunnel. Qualunque soluzione che cerchi di aggirare quel problema, è incoerente e malsana.
E invece Berlino continua ad accumulare attivi commerciali: 60 miliardi di euro da gennaio a maggio. La Cina in un solo mese - luglio - ha realizzato un avanzo commerciale di 29 miliardi di dollari. Lo squilibrio fra Cina e America torna a livelli intollerabili, anche politicamente: a novembre ci sono le elezioni legislative e il protezionismo in campagna elettorale porta voti. I mass media americani pullulano di storie sulla "slealtà" cinese. Torna a galla il famoso maxi-contratto per costruire la più grande centrale solare del mondo in Mongolia, con tecnologie made in Usa: fu sbandierato come un successo di Obama nel suo viaggio a Pechino nel novembre scorso. Il contratto non si è mai realizzato. Mentre invece nel Texas un´impresa cinese sta installando pannelli solari a perdita d´occhio, per 1,5 miliardi di dollari. L´aneddotica rivela una tensione reale, accentuata dal fatto che la promessa rivalutazione del renminbi non arriva. Cina e Germania possono contendersi l´oro e l´argento sul podio immaginario del Pil, ma se non aiutano il resto del mondo i loro exploit hanno il veleno dentro.