Massimo Gaggi, Corriere della Sera 14/8/2010, 14 agosto 2010
NEW YORK —
Rupert Murdoch lancia negli Usa un nuovo quotidiano nazionale per fare concorrenza al New York Times ea UsaToday e per cercare di riconquistare il pubblico dei giovani. Uscirà entro la fine dell’anno, ma non lo si troverà in edicola. E nemmeno su Internet. Sarà un giornale interamente digitale distribuito (a pagamento) solo sulle piattaforme mobili come l’iPad e sui telefonini «smart».
Con la moglie Il magnate dell’editoria Rupert Murdoch con la moglie Wendi Deng. Murdoch sta per lanciare negli Usa un nuovo quotidiano distribuito a pagamento solo su piattaforme mobili come l’iPad e sui telefonini «smart»
La notizia è trapelata ieri sul Los Angeles Times. Dal gruppo «News Corp» non sono venute conferme, ma che l’editore australiano si stia muovendo in questa direzione è noto da tempo. Lo stesso Murdoch, intervenendo il 4 agosto a una «conference call» della sua holding con gli analisti finanziari, aveva definito l’iPad della Apple uno strumento rivoluzionario, destinato a cambiare radicalmente il mondo dei giornali, e aveva avanzato la previsione che tra non molto saranno centinaia di milioni gli utenti dotati in tutto il mondo di questo tipo di «tablet» computer. Pur senza fornire dati, Murdoch si era detto soddisfatto dell’afflusso di abbonamenti alle applicazioni per iPad recentemente introdotte dalle sue principali testate in tre continenti: l’americano Wall Street Journal, l’Australian e il Times di Londra.
Del nuovo giornale allo studio, quello che per ora è chiamato «project Alesia», aveva parlato due settimane fa anche il Financial Times. Ora il quotidiano di Los Angeles offre un quadro più preciso: il nuovo prodotto avrà alle spalle due testate del gruppo — il New York Post e l’agenzia Dow Jones — e sarà posto sotto la supervisione di Jesse Angelo, il direttore del Post. Ma non sarà una sorta di «aggregatore» (com’era parso ai tempi delle prime indiscrezioni), bensì un giornale autonomo, con una sua redazione di parecchie decine di giornalisti.
Sono mesi che il «vecchio leone» dell’editoria batte sulla necessità di puntare sui nuovi canali di distribuzione delle «news» che, debitamente recintati, consentono di introdurre forme di pagamento e che hanno caratteristiche tecnologiche tali da attrarre più facilmente l’attenzione dei giovani, poco attratti dalla carta stampata.
I sostenitori di un’informazione basata sul modello del «tutto free» attaccano Murdoch accusandolo di essere un dinosauro che non riesce a capire quello che sta avvenendo davvero nel mondo digitale; uno che si illude quando pensa di salvare i suoi conti di editore con gli abbonamenti all’iPad e di sedurre i giovani. «Molte analisi indicano che i giornali raggiungono sempre lo stesso universo di lettori, un pubblico di ultraquarantenni, indipendentemente da come vengono veicolati, su carta o via web» dice Alan Mutter, un esperto di tecnologia dei «media». Per il sito della Current Tv (la rete fondata da Al Gore), si tratta di un’iniziativa che si inserisce nei tentativi di uccidere Internet, trasferendo altrove i contenuti di qualità.
Molti «blogger» dicono che l’esperimento fallirà anche perché il recinto che circonda il giardino dell’iPad che tanto attira gli editori reduci dalle scottature rimediate nelle libere praterie di Internet, potrebbe non sopravvivere all’introduzione di nuove tecnologie e applicazioni del tipo di Flipboard.
Ma le scelte di Murdoch non sembrano improvvisate: sono basate su un’analisi dei primi mesi del fenomeno iPad che, ancor più che sui numeri di News Corp (gli abbonamenti attuali non sono noti, al 3 giugno scorso, due mesi dopo il lancio del nuovo prodotto della Apple, erano 20 mila), si basa sui 400 mila «download» (per ora gratuiti) già registrati dal New York Times e dai 100mila abbonamenti alla versione iPad di «Wired». In forte crescita anche i numeri in Italia, per il «Corriere delle Sera» sono state oltre 48 mila le applicazioni scaricate, mentre gli abbonamenti sono arrivati verso quota seimila.
Per Murdoch nemmeno quella di inseguire i giovani sembra una scelta opportunistica del momento: è un tema sul quale l’editore 79enne si accalora da anni. Fin da quando, parlando nell’aprile 2005 davanti all’assemblea degli editori americani di giornali, si autodefinì un «immigrato digitale», disse che era giunto il momento di cambiare mentalità e invitò tutti a leggere con attenzione il rapporto della Carnegie Corporation sul rapido cambiamento dei gusti e dell’atteggiamento dei giovani nei confronti dell’informazione. Murdoch ha fatto di certo anche molti errori: ha comprato MySpace ma non è riuscito a diventare protagonista nel mondo digitale e ha strapagato il
Wall Street Journal. Ma, da editore innamorato del profumo della carta, ha avuto il coraggio di muoversi per primo, di battere nuove strade. Ha continuato a farlo anche nelle ultime settimane: a giugno ha acquisito dal gruppo Hearst, Skiff, una piattaforma per sistemi di lettura elettronica, ha comprato una quota di Journalism OnLine, una società specializzati nello sviluppo di sistemi di pagamento digitale per l’editoria, e ha nominato uno dei suoi dirigenti più esperti, John Houseman, capo delle iniziative di giornalismo digitale.