Frammenti vari, 13 agosto 2010
FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE “D’ALEMA
MASSIMO”
Massimo D’Alema e Rocco Buttiglione nell’estate del 1995 divisero a Gallipoli un brodetto di gamberi. Sempre D’Alema e Buttiglione, invitati a casa di Umberto Bossi trovarono pancarré, due lattine di birra, una coca e due scatole di sardine. D’Alema a cena in casa di Elvina Pallavicini, nobile romana nera ed ex musa della destra, ha mangiato: Petit clou aux fines herbes, Terrine de esturgeon fumé, per dessert Bavarois aux fruit de bois. Menù scritti in francese, caratteri Helvetica. Gian Antonio Stella, Sette, 18/7/97
Sempre di quella serata cruciale, il libro fornisce anche il resoconto di un memorabile duello ingaggiato dall’auto di D’Alema con il motorino del nostro Augusto Minzolini [...] Solo che, scopriamo oggi, D’Alema non correva via al solo scopo di tutelare la propria privacy, ma anche di proteggere la propria esclusiva. Perché quella cena voleva raccontarla per primo lui, nel libro. Esattamente come vi racconta altri colloqui che pochi mesi fa aveva dichiarato risevatissimi, per esempio quello con Kohl. La contraddizione appare ancora più stridente riguardo all’incontro - definito segreto - con padre Giuseppe Dossetti. Prima il D’Alema politico ne sottolinea la difficoltà per via del riserbo necessario a evitare strumentalizzazioni spettacolari e mediatiche. Subito dopo, però, il D’Alema giornalista ne riferisce i contenuti. Gad Lerner, La Stampa, 28/8/97
"D’Alema si è scomunistizzato ma il Papa non si è scristianizzato" (Valentino Parlato sulla Stampa di sabato 9 gennaio 1999)
L’8 febbraio, sulla pista di Vnukovo, l’aereo su cui viaggiava Boris Eltsin di ritorno dai funerali del re Hussein di Giordania ha speronato in fase di parcheggio l’aereo che avrebbe dovuto riportare in Italia il presidente del Consiglio Massimo D’Alema dopo la sua prima visita ufficiale a Mosca: il mezzo italiano è rimasto senza un’ala, il presidente russo sotto choc (Maria Latella, ìCorriere della Seraî 10/02/1999)
"D’Alema è il mago Casanova della politica italiana. Si impegna al massimo, ma i trucchi si vedono tutti" (Ezio Greggio su Sette del 18 febbraio 199)
"Chi vuole litigare con me deve avere molta insistenza" (Massimo D’Alema sulla Stampa di sabato 13 marzo 199).
"Intorno a D’Alema è stato costruito un mito di superporfessionista. Poi quando si va alla prova dei fatti dobbiamo riconoscere che anche lui ha diritto ai suoi errori" (Arturo Parisi sul Corriere della Sera di lunedì 22 marzo 1999)
"D’Alema a dispetto delle apparenze è molto più buono di me" (Franco Marini sulla Repubblica di venerdì 26 marzo 1999)
"Prodi di sinistra non è, D’Alema non so se si possa ancora dire di sinistra" (Edoardo Sanguineti sul Corriere della Sera di giovedì 25 marzo 1999).
"D’Alema non ha nascosto un secondo la sua avversione per la nascita dei democratici e la sua speranza che finisca tutto in un flop" (Massimo Cacciari sulla Repubblica di lunedì 17 maggio 199).
"D’Alema dovrebbe avere un po’ più di riguardo verso i propri alleati. Non può trattarci tutti come dei peones" (Antonio Di Pietro sul Corriere della Sera di lunedì 17 maggio 1999)
"D’Alema pensa che riformismo significhi solo socialismo. E’ rimasto all’Ottocento" (Massimo Cacciari sul Corriere della Sera di lunedì 14 giugno 1999)
"In D’Alema c’è qualcosa di molto semplice, facile da leggere, persino commovente. Per lui vanno bene tutte le linee politiche, purché sia al centro del potere" (Achillo Occhetto sul Corriere della Sera di lunedì 14 giugno 1999)
"D’Alema farà la fine di tutti gli usurpatori" (l’ex direttore di Nomisma Gianni Pecci sul Corriere della Sera di mercoledì 30 giugno 1999)
D’Alema è come Ben Hur su una biga che deve però guidare dodici cavalli evitando che qualcuno scarti. I suoi problemi non sono né Parisi, né Marini né tantomeno Veltroni. Quel che teme è che qualche cavallo della biga si impenni per far vedere che c’è e che non si confonde con gli altri" (Ottaviano Del Turco sul Messaggero di giovedì 23 settembre 1999)
D’Alema, che le camicie le fa cucire a Napoli, va dal camiciao romano Piero Albertelli qui (a porte chiuse) solo per comprare golfini di cachemire alla moglie Linda (l’ultimo era beige) Giovanna Cavalli, Sette 13/04/2000
«La storia di D’Alema che racconta di giocare e perdere in Borsa è illuminante. In un Paese dove tutti ora giocano in Borsa lui muore dalla voglia di dichiararsi uguale agli altri. Anche con battute da Strapaese, come quel “ho perso ma non lo dite a mia moglie”. Ma sua moglie è per caso un’analfabeta che non legge i giornali? E perché questo marito la rappresenta seguendo il cliché così brutto della moglie rompiscatole e borbottante?» (Valentino Parlato a Giorgio Meletti, Corriere della Sera 17/4/2000)
Un’alternativa più snob quella inventata dallo scomparso presidente della Mediobanca Enrico Cuccia e praticata con successo da Massimo D’Alema e Diego Della Valle: asceti a mezzogiorno (il loro pranzo, una mela), la sera cedono a pasta e secondi. (Carla Bardelli, Benedetta Lignani Marchesani su Panorama del 9/11/2000)
Né l’onorevole Massimo D’Alema né l’onorevole Clemente Mastella portano spesso l’orologio. " E’ difficile che Massimo- testimonia Linda Giuva - sbagli ora, anche se non porta mai l’orologio per una questione allergica, si arrossa e si screpola la pelle". (Antonello Capurso, Il Foglio del 29/11/00)
D’Alema adora le gambe di Letizia Moratti (Il Foglio, 19/12/2000)
Una volta, il giovane Massimo D’Alema si trovò, insieme a Enrico Berlinguer, Giulio Andreotti e Sandro Pertini, sull’aereo diretto a Mosca per l’insediamento di Gorbaciov. Subito dopo il decollo spuntò fuori un mazzo di carte e si formarono le coppie: di qua Pertini e Berlinguer, di là Andreotti e D’Alema. In una fase cruciale, il presidente commise un errore. D’Alema non resistette al commento: "Presidente, non era quella la carta da giocare". Pertini incassò in silenzio, ma lo fulminò con un’occhiata. L’aria si fece tesa. Andreotti, allora, sbagliò di proposito, capovolgendo le sorti della partita in favore del presidente. Il quale, rivolto a D’Alema, esclamò: «Devi ancora crescere, ragazzo». All’attonito "ragazzo" arrivò, in un sussurro, la spiegazione di Giulio Andreotti: «Caro D’Alema, non si fa perdere un presidente della Repubblica che si chiama Pertini e per di più dopo averlo sfottuto» (notizie tratte dal libro "Dello scopone" di Oscar Mammì). (Carlo Baroni su Avvenire del 3/1/2001)
Massimo D’Alema soffia sui pugni chiusi (Daniela Daniele su Specchio del 13/1/2001)
Il quotidiano di famiglia è stato un ottimo terreno per misurare all’opera i dioscuri del Pds. Il direttore dell’Unità Massimo D’Alema si presentò con ghigno feroce, tagliò subito le teste che non gli garbavano e si rinchiuse nella sua stanza a giocare ai videogame, decantare il suo quoziente intellettuale e fabbricare origami e giornali tristissimi. (Massimo Gramellini, Micromega, n.1, 1997)
Coincidenze che legano Achille Starace e Massimo D’Alema: entrambi sono nati a Gallipoli e l’appartamento romano dove attualmente vive D’Alema è di fronte a quello dove risiedeva Starace. (Angelo Olivieri ìLe Olimpiadi dei Gerarchiî Stampa Alternativa)
Siamo a Silvio Berlusconi e a Massimo D’Alema. Oltre alla buona riuscita della Bicamerale, i due avversari hanno dichiarato d’avere un secondo obiettivo comune: imparare l’inglese. La differenza è questa. Berlusconi, in attesa di impararlo, lo parla, con veemenza poco anglosassone. D’Alema, invece, aspetta di saperlo, con cautela poco italiana. Durante il nostro incontro, il presidente della Bicamerale non ha proferito parola inglese (neppure good-bye), sebbene mostrasse di capire le domande prima che fossero tradotte. Ho dovuto perciò assumere il ruolo di interprete rinunciando a quello di giornalista. Per questo, forse, D’Alema mi ha trattato tanto bene. (Beppe Severgnini, Corriere della Sera, 14/05/1997)
«D’Alema, per esempio, è più portato per il pesce, apprezza i sapori delicati» (Gianfranco Vissani) (Maria Latella sul Corriere della Sera del 05/04/01)
Redditi mensili netti di alcuni deputati: Massimo D’Alema: 17.082.000 (MF, 21/10/1997)
Retribuzioni nette mensili in milioni di lire: Massimo D’Alema 14(Guido Fontanelli, Daniele Martini, Panorama, 12/02/1998)
Dall’inizio dei suoi lavori ( 5 febbraio ’97) la commissione Bicamerale è costata tre miliardi e 846 milioni così distribuiti: indennità del presidente D’Alema 79 milioni e 427 mila (4 milioni e 672 mila lire al mese) (Franco Bechis, Mf, 11/06/1998)
Massimo D’Alema 285 milioni, una barca e nessuna casa. (Barbara Jerkov, la Repubblica 17/12/1998;
Maria Grazia Bruzzone, La Stampa 17/12/1998; Massimiliano Lussana, il Giornale 17/12/1998)
Conclusione dell’intervista di Gian Antonio Stella a Francesco Cossiga:
E D’Alema?
«Amico mio, le citerò una lezione di vita presa da due film. Nel primo, cioè Lawrence d’Arabia, lui lo prende in quel posto e ci resta male. Nel secondo, Ultimo tango a Parigi, lei lo prende nello stesso posto ma ci resta bene».
Vuol dire che comunque D’Alema...
«Mi saluti la famiglia». (Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 20/01/1999)
Massimo D’Alema in un messaggio alla direzione dell’albergo di Rio de Janeiro dove il 28 e 29 giugno si tiene il primo vertice tra Unione Europea, America Latina e paesi caraibici: «Il vostro caffè è indubbiamente tra i migliori, ma se permettete la macchina per farlo come si deve me la porto da casa. Una macchina italiana». (Josto Maffeo, Il Messagero 23/06/1999).
D’Alema ha chiesto tre miliardi di danni a Forattini per la vignetta che lo ritrae intento a bianchettare i nomi del dossier Mitrokhin (Maria Grazia Bruzzone, Maria Teresa Meli, La Stampa 26/11/1999; Walter Mariotti, il Giornale 27/11/1999).
Massimo D’Alema ha raccontato al Corriere della Sera di avere investito in titoli i suoi 200 milioni di risparmi, con i quali paga il mutuo della casa. Il Messaggerodice che quei 200 milioni sarebbero finiti in azioni Olivetti acquistate prima dello scivolone della new economy. Franco Frattini, deputato di Forza Italia, ha presentato un’interrogazione parlamentare contro D’Alema che gioca in Borsa. Anche per Antonio Soda, deputato Ds, i ministri non dovrebbero giocare in borsa. D’Alema crede di aver chiuso la bocca a tutti con un altro intervento sul Corriere di sabato in cui dice di aver perso, grazie alle azioni, 45 milioni. (Francesco Alberti, Enrico Caiano Corriere della Sera 12/04/2000; Alberto Gentili, Il Messaggero 13/04/2000; Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera 13-14/04/2000)
Da quando i due furbissimi leader, Massimo D’Alema e Walter Veltroni, s’imboscarono dalle loro responsabilità nella guerra del Golfo, travestendosi da pii pacifisti e sfilando dieci anni fa a San Pietro con i bambinelli in spalla; da allora a oggi mai un gesto di vera critica culturale delle premesse, del passato, dell’ideologia antiamericana» (Giuliano Ferrara, Panorama 01/11/2001)
Massimo D’Alema 146.523.99 euro, due case a Roma in comproprietà con la moglie, una Fiat ’600 del ’98, un quindici metri a vela (Monica Guerzoni sul Corriere della Sera del 12/3/2002)
Sintonia. "C’è grande sintonia tra D’Alema e Veltroni".
"Pensano esattamente le stesse cose, soprattutto l’uno dell’altro" (Ellekappa). (Ellekappa, Le nostre idee non moriranno quasi mai, Einaudi, 2002)
Già Massimo D’Alema nel ’99 aveva ricevuto un moschetto italiano, ma in quel caso Muhammar el Gheddafi aveva aggiunto una spada, una sella e un tappeto. Maurizio Caprara, "Corriere della Sera", 29/10/2002
D’Alema ha querelato Gasparri perché ha definito l’acquisto della sua ultima barca «un atto di vera spregiudicatezza». (Gabriele Barberis, "Il Giornale" 22/12/2002)
Il sindaco di Bologna, Guazzaloca, ha rivelato che Fini è «un tifoso del Bologna» mentre D’Alema «è il più intelligente. Lo dicono tutti, lo dico anch’io» (Dario Di Vico, Corriere della Sera 25/8/2003; Corriere della Sera 25/8/2003; Corriere della Sera 26/8/2003; Mario Stanganelli, Il Messaggero 27/8/2003).
«Incredibile ma vero, uno che sa stare al gioco è invece Massimo D’Alema. Con quella sua faccia triste sa ridere degli sfottò». (Francesco Cossiga) (l.lau., "la Repubblica" 9/1/2004.)
«D’Alema è la persona più antipatica d’Italia dopo Schifani» (Enzo Sellerio a Alberto Sinigaglia, La Stampa 24/2/2004)
«Mi piacciono pezzi di D’Alema quando si scontra a brutto muso con Cofferati» (Renato Brunetta a Giancarlo Perna, "il Giornale" 8/3/2004
Francesco Graziani, pilota dell’Eliar di Collecchio, società del gruppo Parmalat, ha raccontato d’aver accompagnato spesso «politici della Prima e Seconda Repubblica a spasso sui mezzi dell’azienda, gratis». Tra quelli che hanno usufruito dei viaggi gratuiti, Ciriaco De Mita, Massimo D’Alema (Barbara Romano, "Libero" 31/3/2004)
La frase di Vattimo detta a un girotondo: «dobbiamo rottamare D’Alema» (Aldo Cazzullo, "Corriere della Sera" 7/6/2004)
«Massimo D’Alema: Grevemente atlantico. Cinicamente spoglio di dolore. Goffamente demagogico. Spocchia da statista neofita. Disinvoltura da giocoliere. Un dire frigido e maestoso. Livido come i neon del metrò» (giudizi di Nichi Vendola su politici che considerava nemici nel 1999) (Giampaolo Pansa, L’espresso 27/1/2005)
Diesse. Con l’80 per cento dei voti, il III congresso dei Ds ha confermato Fassino e D’Alema segretario e presidente del partito. Notevole il successo personale di Veltroni. Fassino nel discorso d’apertura ha detto fra l’altro queste due cose: i veri resistenti iracheni sono quelli che hanno votato, no di sicuro quelli che tagliano la testa ai rapiti. E: ma la sinistra che cosa ha fatto, in definitiva, per far cadere Saddam Hussein? Nel discorso di chiusura: "Siamo una sinistra che non ha paura della parola Patria". Forti impegni ed esortazioni ad andare avanti sulla strada della Federazione dell’Ulivo e della nascita del Partito Riformista. Recupero con applauso della figura di Bettino Craxi. (Vanity Fair - Settimana in 5min Dal 1 febbraio al 7 febbraio 2005).
«Massimo D’Alema è intelligente, ma ormai sembra uno avviato a una sorta di declino rancoroso» (intervista a Flavia Perina) (Claudio Sabelli Fioretti, Corriere della Sera Magazine, 24/03/2005)
"Veltroni e D’Alema gli (a Craxi, ndr) piacevano. Diceva: "Sono due ragazzetti molto intelligenti"" (Intervista a Umberto Cicconi) (Claudio Sabelli Fioretti, "Corriere della Sera Magazine" 19/5/2005)
Racconta Pasquale Cascella, oggi notista politico dell’Unità e nel dicembre 1999 portavoce di Massimo D’Alema: "Mentre andavamo al Quirinale per formare il D’Alema bis, arrivò una telefonata in auto. Era Carlo Azeglio Ciampi: "Ho visto la li sta, ma con il tuo primo governo avevi raggiunto un bel primato di donne ministro, perché rinunciarci?". D’Alema, che stava già entrando con l’auto al Quirinale, chiama di corsa il leader dei Popolari Franco Marini a piazza del Gesù, che fa: "Ci penso io". Marini richiama proprio mentre D’Alema stava accedendo al salottino presidenziale: "Per noi va bene Patrizia Toja. Fu così che la Toja divenne, sul filo di lana, ministro". (Corriere della Sera Magazine, Antonello Capurso, 06/06/05)
Altri politici? «Adoro Veltroni, D’Alema e Fini» (Lele Mora a Corriere della Sera Magazine 03/03/2005, Claudio Sabelli Fioretti).
Dopo qualche primo passo in tal senso, arriva la svolta: nel ’99 Unipol partecipa alla scalata a Telecom, a fianco di Roberto Colaninno ed Emilio Gnutti. Cioè con gli imprenditori padani che non hanno certo un dna "rosso" e che potrebbero dunque far dire che Consorte si è scelto per compagno chi compagno non è. Solo che subito arriva la famosa frase di D’Alema, che definisce i componenti la cordata bresciana e mantovana "capitani coraggiosi". (Corriere della Sera 18/07/2005, pag.11 Sergio Bocconi)
Finora la linea su Bankitalia l’ha dettata Massimo D’Alema, il quale ha spinto il suo partito a difendere Fazio in diverse occasioni, inclusa quella che riguardò l’affare Parmalat. (Maria Teresa Meli, Corriere della Sera 28/7/2005)
«D’Alema ha dichiarato di non avere l’orologio e il computer e di essere fiero di essere rimasto un uomo dell’800». (Beppe Grillo). Marco Damilano, L’espresso 25/8/2005
Quando in coppia con Colaninno (con cui in seguito ha rotto i ponti) Gnutti scalò Telecom Massimo D’Alema omaggiò i due con l’appellativo di «capitani coraggiosi». (Manuela Cartosio, il manifesto 20/8/2005).
Giudizi di Vittorio Sgarbi su esponenti del centrosinistra, formulati negli anni scorsi.
Su D’Alema (nel 1998): «Sono tentato di dare il voto a questo esecutivo mafioso e piduista solo per aggiungere merda a merda».
Ancora su D’Alema: «I ladri sono quelli che hanno rubato a Craxi il partito e il posto a Palazzo Chigi» (Corriere della Sera 2/9/2005, Gian Antonio Stella)
E Massimo D’Alema, una volta l’ho fermato per strada e gli ho domandato come mai il suo governo non avesse risolto il conflitto d’interesse e lui, sinceramente, mi ha risposto: ha ragione, abbiamo sbagliato». (Luca Barbareschi) (Corriere della Sera 24/09/2005, pag.43 Barbara Palombelli)
Quanto a D’Alema, denuncia subito una " campagna razzista contro Unipol" (la RepubbUca, 21- 7-2005). Poi, prima di partire per la crociera estiva a bordo di Ikarus, smaschera sul Sole-24 Ore una presun.ta "campagna politica e giornalistica che risponde a certi interessi" e a "certi salotti" contro i Ds e l’Unipol e ribadisce che i Ds "non favoriscono nessuno" (Il Sole-24 Ore, 5-8-2005). A settembre, appena sceso dalla barca, rivela il contenuto delle sue telefonate con Consorte: "Siamo amici da 25 anni, non è reato, ci siamo sentiti per dirci dove saremmo andati in vacanza" e aggiunge che le coop sono
"quasi una riserva di etica protestante" (Corriere della Sera, 3-92005). Senonché Consorte afferma che, più che di ferie, "con D’Alema parliamo di questioni politiche, legislative, finanziarie" (Comere della Sera, 8-9-2005). E Francesco Cossiga aggiunge: "Dopo aver parlato con Fazio, favorevole all’opa Unipol, l’ho comunicato a Cónsorte e a D’Alema. Attendo con ansia la pubblicazione delle mie telefonate a entrambi" (la Repubblica, 24-9-2001).( Marco Travaglio, Micromega 5/2005)
Gianni Vattimo, per esempio. «Bisogna rottamare D’Alema e affidare la sinistra a Cofferati» disse lo scorso ottobre, proponendo una raccolta di firme: «Andrò di persona a chiedere quella di Bobbio». «D’Alema è apparso ancora una volta la personalità più adatta a tener testa a Berlusconi» dice ora. Non è un dettaglio, perché era D’Alema il vero bersaglio di Moretti. I due si somigliano, intelligenti e sarcastici, senso dell’umorismo e sussiego, e si stuzzicano da trent’anni. «Sono vecchie storie di quartiere, dei primi Anni 70 - disse un anno fa il presidente Ds -. Io ero nel Pci, lui in un gruppuscolo. I fatti diedero ragione a noi allora, ce la daranno adesso». Era D’Alema il parlamentare smemorato di Palombella Rossa, era D’Alema il capo dei giovani comunisti di cui Moretti sentenzia in Aprile: «Sono cresciuti davanti a Happy Days, e quella è stata la loro formazione morale e culturale». D’Alema l’uomo di cui Mussi oggi dice: «Se qualcuno fonda l’Associazione vittime dei sondaggi, a un Ds tocca la presidenza onoraria». (Aldo Cazzullo Corriere della Sera, 04/10/2003)
«Tra Prodi e D’Alema mi fido molto più di D’Alema» (Intervista a Cossiga) (Flora Lepore Chi, 15/10/2003).
«Poi, nel ’96, D’Alema è venuto in Fininvest, l’ha riconosciuta come patrimonio del Paese» (Intervista a Confalonieri) (Maria Latella Corriere della Sera, 16/01/2004).
Il giorno dopo nessuno osò fare paragoni con l’uscita (ormai storia della tv) di Massimo D’Alema nel salotto politico di Porta a porta.
Era l’ottobre del 1997, e l’allora segretario diessino, che si rivolgeva al cuoco Gianfranco Vissani chiamandolo «maestro», cucinò addirittura un risotto. Dissero che era squisito. Anzi, di più: sublime. L’unico a bacchettare impietoso fu l’esperto Beppe Bigazzi, ospite fisso di Antonella Clerici nella Prova del cuoco: «D’Alema ha cucinato su un teflon. Così, o il risotto si brucia, o si scuoce». (Il Corriere della Sera 08/12/2005, pag.15 Fabrizio Roncone).
Massimo D’Alema, a cui Giuliano Ferrara aveva chiesto conto dei 50 milioni di euro trovati su conti esteri di Consorte e del suo vice Sacchetti, ha querelato Il Foglio. Il Foglio, che ha parlato di ‘intimidazione, ha ripubblicato l’articolo incriminato. Cossiga, sui 50 milioni e sugli altri soldi, ha detto che certamente non sono serviti ad arricchire nessuno, ma erano una provvista per il partito. In questo caso, Consorte non sarebbe che un grande Greganti (Greganti è il fido servitore di Botteghe Oscure che messo dentro da Di Pietro ai tempi di Tangentopoli non disse una parola sugli affari con cui il Pci si manteneva). La sinistra diessina ha messo sotto accusa Fassino e D’Alema, i quali rispondono scalpitando e gridando la loro innocenza e che è tutta una manovra di Berlusconi per screditarli e fargli perdere le elezioni. (Vanity Fair, Dal 2 al 9 gennaio 2006),
Massimo D’Alema, al quale Bruno Tabacci ha attribuito la responsabilità di aver coperto politicamente gli scalatori della Bnl. (Corriere della Sera 16/12/2005, pag.9 Dino Messina)
Marzo 1999. Franco Bernabè è nello studio di Antonio Fazio, al primo piano di via Nazionale. Da pochi mesi l’ex amministratore delegato dell’Eni è al timone di Telecom Italia, dove gli azionisti l’hanno chiamato dopo la disastrosa gestione di Gian Mario Rossignolo, autoproclamatosi «very powerful chairman». Ma tutto è già successo. Romano Prodi ha dovuto lasciare il posto di presidente del Consiglio a Massimo D’Alema. Roberto Colaninno e i «capitani coraggiosi», infelice (secondo lo stesso Claudio Velardi) definizione coniata all’epoca dal leader diessino, stanno aspettando l’autorizzazione a scalare la compagnia telefonica.
E per Bernabè quell’incontro con il governatore della Banca d’Italia è l’ultima spiaggia. Per sabato 10 aprile ha convocato l’assemblea con all’ordine del giorno la fusione fra Telecom e Tim. Estremo tentativo per rendere indigesto il boccone a Colaninno e ai suoi. Bernabè sa che se a quell’assemblea verrà raggiunto il quorum del 33,33% del capitale ordinario, il progetto di fusione sarà certamente approvato e la scalata quasi sicuramente sventata. Gli servono quindi tutte le azioni disponibili. Ma sa che non può contare su quelle del Tesoro, che dopo la privatizzazione continua pur sempre a essere il principale azionista singolo, con un pacchetto del 3,46%. Secondo una ricostruzione mai smentita, contenuta nel libro «L’Affare Telecom» di Giuseppe Oddo e Giovanni Pons, D’Alema in persona ha dato disposizioni per lettera a Mario Draghi, dopo un colloquio con lo stesso direttore generale del Tesoro alla presenza del ministro Carlo Azeglio Ciampi (che di lì a poco approderà al Quirinale), perché il principale azionista non si presenti in assemblea. La motivazione ufficiale è quella di preservare quell’atteggiamento di «neutralità» del governo che ancora oggi, a distanza di sei anni, rivendica Franco Bassanini, all’epoca dei fatti sottosegretario alla presidenza. Anche se di «neutralità» più che benevola nei confronti degli scalatori certo si trattava. (CorrierEconomia 19/12/2005, pag.7 Sergio Rizzo).
Che gli vogliono fare a D’Alema?
«Come minimo impedirgli di diventare presidente della Repubblica». (Cossiga a Renato farina) (Libero 22/12/2005, pag.1-3 Renato Farina).
Il 21 ottobre 1998 un erede di Berlinguer, Massimo D’Alema, prestò giuramento come primo ministro. Pochi mesi dopo, quando l’amministrazione Clinton decise di andare in guerra in Kossovo, il governo D’Alema aprì le basi del nostro paese ai bombardieri della Nato che attaccavano le forze dell’ex leader comunista Slobodan Milosevic. (Claudio Gatti Il Sole - 24 Ore, 10/10/2004).
«Il dirigente di Rifondazione aggancia D’Alema e comincia a parlare con lui. La prende alla lontana, ma poi arriva al sodo: “La situazione è difficile, non è che voi pensate che a questo punto sia meglio candidare Veltroni?”. Il presidente della Quercia alza il sopracciglio, arriccia il baffo, sorride e replica con una battuta: “Veltroni? Sarebbe come se io venissi da voi a proporvi di candidare Cossutta!”. L’esponente del Prc gira i tacchi e se ne va. Forse, se avesse parlato prima con qualche diessino avrebbe evitato quella domanda. Perché lo stesso interrogativo, ultimamente, è rimbalzato in più d’una conversazione tra i parlamentari della Quercia e D’Alema. E a tutti l’ex premier ha risposto così: “Prodi non si tocca”» (Maria Teresa Meli, Corriere della Sera 23/12/2004)
Massimo D’Alema fuma «per battere lo stress» (Francesco Battistini Corriere della Sera, 23/12/2004)
"Ogni leader del sedicente centrosinistra rappresenta una banca: D’Alema l’Unipol, va da sé. Prodi, Banca Intesa. Tutti e due l’Unicredit. Rutelli, la Bnl e Montezemolo" (Marco Ferrando, leader dei trotzkisti italiani) (Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 24/1/2006).
Non è meglio Max D’Alema. «Grevemente atlantico. Cinicamente spoglio di dolore. Goffamente demagogico. Spocchia da statista neofita. Disinvoltura da giocoliere. Un dire frigido e maestoso». Insomma, «un D’Alema livido come i neon del metrò». (Nichi Vendola) (Giampaolo Pansa L’espresso, 27/01/2005)
Massimo D’Alema in ufficio va presto ma, sempre per via del risveglio lento, è intrattabile fino ad una cert’ora. (M. Virgili, Anna, 21/2/2006)
L’ultrasinistro Francesco Caruso, candidato da Rifondazione, vuole una legge che espropri D’Alema della sua barca e distribuisca i soldi ai disoccupati. (Vanity Fair Dal 6 al 13 febbraio 2006)
voglio dare atto a Fassino e D’ Alema di essersi comportati correttamente nei miei confronti». Era «corretto» anche informare il segretario dei Ds che lei aveva il 51 per cento delle azioni Bnl quando l’ informazione era ignota al mercato? «A Fassino non comunicai alcuna notizia sensibile che il mercato non sapesse e stanno a dimostrarlo documenti ufficiali della Consob, con cui concordammo ogni passo, ogni informazione al mercato». (Consorte a La Repubblica 20/02/2006, pag.1-10 Carlo Bonini e Giuseppe D’Avanzo).
"Guardi, io sono nel governo Berlusconi come ministro tecnico e non rinuncio a questa mia indipendenza dagli schieramenti politici. Del resto, se non fosse così, non avrei ricevuto proposte di governo anche dal centro-sinistra".
Chi le ha fatto le proposte?
"Massimo D’Alema, che mi chiese di scegliere tra due ministeri di primo piano" (Letizia Moratti). (Stefania Rossini, L’espresso 16/2/2006)
Le battute di D’Alema. L’ultima, al Lider Massimo che pure è cosciente del difetto («Non sono una persona violenta. La mia violenza è che non riesco a trattenere la battuta. Il sarcasmo. E’ sbagliatissimo, lo so»), è scappata a una recente assemblea: «Io e Mussi, che siamo commilitoni dal ’67, ci siamo a lungo tollerati...». E lui, sorridendo acido dal basso: «Non solo tollerati, via...». (Gian Antonio Stella, Sette, 21/11/2002)
Massimo D’Alema (che anche lui una molotov l’aveva tirata)( Enrico Deaglio Diario, 27/09/2002).
Massimo D’ Alema fece la guerra del Kosovo anche per dimostrare che un ex comunista poteva essere amico dell’ America quanto un democristiano o un socialista. (Corriere della Sera 01/03/2006, pag.1-3 Sergio Romano).
Una volta, anche i leader diessini stavano nel movimento. «D’Alema, sempre. In minoranza, magari, ma c’era: alle assemblee, alle manifestazioni». La molotov però non l’ha tirata, non c’erano molotov nel ’68 a Pisa, assicura Pietrostefani (Aldo Cazzullo La Stampa, 07/08/2002)
D’Alema «perché è er mejo che ci avemo» (Antonio Pennacchi) Claudio Sabelli Fioretti Sette, 28/03/2002
«D’Alema? La logica dei comunisti è sempre la stessa: rassicurano i moderati per potergli tagliare meglio la gola. Anche Lenin nel 1905 disse che ci voleva una rivoluzione borghese». E a chi si disse perplesso sull’accostamento tra Lenin e D’Alema concesse: «Beh, forse la mummia di Lenin si rivolta nel mausoleo». (Fabrizio Del Noce) (Aldo Cazzullo La Stampa, 17/04/2002)
«Sì, avevo registrato un lungo dialogo con D’ Alema, ma non fu pubblicato. L’ accordo era che Massimo potesse rivedere il testo prima di andare in stampa, ma solo per le migliorie stilistiche, non certo per cambiare la sostanza. Mi tornò indietro un testo zeppo di correzioni: il giudizio su Cofferati da negativo divenne ipocritamente positivo, così le valutazioni su Mani Pulite, severe nella chiacchierata, poi edulcorate o espunte. La contrattazione che ne seguì sfiorò l’ assurdo. Fino all’ ultimo fui incerto se pubblicarlo o meno, nella versione originale. Però sarebbe sembrata una trappola. Volarono minacce di querela. Decisi così di lasciare quelle pagine bianche: titoli e sommari, ma niente testo. Spiegando perché» (Paolo Flores d’Arcais) (Simonetta Fiori, la Repubblica 23/2/2006)
E allora, senza farla troppo lunga: l’altro giorno D’Alema è andato da Costanzo ed è stato un disastro: 11 per cento di ascolto, pubblico dimezzato. L’Italia era con Vespa (e Vanna Marchi). Brutalmente: D’Alema ha stufato. (Filippo Ceccarelli La Stampa, 31/01/2002)
Quindi salva D’Alema, l’«antipatico».
«Quando lo incontro ad una cena è ironico e divertente. E’ antipatico solo con i giornalisti » (Lella Bertinotti) (Corriere della Sera Magazine 30/03/2006, pagg.46-52).
Si potrebbe chiamare «panico da piazza vuota». E per affrontarlo ogni politico ha sviluppato il suo metodo di difesa. Massimo D’Alema,
poi, ne ha uno «scientifico». Il presidente ds, infatti, ieri ha raccontato a l’Unità come calcola, in tempo reale, quante persone ci sono a una manifestazione: «Dal palco individuo delle zone e ne delimito mentalmente i lati. Calcolo quanto fitta è la gente e ho il dato che mi interessa. A Manfredonia, ad esempio, c’è una grande piazza (piazza del Popolo, ndr) quadrata, ed è più facile. Per quelle rotonde, invece, è più difficile e bisogna applicare la formula che serve a calcolare l’area del cerchio». Non solo. Sempre secondo D’Alema, anche il segretario della Quercia applicherebbe un metodo «scientifico»: «Sì, lo fa anche Piero Fassino.
Anzi, lui è pure più sistematico. Annota i numeri su un libretto e alla fine della settimana fa il conto delle persone con le quali ha parlato» (Angela Frenda Corriere della Sera, 07/04/2006)
«D’Alema è una figura, sulla base degli impulsi che sento dentro di me, negativa Per la sua capacità o per la poca fortuna politica, non saprei dire» (Frate indovino) (Federico Guiglia, Il Giornale, 13/05/2001).
A D’Alema, si sa, piacerebbe il ministero degli Esteri. Lo disse, tra l’altro, anche in una puntata di Porta a Porta (Goffredo De Marchis, la Repubblica 2/12/2005)
«Io non ho bisogno di cariche. Io sono Massimo D’Alema». Gianluca Roselli: «In queste parole pronunciate a ridosso del congresso di Pesaro nel novembre 2001 c’è tutto D’Alema. Il suo snobismo. Il suo senso di superiorità. La sua spocchia intellettuale. All’epoca si stava passando dalla segreteria Veltroni a quella Fassino e il destino dell’ex premier era incerto: alcuni lo davano alla presidenza del partito (come poi avvenne), ma niente era certo. E con quelle parole il leader Maximo lasciò intendere che lui non aveva bisogno di incarichi particolari. Era e restava, comunque, il numero uno. La realtà, però, necessita di un altro punto di osservazione: ogni volta che D’Alema si candida a qualsivoglia poltrona, si alza il fuoco di sbarramento. E il più delle volte trattasi di fuoco amico». (Gianluca Roselli, Libero 20/4/2006)
Fabio Martini: «Ci sono cose che si dicono soltanto agli amici e Massimo D’Alema, quando per lui le cose hanno cominciato a mettersi male, si è espresso con queste parole: “Se alla fine resto fuori, io non mi preoccupo, semmai sono altri che dovranno preoccuparsi...”. Chi siano gli altri, il presidente della Quercia non l’ha detto, ma i due alti dirigenti ds che lo ascoltavano, hanno pensato entrambi a Romano Prodi e a Piero Fassino». Una soluzione potrebbe essere piazzarlo al Quirinale (dove però, dato il meccanismo elettorale, è necessario il consenso dell’opposizione). Sergio Soave: «E’ assai difficile - sulla base dell’esperienza - che l’esponente di punta di un grande partito riesca a scalare il Colle, perché c’è da sempre il timore che una tale concentrazione di potere avrebbe l’effetto di forzare il quadro politico. Se i cavalli di razza della Dc, da Amintore Fanfani ad Aldo Moro, da Giulio Andreotti ad Arnaldo Forlani, non ci sono mai riusciti, una ragione deve ben esserci».(Fabio Martini, La Stampa 21/4; [13] Sergio Soave, Avvenire 21/4/2006).
La resa di D’Alema ha un prezzo. Maria Teresa Meli: «La cifra ha potuto quantificarla di persona Fassino a cui D’Alema ha fatto un discorso molto chiaro. Se non vado alla Camera, non vado neanche al governo, è stata la sua premessa. Seguita da quest’aggiunta: comunque bisognerà anche occuparsi del partito, prevedere un congresso in tempi brevi in vista della costituzione del nuovo soggetto politico, e occorrerà riflettere sull’opportunità di avere un segretario a tempo pieno e non con il doppio incarico... D’altra parte, già in tempi non sospetti D’Alema aveva spiegato che a suo giudizio chi sarebbe andato a ricoprire cariche istituzionali o di governo - lui incluso - avrebbe dovuto lasciare le poltrone occupate al partito. Un’ipotesi che non deve certo fare eccessivo piacere a Fassino, a cui non dispiacerebbe affatto mantenere la guida della Quercia e, nel contempo, andare al ministero degli Esteri».
D’Alema dice che «farà un passo indietro» da qualsiasi incarico istituzionale e di governo. Mario Ajello: «Un passo indietro, per pugnalare meglio? Per pugnalare di nuovo? Sembra di stare nel film I soliti sospetti. Ma come: il Prof e il Migliore, finita la stagione dell’incomunicabilità, non erano da tempo diventati quasi una coppia perfetta? Anche nel Sospetto, film di Alfred Hitchcock, ci sono due sposini tanto affiatati. Ma piano piano, lei comincia a sospettare che il marito la voglia uccidere, per intascare l’assicurazione sulla sua vita». [15] Mario Giordano: «C’è chi diceva che avrebbero litigato alla prima Finanziaria. C’è chi diceva che avrebbero litigato al primo mese. I più feroci arrivavano a immaginare che avrebbero litigato nelle prime settimane. Invece i leader dell’Unione sono riusciti in un’impresa senza pari: hanno litigato alla prima poltrona. Non la seconda, non la terza. No, proprio la prima: che è un po’ come se i Mille di Garibaldi si fossero ammutinati ad Arenzano». [16]
«Se salta D’Alema, salta anche lo schema Camera-Senato: è una questione politica allora si ridiscute tutto». Sono parole di Vannino Chiti, prima che il leader diessino sventolasse bandiera bianca. [17] Marina Sereni: «Noi pensavamo a D’Alema alla Camera e Marini al Senato, ma se lo schema viene a cadere, si ridiscute tutto». [18] Il centrodestra, approfittando della situazione, ha candidato per la presidenza di Palazzo Madama Giulio Andreotti: «Se lo scontro per la presidenza del Senato si risolvesse tra due democristiani, nel segreto dell’urna potrebbe succedere di tutto, visto che in quel ramo del Parlamento l’Unione ha un vantaggio di pochissimi voti». (APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 24/04/2006).
Anche se Prodi continua a gridare ‘No, no, no!, la trattativa sulla Grande Coalizione o sulla Grande Intesa è partita. Conducono Berlusconi da una parte e D’Alema dall’altra. Luogo in cui si svolge la discussione: il Corriere della Sera.
D’Alema Ha cominciato D’Alema, che non parlava al Corriere dal 2004: già col semplice fatto di scegliere questo giornale, ha annunciato al mondo che ‘tutto è cambiato. L’intervista è uscita il 14 aprile, le aperture di D’Alema sono importanti: ‘Berlusconi è stato un grande combattente, ‘Non intendiamo né scardinare la famiglia né aumentare le tasse né scontrarci con la Chiesa, questi ‘opposti estremismi, Berlusconi da una parte, loro dall’altra, è il peggio della tradizione comunista degli anni Trenta, ‘un’intesa sarebbe ora incomprensibile. Dice che se Berlusconi riconosce la vittoria di Prodi e il centrodestra prende un po’ le distanze dalla riforma federalista della Lega ‘potrebbe essere aperto un dialogo. Il quotidiano della Margherita, Europa, ha attaccatto violentissimamente D’Alema per questa intervista (‘...D’Alema della Bicamerale e dell’inciucio, appena vede il Professore in sella si dà da fare per disarcionarlo...). Mastella ha detto che potrebbe rinunciare a qualunque carica e lasciare Prodi al suo destino (Vanity Fair Dal 10 al 15 aprile 2006).
Il grande antipatico?
«Lei chi direbbe?».
Quello che dicono tutti: D’Alema.
«D’Alema è sprezzante e saccente. Ma il vero antipatico è chi parla sopra l’altro. Schifani e Angius, per esempio. Dicono cose false e non pertinenti pur di zittire l’avversario».
Quindi D’Alema?
«D’Alema non ha questo difetto. Lui ti lascia finire di parlare e poi t’ammazza. Però ha fatto un disastro con la Bicamerale e merita le critiche dei girotondi» (Intervista a Luca Ricolfi) Claudio Sabelli Fioretti, non c’è data e giornale, ma è stato ripubblicato sul Foglio dei Fogli i 1/5/2006
Lo scandalo della missione Arcobaleno, che nel 1999 fece tremare Massimo D’Alema e il suo governo, rischia di essere sepolto per sempre. Su un molo del porto di Bari marcivano 679 container pieni di aiuti donati al popolo kosovaro martoriato dalla guerra balcanica. Inoltre, venne saccheggiato il campo di Valona. Panorama fece circolare un video con il saccheggio del campo e scoperchiò il grande intrigo della Protezione civile. Scattarono inchieste giudiziarie e accertamenti, la più importante condotta dal pm Michele Emiliano (oggi sindaco del capoluogo pugliese), sta facendo la stessa fine delle tonnellate di cibo, medicinali, coperte, vistiti mai giunti ai destinatari. Abbandonata. E con il concretissimo rischio di cadere in prescrizione. Dopo 7 anni la Procura non ha ancora deciso nulla. Il premier ds aveva voluto quell’intervento umanitario battezzandolo Missione Arcobaleno, l’aveva magnificato come "il fiore all’occhiello dell’Italia" e posto sotto la tutela di Eugenio Scalfari. Norberto Bobbio e Indro Montanelli. La gara di solidarietà si era però trasformata in un orgia di sprechi e ruberie, mentre D’Alema insisteva a parlare di "scandalo inventato" e di campagna denigratoria. Furono 15 le inchieste aperte alla giustizia penale, civile, contabile e militare. Emiliano condusse investigazioni coraggiose. Indagò il capo della Protezione civile Franco Barberi con altre 25 persone, arrestò il capo della missione e i responsabili dei campo profughi; scoprì contraffazione dei registri, irregolarità nella gestione dei soldi donati dagli italiani, connivenze con la malavita albanese. Ma il pm andò ancora più lontano. Ricostruì giri di tangenti nelle forniture del vestiario per il pompieri e ipotizzò un presunto finanziamento ai partiti, in particolare i Ds che coinvolgeva anche uomini della Cgil. Al centro ci sarebbe stato il Cesar (Centro studi aeronautici e ambientali), organismo considerato vicino al Botteghino e consulente della Protezione civile che avrebbe "consigliato" di impiegare servizi e materiali offerti da alcune aziende affiliate. (Stefano Filippi - Il Giornale 6.04.2006)
D’Alema è «equivicino» o strabico in favore di Hezbollah?
«D’Alema ha molto spirito di geometria, poco di finezza. Badi meno alla distanza e più all’affidabilità democratica dei contendenti. Metter sullo stesso piano Israele ed Hezbollah è un tragico errore. Spero lo eviti». (Intervista a Capezzone) (Il Giornale 07/08/2006, pag.8 Giancarlo Perna)
Sono le Eolie la meta di villeggiatura preferita dei politici italiani, senza distinzione di schieramento. Nelle sette piccole isole è facile incontrare il ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, che veleggia con il suo "Ikarus" (tg com 14/8/2006)
La comunità ebraica italiana s’è indignata perché il nostro ministro degli Esteri D’Alema è stato fotografato in Libano a braccetto con un esponente hezbollah. (Vanity Fair - Settimana in 5min, Dal 12 al 19 agosto 2006).
Nulla però al confronto dell’offensiva avviata da D’Alema, che ha definito «sgradevoli» i richiami all’Italia del commissario europeo per gli Affari Economici. (Corriere della Sera 11/09/2006, pag.19 Francesco Verderami).
Massimo D’Alema ha fatto uno sforzo considerevole per imparare l’inglese e può conversare conCondoleezza Rice. (Corriere della Sera 14/09/2006, pag.37 Sergio Romano).
Massimo D’Alema nel tempo non ha mai smesso di costruire origami: ormai è un virtuoso, in pochi minuti piega il foglio bianco e ne ricava strisce con cui confeziona oggetti minuscoli e complicati. (La Stampa 5/12/06 pagina 16)
Massimo D’Alema era stato mandato dal partito a fare il segretario della Fgci. (Lucia Annunziata, 1977. L’ultimo ritratto di una generazione Einaudi 2007)
È una vita che lui e Massimo, come Gabriel e Armand, i duellanti di Conrad, si sfidano. Si incontrarono la prima volta sulle scale del pensionato della «Normale» di Pisa: «Avevamo due borse a testa, una per mano. Dalla Casa dello Studente arrivava un gran casino. I fascisti avevano tentato di metter su una manifestazione per i colonnelli greci. Quelli di sinistra avevano reagito. Mollammo le borse sulle scale e ci precipitammo. Capitando in mezzo a un massacro infernale. Ci conoscemmo così, nel furore della battaglia, diciamo. Massimo era asciutto come un’acciuga, aveva i baffetti appena accennati e una testa enorme tutta ricci. Io ero magro, avevo un gran ciuffo nero sulla fronte e non avevo ancora i baffi». Da quel momento, «per tutta una vita, siamo andati al ballottaggio. Chi entra nel comitato centrale: Mussi o D’Alema? Chi va da Pisa a Roma: D’Alema o Mussi? Chi fa il segretario in Puglia: Mussi o D’Alema? E a capo della Fgci: D’Alema o Mussi?». Altri, raccontava, si sarebbero scannati: «Noi no». Restarono amici, assicurava, perfino dopo il «sondaggio» tra i militanti per scegliere il nuovo segretario tra «Baffino di ferro» e Veltroni: «Andai da lui e gli dissi: "Massimo, ho deciso di votare Walter". Altri avrebbero rotto, noi no». (Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 20 febbraio 2007)
«Un’occasione perduta da parte degli Stati Uniti». La chiama così Massimo D’Alema, che invece l’occasione non la perde. E rinfaccia alla superpotenza di essersi comportata male nella vicenda giudiziaria del caso Calipari. []Il richiamo di D’Alema al senso di responsabilità dell’amministrazione Bush cade nel giorno in cui viene annunciato il viaggio del ministro degli Esteri a New York, il 20 marzo. Interverrà al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. A dimostrazione che il governo italiano vuole un ruolo di primo piano, D’Alema illustrerà le «nostre considerazioni e proposte» sul rinnovo della missione civile in Afghanistan. Sarà l’occasione per fare un bilancio dell’attività svolta a favore della popolazione afghana. E D’Alema spera di trasformare l’appuntamento in un trampolino di lancio per la sua idea di una conferenza internazionale. (Marco Nese, Corriere della Sera 4/3/2007)
Il discorso di D’Alema sulla politica estera, il 21 febbraio al Senato, è significativo: se c’è una discontinuità nella politica del presente governo, essa non si esprime solo nei rapporti con Bush ma soprattutto, forse, con l’Unione europea. Il discorso di D’Alema sulla politica estera, il 21 febbraio al Senato, è significativo: se c’è una discontinuità nella politica del presente governo, essa non si esprime solo nei rapporti con Bush ma soprattutto, forse, con l’Unione europea (Barbara Spinelli, La Stampa 4/3/2007)
Il giorno prima di pronunciare il suo discorso, il ministro degli Esteri Massimo D’Alema fece sapere ai giornalisti che stavolta si sarebbe giocata una partita decisiva: o il Senato avrebbe approvato oppure «ce ne torneremo a casa». Cominciò a parlare mercoledì alle nove e mezza del mattino. Un discorso effettivamente alto, in cui richiamò i fondamenti dell’azione di governo e senza saltare nessun argomento: l’indispensabilità dell’alleanza con gli americani, e sia pure senza perdere la propria autonomia; la necessità di restare in Afghanistan anche per non trovarsi isolati nel consesso internazionale; l’impossibilità di negare Vicenza senza compiere un gesto inutilmente ostile verso gli Stati Uniti. Passati al voto, il discorso e la politica estera di Prodi vennero bocciati con 158 sì e 160 tra voti contrari e astensioni (che per il Senato valgono come "no"). La sera stessa il presidente del Consiglio Prodi salì al Quirinale per dimettersi. Tra i voti negativi fecero sensazione: quelli dei senatori Turigliatto, di Rifondazione, e di Fernando Rossi, uscito da Rifondazione pochi mesi fa e fondatore di un nuovo partito di sinistra chiamato "Officina comunista" (Turigliatto sarà espulso dal partito e ha annunciato di volersi dimettere da senatore; Fernando Rossi è stato preso a schiaffi su un treno da un dirigente di Rifondazione); quello di Andreotti, specchio secondo i commentatori dell’opposizione vaticana ai Dico; quello di Cossiga, che giudicò la politica di D’Alema troppo anti-americana e anti-israeliana (il presidente emerito sarebbe in questo caso portavoce dei servizi segreti); quello del senatore Pininfarina, eco del giudizio negativo della Confindustria (molto malato, portato quasi a forza in Senato ad astenersi da quelli di Forza Italia). (Vanity Fair - Settimana in 5min Dal 19 al 26 febbraio 2007)
Il Wall Street Journal attacca l’Italia con un editoriale insolitamente virulento anche per il quotidiano conservatore. La prima stoccata va al ministro degli Esteri D’Alema. Per il giornale, dopo che gli Usa hanno respinto la richiesta italiana di processare il militare che sparò su Calipari, non è Washington ad aver perso un’occasione» di fare giustizia ma il governo italiano, che non avrebbe mai dovuto appoggiare la pretesa della magistratura di fare il processo a «un soldato che operava nel pieno rispetto della legalità internazionale in una lontana zona di guerra». Corriere della Sera 10/3/2007
Ma questo è anche il paese in cui il governo D’Alema del 1999, quando si reggeva sui voti di Francesco Cossiga, si mise le stellette in Kosovo, e sia pure con formule ridicole (‘la difesa aerea attiva come sinonimo eufemistico di ‘bombardamenti) ha partecipato alla guerra umanitaria, senza l’Onu e senza complessi (tutti ricordiamo D’Alema a Washington per il cinquantenario della Nato, in foto con un elmetto atlantico). Otto anni dopo, reggendosi sui voti di Turigliatto e Rossi e Franca Rame, il governo D’Alema-Prodi fa la vocina lamentosa e pone i caveat alle nostre truppe di stanza a Kabul e ad Herat, in Afghanistan, e poi rifiuta un segno tangibile di solidarietà militare, stavolta con la benedizione dell’Onu e sempre nei ranghi dell’alleanza, mentre infuria la battaglia dalle parti di Kandahar. (Il Foglio 10/3/2007)
«D’Alema è un settecentista. Mira al dettaglio, al nitore, la sua ironia è è aspra, impopolare» (Giorgio Albertazzi) (Giancarlo Dotto, La Stampa 28/3/2007)
«Ero amico della fidanzata di D’Alema, Giusi Del Mugnaio, ho sofferto con lui quando l’ha persa». (Pier Ferdinando Casini) (Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 13/4/2007)
Bertinotti è più ricco sia di D’Alema che di Rutelli: 187.650 euro contro - rispettivamente - 174.078 e 132.500. (Vanity Fair Dal 16 al 23 aprile 2007).
«Mi piace anche D’Alema. Comunista, ma serio» (Ciarrapico) (Corriere della Sera 30/04/2007, pag.11 Paolo Foschi).
D’Alema e Fassino hanno maggiore successo relativo tra i più giovani: tra gli under 24 il segretario dei Ds giunge a pareggiare il sindaco di Roma (Renato Mannheimer, Corriere della Sera 5/5/2007)
Il duello fra D’Alema e Veltroni, dopo le dimissioni di Achille Occhetto dalla guida dei Democratici di sinistra, fu un segnale promettente. (Corriere della Sera 08/05/2007, pag.45 Sergio Romano).
«D’Alema, per esempio, sta facendo di tutto per impedire che Veltroni diventi il leader del Partito democratico: per riuscirci, prima ha puntato su Bersani, ora sulla Finocchiaro.» […]«Di D’Alema non mi fido più. Se prima dell’estate non si arriverà a un’intesa sulla legge elettorale, giocheròd’anticipo» (Clemente Mastella) (Corriere della Sera 10/05/2007, pag.17 Francesco Verderami).
Sdegnosamente, un giorno Massimo D’Alema, quand’era segretario del Pds, dichiarò che in vacanza non si fanno dichiarazioni: anche per questo sceglieva la barca. (La Stampa 10/05/2007, pag.9 Fabrizio Rondolino)
Ma lei non venderebbe sua madre per una battuta, come D’Alema... «Non lo farebbe neanche D’Alema. Io lo conosco da trent’anni ed è un uomo molto più passionale di quanto tenda a far credere. Non è freddo come vuole sembrare, è un uomo di grandi passioni e tumulti interiori». Com’era D’Alema da ragazzo? «Come adesso». (Intervista a Fassino) (Libero 12/05/2007, pagg.16-17 BARBARA ROMANO).
Da quando Massimo D’Alema, da sempre allergico alle pretese dei partiti minori ("Giunto in età matura, continua a gettare bombe molotov non più su poliziotti e carabinieri ma sugli alleati", ironizzò un giorno Carlo Ripa di Meana) sbuffava dal ponte di comando di Palazzo Chigi: "La mia maggioranza? Un mezzo partito, cioè i Ds, e dodici virus" (Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 31/5/2007).
La fusione ha anche, naturalmente, una sua dimensione politica. Il matrimonio precedente tra Banca Intesa e San Paolo aveva infatti dato luogo a un colosso che tutti gli osservatori collocano in area Prodi. Quest’altra fusione tra Unicredit e Capitalia sarebbe invece la contromossa degli antiprodiani di centrosinistra, cioè l’asse D’Alema-Marini, quelli che fin dal primo giorno premono discretamente per un governo di larghe intese, da mettere in piedi insieme con Forza Italia e An, un governo cioè che cambi la legge elettorale e rimandi il Paese alle urne. Il Sole 24 Ore, in un articolo uscito domenica scorsa, ha sostenuto che il capo di Intesa - cioè il banchiere, cattolico e prodiano, Giovanni Bazoli - ha tentato in ogni modo di impedire l’operazione, promettendo fra l’altro a D’Alema la promozione interna di Pietro Modiano, marito del ministro diessino per le Pari Opportunità Barbara Pollastrini. D’Alema, che s’era assicurato la neutralità di Berlusconi, avrebbe declinato l’offerta e preferito lasciar proseguire la fusione. (Vanity Fair - Settimana in 5min Dal 14 al 21 maggio 2007)
Lo stesso D’Alema, in un’intervista al Corriere della Sera di domenica scorsa, ha detto: « in atto una crisi della politica che tornerà a travolgere il Paese con sentimenti come quelli che negli anni 90 segnarono la fine della prima Repubblica [...] del tutto evidente che il nostro sistema politico corre dei rischi molto seri». Con queste parole D’Alema rispondeva soprattutto alle questioni sollevate dal saggio di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella intitolato La Casta (Rizzoli) dove si raccontano i troppi privilegi di cui gode la pletora dei politici e dei parapolitici, i quali - mentre assegnano a se stessi i più alti stipendi, le più alte pensioni, migliaia di auto blu, centinaia di portaborse pagati quasi sempre in nero, milioni di euro di consulenze assegnate ad amici e amici degli amici - lanciano appelli alla moralità pubblica, allo spirito di sacrificio, al rigore civile che essi stessi negano quotidianamente con i loro comportamenti. Il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, ha detto che di questo passo gli italiani a un certo punto potrebbero decidere in massa di non pagare più le tasse. (Vanity Fair - Settimana in 5min Dal 14 al 21 maggio 2007)
«Devi farti un elenco delle prudenze che devi avere (...) sì... delle comunicazioni».
questo uno dei due passaggi più delicati per Massimo D’Alema tra le frasi indirizzate all’allora numero uno di Unipol, Giovanni Consorte. E’ il 14 luglio 2005, il braccio destro dalemiano Nicola Latorre gli passa il leader ds che ha bisogno di parlargli. Consorte è molto preso. D’Alema gli ripete di aver bisogno di parlargli di persona. Consorte ha impegni. Concordano allora un incontro per domenica sera. E intanto arriva il suggerimento di D’Alema. Di cui ieri, come peraltro già un anno fa, circolavano versioni più secche («attento alle comunicazioni», o «hai problemi di comunicazione») che però non trovano i riscontri invece riconosciuti da più fonti alla più ambivalente frase riportata all’inizio. Che in sè, peraltro avulsa dal contesto completo, può essere compatibile tanto con un allarme dato sul rischio-intercettazioni (lo stesso 14 luglio in cui la moglie di Fazio spiegava al marito di aver appreso da Fiorani che, contrariamente a precedenti assicurazioni di un politico, c’erano telefoni sotto controllo); quanto invece con un invito di D’Alema a Consorte a coltivare meglio l’aspetto delle comunicazioni pubbliche sull’operazione in corso di scalata Unipol alla Bnl.
In un altro passaggio delicato sembra profilarsi una compensazione sul piano politico per una scelta in teoria imprenditoriale. ancora il 14 luglio, ore 9.46, sempre tramite il telefono di Latorre. Consorte chiede a D’Alema di Vito Bonsignore, socio di Bnl ed europarlamentare Udc: vorrebbe stesse dalla sua parte, ma Bonsignore incorrerebbe in oneri fiscali a vendere.
D’Alema: «Ho parlato con Bonsignore, che dice cosa deve fare, uscire o restare un anno...Se vi serve, resta... Evidentemente è interessato a latere in un tavolo politico». (Corriere della Sera 12/6/2007).
rivelazioni del quotidiano La Stampa che ha fatto pesanti insinuazioni su un presunto conto estero di D’Alema (è stata querelata). (Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport, 6 giugno 2007)
Massimo D´Alema è abile. Incappa in un colloquio intercettato. Si ritrova impiccato a un «Vai, facci sognare!», regalato all´amico Gianni Consorte (con l´Unipol è alla conquista della Banca Nazionale del Lavoro). L´incitamento è un frammento di intercettazioni contrabbandato alla meno peggio nei corridoi di un Palazzo di Giustizia. […] L´abilità di D´Alema è nel passo laterale. Rievoca con sdegno il grumo di problemi lasciati marcire (ogni giorno "macinano" la vita di migliaia di italiani). Definisce «un´indecenza» le cronache. Liquida quelle conversazioni così: «Non solo non c´è un reato, ma non sono nemmeno moralmente sconvenienti». Conclude: «Non c´è un caso, c´è solo rumore». (Giuseppe D’Avanzo 16/6/2007)
Massimo D’Alema ha ragione quando deplora queste intercettazioni telefoniche, appese come panni sporchi alle finestre del Paese di fronte allo sguardo «trascurato» della magistratura. Non è bello che una conversazione privata, soprattutto se non contiene indizi di reato, venga ascoltata, trascritta e gettata in pasto alla pubblica opinione. grave che queste intrusioni surrettizie nella vita privata degli italiani stiano diventando lo strumento preferito della magistratura inquirente. Ed è ancora più grave che servano ad accrescere l’instabilità politica di un’Italia già così faziosa e litigiosa. (Sergio Romano, Corriere della Sera 17/6/2007)
Chi ha votato alle ultime elezioni politiche?
«I Ds. D´Alema è il migliore politico che abbiamo. Un grande statista».
Se si andasse al voto oggi?
«Rivoterei D´Alema». (Stefano Ricucci) (Paolo Berizzi, la Repubblica 18/6/2007).
Fiorello ha fatto il verso a Ciampi e a Nanni Moretti (con la voce di Moretti chiamò D’Alema: «Massimo, io e te siamo culo e camicia». «Io sono la camicia» rispose il vicepremier).
Quello che ha mandato in bestia D’Alema e Fassino e che ha spinto D’Alema ad accusare in un’intervista al Tg5 la magistratura (con toni mai uditi e mai uditi soprattutto quando vittima dello stesso trattamento erano i suoi avversari politici), è che le telefonate rivelano una grande dimestichezza tra il vertice diessino e i finanzieri. Dimestichezza e condivisione delle logiche di raider e speculatori, cioè (D’Alema a Consorte: «Facci sognare», ecc.). (Vanity Fair - Settimana in 5min, Dall’11 al 18 giugno 2007)
D’Alema è superbo, brusco, dentuto con i giornali. Quando un cronista gli chiede se ha stretto un patto di non aggressione con Veltroni, replica gelido: "Sono cazzi nostri". (Giampaolo Pansa, L’espresso 5/7/2007)
E D’Alema gli ha dato ragione: pochi giorni fa ha detto che i soldi per abolire lo scalone non ci sono e che anche se ci fossero non andrebbero adoperati in questo modo. (Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 3 luglio 2007)
La maggiore risorsa economica di Cgil, Cisl e Uil ("I tre porcellini", come ama chiamarli in privato il vice premier Massimo D’Alema) (Stefano Livadiotti, L’espresso 10/8/2007).
Guadagni di D’Alema ministro 190 mila euro (Pierluigi Franz, La Stampa 17/8/2007, pagina 11; Corriere della Sera 17/8/2007)
Guarda caso, Fini ha deciso di divorziare dalla moglie Daniela proprio poco tempo fa.
F: «Un leader deve essere un esempio per tutta la comunità. La società lo guarda».
R: «Fini è stato massacrato dai media con tutte quelle voci sulla sua presunta storia con la Prestigiacomo. Poveraccio. Eppure con D’Alema i giornali si comportano diversamente. Come al solito, due pesi e due misure».
Che cos’è questa storia di D’Alema?
R: «Massì, anche su D’Alema girano tante voci, ma nessuno ha il coraggio di scriverne. Con Fini è accaduto il contrario perché non è di sinistra». (Intervista alla moglie di Storace) (Fabrizio D’Esposito, A 23/8/2007)
«D’Alema è in mano a voi. Si trova a un punto cruciale della carriera e della vita. uno che ha preso una botta in testa, che ha fatto o farà mezzo passo indietro, e non vuole altro che scorra il tempo, senza essere coinvolto in fatti politici. Ma se qualche giornale, o qualche giudice, dovesse riproporre la questione Unipol, D’Alema sarebbe in grave difficoltà. apparso debole, fragile. In tv l’ho visto difendersi con una faccia livida che non è la sua. Ha bisogno che gli lascino, che gli lasciate tempo per riprendere la sua forza psichica, la sua faccia di padroneggiamento ». (Giuseppe De Rita a Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 25/8/2007)
Poi c’è il ministro degli esteri, Massimo D’Alema, che già diversi anni fa era stato bloccato davanti alla sua bella casa di lusso da un’incontenibile inviato di Striscia la notizia. L’affitto che l’allora segretario del Pds pagava era a dir poco modesto, e fu lì che il caso di affittopoli arrivò al grande pubblico. Il ministro decise in seguito di correre ai ripari e di acquistare casa. E così, insieme alla moglie Linda Giuva, nel 1997 ha contratto un mutuo con il Banco di Napoli del valore di 250 milioni di lire (corrispondenti a 129.114 euro). Si tratta di un mutuo decennale per cui venne previsto un tasso semestrale iniziale del 4,25%, poi soggetto a variazioni. I coniugi D’Alema si impegnarono a coprire l’onere finanziario attraverso il pagamento di 20 rate, una ogni semestre, per aggiudicarsi un appartamento situato nel quartiere Prati. (Franco Bechis, ItaliaOggi 4/9/2007)
Per D’Alema e Latorre il reato ipotizzabile è l’aggiotaggio, cioè l’ipotetica complicità nell’arruolamento di alleati occulti per Unipol, in particolare nelle presunte trattative per portare Vito Bonsignore, azionista di Bnl ed europarlamentare udc, dalla parte di Consorte.
Solo il vicepremier D’Alema rischia una seconda accusa, la violazione del segreto istruttorio, per una telefonata a Consorte interpretabile come un allarme sulle intercettazioni in corso (Paolo Biondani, Corriere della Sera 12/9/2007)
«Baffetto-D’Alema? Lui parla del V-day come di fascismo latente? Ma taccia, che poche settimane prima delle elezioni telefonava a quello in mutande, Fiorani, per dirgli: dai, compriamoci una banchetta, la Bnl. Lo facciamo per i lavoratori » (Beppe Grillo) (Angela Frenda, Corriere della Sera 16/9/2007).
D’Alema: «Le telefonate con Consorte, sapendo di essere spiato, non le rifarei. In ogni modo: sono totalmente innocue dal punto di vista penale. Sono state usate, questo sì, per una campagna contro il nostro partito».
Nell’atto giudiziario, il gip cita il reato di insider trading. Di nuovo D’Alema, che prima dell’affondo s’è preso una parentesi per spiegare al pubblico cosa l’insider trading sia: «Subito dopo le telefonate, il valore delle azioni non è cresciuto di un centesimo. Anzi, è lievemente calato, segno che nessuno ha acquistato azioni ». E segno che «il reato non è stato commesso». (Andrea Galli, Corriere della Sera 17/9/2007).
E Massimo D’Alema, da Bari dove ha votato, commenta: «Oggi si compie il processo politico che è iniziato nel 1994 con l’avvio dell’esperienza politica dell’Ulivo ». (CORRIERE DELLA SERA ROBERTO ZUCCOLINI 15/10/2007
per D’Alema si vocifera di un posto, nel 2009 di "mister Pesc". In poche parole, l’attuale titolare della Farnesina potrebbe prendere il posto di Solana come ministro degli esteri dell’Unione Europea. (Maria Teresa Meli, Corriere della Sera 16/10/2007)
Gli si attribuisce invece un rapporto di stima con D’Alema.
«So che si videro una volta, quando D’Alema era a Palazzo Chigi. Ma, a essere sincero, non l’ho mai sentito parlare neppure di D’Alema». (Antonio Maccanico che si riferisce a Enrico Cuccia) (Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 24/11/2007)
Nel dibattito pubblico ritornano argomenti spesi un tempo contro il divorzio, giudicato non rispettoso del sentimento religioso prevalente tra gli italiani (allo stesso modo Massimo D´Alema ha di recente liquidato il matrimonio tra gay, suscitando reazioni polemiche). Simonetta Fiori, la Repubblica 6/12/2007
I veltroniani sostengono il Vassallum ma D’Alema e Rutelli parteggiano per il tedesco. Parisi e Bindi per il maggioritario (Il Sole 24 Ore 11/12/2007, pag.16 Lina Palmerini).
Massimo D’Alema ha una faccia tutta l’opposto. sereno, quasi felice, mentre cucina il risotto in casa del segretario del sottosegretario Antonio Bargone. (L’Espresso 20/12/2007, pag.78 Giampaolo Pansa, Sabina Minardi).
E così il titolare della Farnesina Massimo D’Alema agli inizi di novembre ha potuto dichiarare pubblicamente: «Abbiamo raggiunto un’intesa di massima che dovrà essere perfezionata». Un patto che prevede l’impegno dell’Italia alla costruzione dell’autostrada che attraversa tutto il Paese, visto che parte dal confine con la Tunisia e arriva a quello con l’Egitto. (Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 30/12/2007).
Tra i vecchi schemi è riemerso l’antagonismo con D’Alema.
«Quanto piace a voi giornalisti... quanto vi piace tornare a immergervi nel vostro brodo primordiale, ritrovare la logica conradiana dei duellanti... ».
Pare piaccia anche a D’Alema. Qualche colpo gliel’ha rifilato: quando dice che Veltroni conosce Berlusconi più di lui, quando paventa che lei e Franceschini siate impazziti.
«A me non piace. E, siccome non piace a nessuno di coloro che credono nel Pd, credo non piaccia neppure a Massimo D’Alema». (Intervista a Walter Veltroni) (Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 13/1/2008)
Ed è proprio questo il nodo da sciogliere all’interno del Pd: le differenze tra chi, come D’Alema, preferisce un modello più ancorato al tedesco e chi, ora sull’onda referendaria, preme per una legge che avvantaggi i partiti più forti. In attesa di capire come si muoverà ora Silvio Berlusconi. (Corriere della sera 17 gennaio 2008, Roberto Zuccolini)
Com’eravate lei, D’Alema, Veltroni, Fassino? «Tali e quali. Io avevo la stessa irrequietezza di oggi e la stessa smania di fondare giornali. Fassino era altissimo anche da piccolo». D’Alema aveva i baffi pure da piccolo? «Sì». (Intervista a Ferdinando Adornato) (Libero 14 febbraio 2008, Barbara Romano)
si mise d’accordo con D’Alema per far cadere Prodi nel 1998 e ha fatto poi asse più o meno sempre con D’Alema capeggiando il partito dei non prodiani favorevoli all’intesa con Berlusconi e Fini. Ben prima degli accordi, adesso quasi dimenticati, tra il Cavaliere e Veltroni. La gran voce che gira adesso è che stia facendo l’esploratore sempre in asse con D’Alema. (a proposito di Franco Marini) (Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 31 gennaio 2008)
Comunque è la verogna che si prova, perché noi continuiamo a raccontare a questo popolo che «l’Italia è amica». Lo ripete di continuo Massimo D’Alema che, leader dell’Alleanza Atlantica, non esitò nel 1999 a colpire il paese con 78 giorni di bombardamenti e adesso riconosce la nascita di uno statarello che è il 15% della Serbia e il luogo della sua nascita storica, culturale e religiosa. Se l’Italia fosse stata nemica che avrebbe fatto? (Il Manifesto 22 febbraio 2008, Tommaso Di Francesco)
Una ricapitalizzazione da parte dell´azionista pubblico non è possibile, perché ricadrebbe sotto la normativa degli "aiuti di Stato", per cui da anni veleggia e rimbalza tra governo, ministeri, commissioni parlamentari e sindacati il progetto per la quotazione in Borsa, che - annunciò Massimo D´Alema poco dopo essersi insediato alla Farnesina - prevede il mantenimento del controllo pubblico «considerata la valenza strategica di Fincantieri per la nostra industria della difesa». (la Repubblica 27 marzo 2008, ALBERTO STATERA)
La verità è che si son dati da fare - e una volta tanto bene - tutti quanti. D’Alema ha portato dalla nostra parte l’America del Sud e soprattutto l’Egitto, a sua volta decisivo per l’orientamento di tanti Paesi africani (sull’Expo 2015) (Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 2 aprile 2008)
Quando D’Alema era ancora premier incaricato e Bossi, al primo incontro, aveva offerto l’appoggio esterno al suo governo. «Calma». Avevano concordato le tappe, e nell’accordo siglato ai tavoli del ristorante «Gianni e Dorina», sempre dalle parti della Stazione Centrale, c’era l’appoggio della Lega al governo D’Alema e il patto elettorale che avrebbe portato Roberto Maroni alla presidenza della Regione Lombardia. «Ma poi - raccontò Bossi - quasi sul più bello mi chiama D’Alema per dirmi che i suoi l’avevano ingabbiato. Peccato. Per lui».
D’Alema era stato applaudito al congresso leghista di Milano, Bossi lo elogiava: «Massimo è un aquilotto, uno che in politica sa volare, Veltroni una gallinella». (La Stampa 21 aprile 2008, Giovanni Cerruti).
«D’Alema è uno statista a tutto tondo». (Ricucci) (Claudio Sabelli Fioretti, La Stampa 7/4/2008)
D’Alema scrisse un libro dal titolo «Un Paese normale» e subito dopo fece la cosa più anormale di questo mondo: costituì un governo non democraticamente eletto. (lettera La Repubblica 7 maggio 2008, Giovanni La Torre)
D’Alema, invece... « uno dei migliori politici europei, con un altissimo profilo internazionale e che io stimo molto». notoria l’amicizia tra suo padre e l’ex leader Ds. Tanti sostengono che lui abbia favorito la vostra azienda. «Si dicono tante balle, è penoso rincorrerle». (Intervista a Matteo Colaninno) (Libero 7 maggio 2008, BARBARA ROMANO)
Nelle stesse ore in cui Walter Veltroni riuniva i segretari regionali del Pd, Massimo D’Alema riuniva i "suoi". Tant’è che Marco Minniti, nel doppio ruolo di segretario della Calabria e di dalemiano, abbandonava il vertice con il leader ‘ cominciato da pochissimo ‘ per raggiungere l’albergo romano dove il ministro degli Esteri uscente ha chiamato all’appello una cinquantina tra deputati e senatori. Anche la sincronia degli eventi rappresenta plasticamente lo schieramento di forze (ovvero, di corrente) che si sta posizionando nel campo del Partito democratico. Il fatto è che ‘ per quanto «trasparenti» ‘ le iniziative di D’Alema e Bersani hanno già innescato un meccanismo che porta il Pd dentro vecchie lacerazioni facendolo assomigliare sempre più all’ex Pci-Pds-Ds. Quello di ieri è stato un duello a distanza. Mentre D’Alema ragionava del ruolo della Fondazione Italianieuropei e delle proposte programmatiche ‘ allungando un’ombra sul Governo ombra del leader ‘ da Veltroni e dai segretari regionali è arrivato uno stop alla logica delle «parrocchiette» (Il Sole 24 Ore 7 maggio 2008, Lina Palmerini).
La pratica Forleo viene aperta dalla I commissione per «tutela » (Massimo D’Alema denunciò il «mercato delle vacche » riferendosi ai verbali passati ai giornalisti dagli avvocati) (Luigi Accattoli 13/5/2008)
Se in prima fila tra i nemici interni di Veltroni ci sono Massimo D’Alema e, per motivi meno politici e più legati a un fatto di poltrone, Arturo Parisi, ecco spiegato perché, tra le altre cose, il segretario del Pd ha chiesto a Berlusconi di assegnare all’opposizio ne la presidenza di tre commissioni parlamentari, tra quelle permanenti e d’inchiesta. Si tratta della commissione Esteri della Camera, della commissione Difesa del Senato e della commissione bicamerale Antimafia. ANTIMAFIA A PISANU Seguendo il filo di quelle che sono state le deleghe assunte dai vari esponenti del Pd nel passato governo, viene da pensare che la commissione Esteri Veltroni l’abbia richiesta per assegnarla a D’Alema. Basterà a placare l’ira dell’ex capo della Farnesina, ormai avversario dichiarato della linea tenuta fin qui dall’ex candidato premier del centro sinistra? (Libero 21 maggio 2008, MARIO PRIGNANO)
D’Alema è molto attivo.
«Ognuno dice la sua opinione, ed è legittimo che lo faccia. D’Alema ha detto di voler fondare una fondazione culturale, non un partito nel partito.
Sono portato a prendere sul serio le parole delle persone serie. Il lavoro della fondazione culturale di D’Alema sarà molto utile al Pd». (Intervista a Veltroni) (Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 28/5/2008)
Ormai è chiaro: Massimo D’Alema si prepara alla guerra contro Walter Veltroni. (ItaliaOggi 5 giugno 2008, Marco Castoro)
Il miglior leader? «Berlusconi. E sa chi mi ha convinto di ciò? Massimo D’Alema. stato lui a farmi notare che un uomo che, pur non essendosi mai occupato di politica, riesce in sei mesi a mettere su un movimento che vince le elezioni e a rimanere in sella, dev’essere per forza un grande leader. Adesso il ragazzo si è scafato un po’». E migliorato? «Moltissimo. Ma il miglior leader dall’altra parte sa chi è?». Faccia indovinare: D’Alema? «Certamente. A chi non lo conosce, riesce antipaticissimo». Anche perché lui fa di tutto per apparire tale. «E invece è una persona amabilissima». Lei non è lucido quando parla di "Baffino", lo ammetta. «Sì, e le dirò il perché. A D’Alema, che tutti pensano sia affezionato solo alla moglie e ai figli, quando mi vede gli si inumidiscono gli occhi». […] Sta dicendo che Veltroni non è il leader del Pd? «Formalmente è lui». In realtà chi è il leader, D’Alema? «Lui è il capo del governo ombra. Ma Veltroni è molto più furbo di D’Alema. Lei lo sa chi è il più grande ammiratore di Massimo?». Lei. «No: Berlusconi». Gliel’ha confidato lui? «Si fidi». Quindi i due si amano segretamente. «Hanno provato ad amarsi pubblicamente nella Bicamerale e male ha fatto Silvio a farla saltare». (Intervista a Cossiga) Libero 31 maggio 2008, BARBARA ROMANO
Quanto ci metterà D’Alema a sgambettare Veltroni?
«D’Alema è come le forze oscure della reazione: un’entità in agguato. Un maestrino, arrogante nelle opinioni e nello sguardo». (Intervista ad Alfredo Biondi) (Il Giornale 2 giugno 2008, Giancarlo Perna)
Quello che ti piace di meno?
«D’Alema. E’ stato, prima di Veltroni, quello che ha fatto più male alla sinistra. Ha più alterigia che intelligenza». (Intervista a Odifreddi) (Claudio Sabelli Fioretti, La Stampa 16/6/2008)
Perché le piace tanto D’Alema?
«Perché come me per attaccare i manifesti elettorali è andato di giro nottetempo con il secchio di colla di farina a far botte. Perché è un comunista nazionale e democratico, un berlingueriano di ferro, e quindi un quasi affine mio, non della mia bella nipote Bianca Berlinguer che invece è bella, brava e veltroniana. E poi è uno con i coglioni. Antigiustizialista vero, e per questo minacciato dalla magistratura » (Intervista a Cossiga) (Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 7/7/2008).
«Al Cavaliere ho detto che aveva sbagliato interlocutore. Si era fidato di Gianni Letta, che gli aveva apparecchiato l’intesa con Walter Veltroni, mentre dovrebbe tornare con D’Alema, lui sì che ha statura. Eppoi hanno molte cose in comune. Massimo, per esempio, è l’unico anti-giustizialista del Pd». [ …] ma ci sono buone speranze. Perché durante la nostra conversazione il premier mi ha confidato che D’Alema resta a suo avviso "il migliore". Proprio così, "un vero uomo politico, uno che se prende un impegno lo mantiene sempre"». […] Solo D’Alema può capire cosa patisce uno come Silvio, che appena tornato a palazzo Chigi ha visto ripartire la caccia all’uomo. Ha tentato di difendersi ma lo hanno già colpito nell’immagine, tanto da esser stato sputtanato dal dossier-stampa presentato dagli americani al G8».
«A Massimo ho consigliato la stessa cosa, l’ho invitato a tornare a parlare con Berlusconi. Se si fossero sentiti in questi giorni, la partita sulla giustizia l’avrebbero giocata insieme e diversamente. Sarebbe bastato un colpo di telefono. Se l’avesse fatto, se il Cavaliere avesse chiamato D’Alema, avrebbe evitato la fesseria di introdurre lo scudo per le alte cariche dello Stato. […] Anche sulle grandi riforme, ovviamente. Lui ogni volta che ci vediamo mi racconta della Bicamerale, sospira che se non fosse fallita avremmo ora una repubblica semi-presidenziale e la separazione delle carriere per i magistrati. Vecchia storia quella, e dolorosa per D’Alema, secondo il quale sarebbe stato Berlusconi a mandare tutto all’aria. Ma questa è la versione ufficiale. L’altra, quella vera, è che fu l’allora capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro a far saltare l’operazione. Però oggi le cose sono cambiate, dunque ci sarebbe la possibilità di arrivare al matrimonio». […] «Il fatto è che D’Alema ha una visione politica opposta. Lui vuol portare il Pd nel Pse. Vuol tornare alla prima Repubblica, cioè ai partiti strutturati. Rivuole la proporzionale con il recupero dei resti. Vuole riformare la Costituzione che a mio avviso ‘ e lo dico sottovoce ‘ è la peggiore di tutte le costituzioni. E mentre Walter gioca nel loft, D’Alema gioca a tutto campo, inciucia con Bossi, aspetta la telefonata di Berlusconi. E aspetta di tornare a vincere, sapendo di contare sui buoni rapporti con gli Stati Uniti, dove ha lasciato un buon ricordo ». […] (Intervista a Cossiga) Francesco Verderami, Corriere della Sera 13/7/2008
Una volta, con questa tecnica irretì Max D’Alema. Mentre lui parlava, Concita faceva la cerbiatta e sussurrando come una corda di violino lo incoraggiava a dire di più. Max si ringalluzzì e si vantò di essere un fusto. «In palestra - disse - scolpisco i miei deltoidi (muscolo della scapola, ndr)». Frase da pollo che l’indomani uscì puntualmente sulla Repubblica. (Il Giornale 15 settembre 2008, Giancarlo Perna)
Diversa invece la reazione di D’Alema che nel ’95 ebbe l’avviso di garanzia: lui, pur criticando con la dovuta fermezza la nostra iniziativa, è stato molto corretto. E alla fine anche loro hanno riconosciuto che avevamo agito senza accanimento». (Carlo Nordio) (Dino Martirano, Corriere della Sera 10/12/2008)
Da quando Massimo D’Alema liquidava le parole di Bettino Craxi su Mario Chiesa dicendo che dare del «mariuolo » a qualcuno era «un modo troppo semplice di cavarsela (Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 19-12-08)
Massimo D´Alema ha parlato, nel suo intervento in Direzione, di un partito frutto di un «amalgama mal riuscito». Condivide?
«Un momento. D´Alema ha fatto un discorso più complesso. Ha detto: qualcuno sostiene che noi saremmo un partito a canne d´organo, un partito di correnti, ma non è così perché siamo in una fase precedente, quella in cui prevalgono semmai degli elementi di anarchia e di frantumazione. Altro che correnti. In questo momento noi non abbiamo nemmeno gli aderenti. Stiamo raccogliendoli adesso. E avremo il primo congresso nell´autunno prossimo. Sarà quello il momento in cui si confronteranno le diverse piattaforme politiche. Lì si creerà il pluralismo. Per adesso non è possibile parlare di correnti». (Intervista a Bersani) (Sebastiano Messina, la Repubblica 21/12/2008, pagina 5)
Una linea unica del Pd sulla vicenda mediorientale? Senti Rutelli e poi, in sequenza, Massimo D´Alema. L´ex ministro degli esteri è reduce da un incontro con la stampa estera. Ha già detto come la pensa: «In Italia criticare Israele è un tabù», i media italiani sono quasi tutti, «non tutti», filo-israeliani. Per sfuggire ai «bollettini» della televisione nostrana si finisce per guardare Al Jazeera che ha dunque «un impatto enorme». Sì, lo «indignano le bandiere di Israele bruciate, ma l´opinione pubblica italiana è molto più scossa per i bambini di Gaza uccisi». […] «Mi si vuole dipingere come socio di Hamas, cosa che non sono affatto. Nessuno chiede a Israele di negoziare un trattato di pace con Hamas, io chiedo a Israele di trattare con Abu Mazen. Ma con Hamas, questo sì, bisogna trattare la tregua perché Hamas non è un gruppetto di terroristi nascosti tra la gente ma 25 mila attivisti, quasi uno per famiglia. Che sia questa la strada non lo dice qualche matto ma una risoluzione dell´Onu...». E ancora: «Rinunciare ad analizzare politicamente Hamas sarebbe un grave errore intellettuale. I problemi non si risolvono uccidendo dirigenti e militanti come pensa la mia amica Tzipi Livni». Il rischio, dice D´Alema, è di trasformare la questione palestinese nel «simbolo della jihad globale», il rischio è che «l´azione di Israele» rafforzi l´elemento fondamentalista di Hamas e crei una nuova spirale di terrore, anche in Europa. (Alessandra Longo, la Repubblica 14/1/2009).
«Ad aiutare le federazioni nel lavoro di catalogazione dei beni è stata chiamata Linda Giuva, docente di archivistica generale nonché moglie di D’Alema». (Ugo Sposetti, Il corriere della sera 21/1/2009).
E invece D’Alema
«Lo stimo molto. Mi piace quello che dice. Mi piace il suo coraggio. Aspetto solo che Veltroni si tolga di mezzo». (Intervista a Vladimir Luxuria) (Claudio Sabelli Fioretti, La stampa 26/1/2009)
D´Alema avrebbe pensato di acquistare un vigneto, di qualità super (diciamo). (Filippo Ceccarelli, la Repubblica 4/2/2009).
Così arriviamo all’autunno di due anni fa, quando proprio D’Alema restò muto (D’Alema che si impone di non parlare, eh) nel momento in cui gli Angelucci decisero di acquistare
l’Unità. Il silenzio - complice l’inevitabile bufera mediatica - fu naturalmente interpretato, da molti, come un via libera all’operazione. Che partì speditamente. Gli Angelucci, in effetti, provarono il blitz. (Fabrizio Roncone, Corriere della sera 5/2/2009).
D´Alema che, arrabbiato per una delle tante irriverenti interviste di Massimo Cacciari, nell´ormai lontano 1995 gli affibbiò le famigerate qualità del Totò della Patente: «Corre dei rischi seri, perché la sua foto é diventata quasi sinonimo di disgrazia». (Francesco Merlo, la Repubblica, 11/02/2009).
Massimo D’Alema? «Certo. Lui era una tragedia, vestiva con delle orribili giacche a quadri di stampo rumeno. Fui io a portarlo dal sarto a Napoli. Ma poiché D’Alema è un primo della classe nato, dopo un po’ cominciò a fare il super esperto di look. Addirittura, una volta, andò da Bruno Vespa e durante la trasmissione gli disse: ‘Questo è un finto tre bottoni, come se stesse parlando Giorgio Armani o Pierre Cardin. Quando lo presi in consegna, vent’anni fa, non sapeva cosa fosse una giacca». Chi glielo diede in consegna? «Me lo presi io. Nel 1988, dopo essere stato un dirigente in carriera del Pci, avevo deciso di mollare la politica perché mi ero rotto i coglioni. Decisi di fare il giornalista, divenni l’addetto stampa di D’Alema. E mi inventai la famosa storia dello staff». [] «D’Alema storicamente ha perso. Agli inizi del ‘96 lui poteva diventare il leader di questo Paese». Perché non c’è riuscito? «Perché non ha portato a compimento la sua battaglia culturale nel popolo della sinistra affinché abbandonasse una serie di luoghi comuni e liturgie. Lui stava lì lì per far diventare maggiorenne la sinistra. Poi si è ritirato perché si è scatenata la controffensiva». Di chi? «Del sindacato. Nel ‘96 il punto di rottura fu Cofferati. Anche se il suo vero avversario nel partito è sempre stato Walter Veltroni». Berlusconi dice che il leader del Pd è D’Alema. « vero. Anche se Veltroni sta conquistando armate di parlamentari, assessori, consiglieri comunali, D’Alema resta il più forte e il più ascoltato nel Pd, perché in questo quadro deprimente è l’unico ad avere un guizzo di pensiero politico». Lei che è stato il Richelieu di D’Alema, sa cos’ha in mente? «Salvare il Pd dalla disgregazione. Ma non ha nessuna intenzione di diventare un leader di partito, bensì una riserva della Repubblica». Secondo lei arriverà al Colle? «Perché no? Se ci dovesse essere un declino del berlusconismo, la figura più forte e trasversale nel panorama politico italiano è D’Alema». (Intervista a Velardi) Barbara Romano, Libero, 8/2/2009
Ma D´Alema, almeno lui, lo vorrà ringraziare
«D´Alema sì. E´ stato lui a convincermi a fare le primarie»
Ma come, non era venuto a Firenze proprio per ordinarle di rimanere alla provincia?
«Sì, ma poi nel pomeriggio ha tenuto un discorso in pubblico dove ha detto, come spesso gli capita, una cosa intelligente e spiritosa. Ha detto: io sarei favorevole al ricambio generazionale se i trentenni la smettessero di fare la fila davanti all´ufficio mio e di Veltroni per chiedere un posto. Sono nuovi, ci sfidino!» (Intervista a Matteo renzi) (Curzio Maltese, la Repubblica, 17/2/2009).
D’Alema è superbo, un bruscone come pochi, sempre pronto a fronteggiare i giornali con la scimitarra in pugno. Un cronista gli chiede se è vero che abbia stretto un patto di non aggressione con Veltroni. E Max sibila, gelido: «Sono cazzi nostri». (Giampaolo Pansa, il Riformista 19/2/2009
Sbaglia Berlusconi quando si attribuisce il merito di aver fatto fuori sette leader del centrosinistra. Vediamo nel dettaglio: Occhetto l’ha fatto fuori D’Alema, il primo Prodi l’ha fatto fuori D’Alema, Fassino l’ha fatto fuori D’Alema, Veltroni l’ha fatto fuori D’Alema. E D’Alema invece? L’ha fatto fuori D’Alema. (Vanity Fair 04/03/2009)
Appello su Facebook: «Ci troviamo il 20 aprile per festeggiare il sessantesimo compleanno di Massimo D’Alema. Un brindisi al quale parteciperà il presidente». Appuntamento a Torino, con tanto di indirizzo di riferimento e-mail e telefono. L’invito circola su Facebook, dove per l’ex ministro degli Esteri si è mobilitato un gruppo di fans, dispiaciuto che «D’Alema non sia più in prima linea». Lui, però, rischia di non esserci: il 19 aprile parte la regata "Roma per tutti". (Corriere della Sera 10/3/2009, pagina 13)
"D’Alema sta in barca, io sono in campagna elettorale già da mesi" (Antonio Di Pietro) Marco Damilano, L’Espresso, 7 maggio 2009
In che rapporti era con Massimo D’Alema? «Di stima reciproca, ma non ci siamo mai stati molto simpatici». Di lui nel 2002 disse: «Ne ha fatte più di Bertoldo». Lo stima ancora così? «D’Alema è una persona di grande qualità, uno dei pochi politici che ha letto e studiato. Il suo difetto fondamentale è una presunzione che a volte lo rende miope. La sua idea di poter costruire una socialdemocrazia normale in Italia si è rivelata irrealizzabile, ma lui ha continuato a puntarci e non ha creduto mai fino in fondo nel Pd. E i suoi difetti li paghiamo» (Massimo Cacciari) (Barbara Romano, Libero 5/5/2009)
ci sono altri casi di libri scritti da politici che abbiano avuto un impatto sul dibattito pubblico? «Forse l’unico caso che io ricordi fu quello di Massimo D’Alema con "Un paese normale", titolo poi diventato quasi un modo di dire. Quello fu un libro che segnò una stagione politica». (Gian Arturo Ferrari) (Marco Ferrante, Il Riformista 14/05/2009).
14 giugno D’ALEMA PARLA DI «SCOSSE» - «La vicenda italiana potrà avere delle scosse, dei momenti di conflitto, di difficoltà il che richiede un’opposizione in grado di assumersi le sue responsabilità». Così Massimo D’Alema il 14 giugno in tv. Il giorno prima il premier aveva parlato di «trame eversive» per sostituirlo con «un persona non eletta». Nel Pdl il sospetto di nuove iniziative giudiziarie. (ILSOLE24ORE.COM 18/06/09).
"Quel giorno D’Alema era a Bari e il fatto che abbia dato questa indicazione e che poi siano usciti questa intervista e questo articolo effettivamente fa pensare. Nella vita accadono le piu’ straordinarie coincidenze, e questa e’ davvero straordinaria, se e’ una coincidenza. Se non lo e’ lo accertera’ l’autorita’ giudiziaria, quando sara’ il momento e quando sara’ il caso". (Ghedini) (Agi 27/6/2009)
D’Alema e i suoi decidono di abbandonare la Direzione subito dopo il voto sulle modifiche al regolamento spiegate da Vassallo. «Non abbiamo capito nemmeno una parola. Per questo io e Massimo ci siamo astenuti», spiega Latorre, che alla domanda sul discorso di Franceschini ammette: «Non l’ho sentito». (Tommaso Labate, Il Riformista, 27/6/2009).
Prendete Massimo D’Alema: il suo sito propone - dall’alto in basso - un close up dei baffi di D’Alema, una foto tessera di D’Alema, la pubblicità di un libro di D’Alema, qualche dichiarazione alle agenzie di D’Alema e infine un’altra foto di D’Alema. L’utente può sollazzarsi con alcuni audiovisivi di D’Alema, ma non commentare le sue parole, né suggerirgli qualcosa o muovergli alcuna critica. (Alessandro Gilioli, L’Espresso, 16 luglio 2009)
Per bloccare l’amico Marino l’ex premier le ha provate tutte. Velate minacce: "Ti farai male, molto male". Promesse che non si possono rifiutare: "Sai, Ignazio, io non vorrei che ti candidassi anche per un’altra ragione... Dovremo scegliere il candidato premier, tu saresti la persona giusta". E mozioni degli affetti, recapitate dalla signora Linda, la moglie di D’Alema: "Massimo non ci dorme la notte su questa storia". (Marco Damilano, L’Espresso, 16 luglio 2009)
«D’Alema dice che all’estero si ride pensando all’Italia. Ammesso che qualcuno rida, forse lo fa ripensando a lui, allora Ministro degli Esteri, sotto braccio con esponenti di Hezbollah» (Capezzone); «Più ascolti D’Alema, più rimpiangi Veltroni. Come diceva Totò: "E abbiamo detto tutto"» (Capezzone) (Tommaso Labate, Il Riformista 12/07/2009)
«E devo dire che alla luce di tutto questo D’Alema, Bersani, lo stesso Fassino fanno un figurone». In che senso? «Hanno una tenuta politica che ad altri manca. Penso alle cose cattive che si dicevano di D’Alema e le trovo sgangherate, anche un po’ opportunistiche». (Intervista a Luca Ricolfi) (Errico Novi, Il Riformista 16/07/2009).
In Puglia c’è D’Alema, che secondo Debora Serracchiani, la pasionaria dell’area Franceschini, dovrebbe farsi da parte. d’accordo? «Sono un non dalemiano che presidia il Santo Sepolcro dei dalemiani. Per me, l’ho detto a Franceschini, non si rinnova il Pd senza D’Alema. il pilastro del Pd, pensare di fare il Pd senza di lui è pazzesco. Ma D’Alema deve capire che non può fare come Bearzot che si è tenuto in squadra Zoff, Gentile, Cabrini fino alla fine. Fuor di metafora: D’Alema non ha esaurito la spinta, i dalemiani sì, la squadra deve cambiare, se si vuole evitare la sconfitta. Su questo sono convinto che D’Alema la pensi come me. Anzi, mi correggo, sono io che la penso come lui». (Colloquio con Michele Emiliano, sindaco di Bari) (Marco Damilano, L’Espresso, 23 luglio 2009)
Al centro-sinistra piace invece la ferrovia veloce Napoli- Bari. Fu voluta da Massimo D’Alema premier.La progettazione procede a pezzi: il costo è di 3.377 milioni secondo il Dpef, superiore ai cinque miliardi secondo gli ultimi aggiornamenti Fs. (Giorgio Santilli, Il Sole-24 Ore 11/8/2009).
Gianpaolo Tarantini. L’imprenditore pugliese finito sotto inchiesta per corruzione, favoreggiamento della prostituzione e cessione di cocaina racconta i suoi rapporti con i politici del centrosinistra. E ammette di aver pagato il conto dell’ormai famosa cena elettorale alla quale presero parte l’onorevole Massimo D’Alema e il sindaco Michele Emiliano (Angela Balenzano e Fiorenza Sarzanini, Corriere della sera 9/9/2009).
Un altro dei protagonisti di questa partita attorno a Letta sarebbe Massimo D’Alema, redivivo statista del Pd. I suoi nuovi messaggi sull’arrivo di altre scosse vengono decrittati in questo modo: «D’Alema sta facendo come Cavour durante la guerra di Crimea. Il conte piemontese inviò poche divisioni contro i russi solo per sedersi successivamente al tavolo dei vincitori. Il leader del Pd sta facendo lo stesso. Il suo contributo è minimo ma alla fine gli consentirà di partecipare alla trattativa». (Fabrizio d’Esposito, il Riformista 10/9/2009)
Massimo D´Alema. Da anni viene additato (anche nel centrosinistra) come potenziale «inciucista». Ma da giorni l´ex ministro degli Esteri è a sua volta sotto il fuoco incrociato di «Libero» e del «Giornale», per i suoi incontri in barca con Tarantini. E l´altroieri sera, a «Porta a Porta», il Cavaliere è tornato a sparargli contro, con una violenza che non si ricordava da tempo. «Un vecchio comunista, che usa espressioni da vero stalinista». Un´uscita quasi a freddo. Che non si spiega se non in nome del «solito sospetto» complottista. Ma al di là delle ossessioni berlusconiane, è vero che D´Alema è tornato a tessere la sua tela. Non solo nel suo partito, con l´obiettivo di far vincere Bersani. Ma anche con l´intenzione di giocare la partita in «campo avverso». (Massimo Giannini, la Repubblica 17/09/2009)
FABIANA GIACOMOTTI E CARLO ROSSELLA - Nel libro “La sciarpa a pois” edito da CairoEditore, descrivono il look di alcuni personaggi di spicco del mondo politico e imprenditoriale. Massimo D’Alema è catalogato come uno di «Quelli che ci provano».
E Massimo D’Alema? «Crede di essere il più intelligente al mondo. Fece la Bicamerale credendo che alla fine avrebbe portato Berlusconi ad un approdo, e quello all’ultimo rovesciò il tavolo e lo lasciò con la candela in mano. Poi inventò Di Pietro, che lo convinse a farlo senatore. D’Alema pensò che sarebbe riuscito a governarlo. Disse, ‘Ci penso io, come fa Berlusconi. E ci pensò talmente che ora Di Pietro gli sputa in faccia e nei suoi confronti è il più violento. E così via. D’Alema era uno dei promotori del Pd. Passa un anno e punta il dito dicendo che l’amalgama non è riuscita. Ma santo cielo, se quell’amalgama l’hai proposta tu! Veltroni, D’Alema_ Tutta questa gente dovrebbe essere più modesta. Dire dove hanno sbagliato. Ammettere i propri errori è segno d’intelligenza. D’Alema i numeri li aveva, avrebbe potuto davvero essere il leader della sinistra. Ma ha rovinato tutto pensando che bastasse la sua intelligenza a mettere a posto le cose». (Emanuele Macaluso) (Costanza Rizzacasa, ItaliaOggi 03/10/2009).
Il dato più positivo di questa fase del Pd è che siamo forse finalmente alla fine del dualismo Veltroni-D’Alema. Nessuno dei due può ormai ambire a un ruolo dirigente. Al massimo possono fare i consigliori. Che Walter Veltroni sia fuori dal Pd forse lo sanno tutti tranne lui. Ne uscirà formalmente in caso di vittoria di Pier Luigi Bersani. Ma anche se vincesse Dario Franceschini, perché la stagione politica di Walter è finita. Dal canto suo, D’Alema si gioca la partita della vita. Se vince Franceschini avrà di fronte un partito ostile. Se vince Bersani sarà chiamato alla sua scelta di sempre: consentire o uccidere il leader nella culla. Il dalemismo è sempre uguale a se stesso. Ma questo congresso sancisce per D’Alema la conclusione di un itinerario». (Peppino Caldarola) (Costanza Rizzacasa, ItaliaOggi 07/10/2009)
Che cosa le ha detto Massimo D’Alema nel colloquio dell’altro giorno? «Abbiamo parlato di economia, dell’incredibile caso Marrazzo, della sua candidatura - che giudico eccellente - per la guida della politica estera europea. Quanto al Pd, mi ha garbatamente detto che ci sarebbe spazio per me, ma gli ho spiegato che questo non è il Pd che avrei voluto far nascere. Potremo collaborare da postazioni diverse, e ho fiducia che questo amplierà le forze». (Rutelli) (Marco Cianca, Corriere della Sera 31/10/2009)
Massimo D’Alema il più assente del Pd. (M.D.B., L’espresso, 5 novembre 2009)
«Oggi D’Alema è solo un notabile, uno degli ultimi bravi professionisti della politica, come potevano esserlo un tempo Amintore Fanfani o Arnaldo Forlani, ma ahimè soltanto quello. Per la gente comune, D’Alema è un politico con la P maiuscola, e come tale paga la repulsione per i politici di professione, spazzati via con la Prima Repubblica. Ha perso rispetto. Oggi che ai politici si chiede di avere una storia, D’Alema, pur essendo capace, ha un grandissimo limite: la sua vita non trascina la gente. Barack Obama è un film. Che film puoi tirare fuori da D’Alema?» (Gramellini) (Costanza Rizzacasa, ItaliaOggi 24/11/2009)
Matteo Orfini, 35 anni, erede di Massimo D’Alema. Ha un gatto rosso che si chiama Tango. Tifa per il Milan e si diletta ai fornelli sperimentando l’asiatico etno-fusion, specialità l’anatra. Come D’Alema, anche Orfini non si è laureato fermandosi alla tesi. Studiava da archeologo: "Ho deciso di ricominciare a occuparmi di sinistra. Perciò ho scelto un archeologo", pare abbia detto di lui D’Alema. Come D’Alema abita a Roma, quartiere Prati dove è nato nel 1974 da una giornalista-fotografa, Franca De Bartolomeis, e da un regista e produttore, Mario. (Carlo Puca, Panorama, 10 dicembre 2009)
A Massimo l’organizzazione, a Walter la comunicazione. Per trent’anni, fin dai tempi della Fgci, è stato così: D’Alema si occupava dell’hard power, Veltroni dell’immateriale. Quando i due giovani leoni furono chiamati alla direzione de ’l’Unità’, D’Alema la visse come un noioso esilio, Veltroni come un trampolino di lancio. (L’Espresso, 22 dicembre 2009).
Lo ha provato sulla sua pelle, nei giorni scorsi, anche Massimo D’Alema il quale, dopo aver detto di essere disposto ad andare a vedere che carte ha, nel mazzo, Berlusconi, è stato subito accusato di inciucio, non solo da Tonino Di Pietro (questa è una reazione inevitabile come il calcio all’aria picchiando la rotula con il martelletto) ma anche dal mite (o non più?) Walter Veltroni e persino dall’inesistente Franceschini (Pierluigi Magnaschi, ItaliaOggi 23/12/2009)
Che dire di questo ritrattino di D’Alema fatto da Velardi? “Il leader è un narcisista, una persona totalmente autocentrata. Chi gli sta vicino deve evitare che esageri. D’Alema si lamentava perché alle 8.30 avevo letto i giornali e cominciavo a dargli addosso: “Hai sbagliato tutto. Hai fatto tutte cazzate. Ti stai fottendo”. (Luca Telese, il Fatto Quotidiano 31/12/2009)
Testimonianza di Gennaro Nunziante, autore dei testi e regista del film di Checco Zalone, il comico barese repentinamente assurto alla ribalta nazionale: "In qualunque conciliabolo si indica la mano magica di Massimo D’Alema. D’Alema è divenuto una presenza virtuale ma incombente, uno spirito ora divino e provvidenziale, ora demoniaco che disfa e uccide la speranza. E ciascuno si sente autorizzato a rivelare una sua confidenza, che ha i tratti dell’irreparabilità. ’Massimo ha detto che Vendola è finito’. Giunge, secondo i canoni di una perfetta piéce teatrale, il secondo amico e afferma, in modo altrettanto solenne: ’Massimo ha detto che Emiliano è out’". (Antonello Caporale, Repubblica 31/12/2009)
Massimo D’Alema: «Spregiudicato», dice Bettino di quest’ultimo, «ma più fragile di quel che appare». Racconta che D’Alema gli aveva mandato un biglietto d’auguri ma che non lo aveva firmato (Cose raccontate da Cossiga a proposito di Craxi nel «La passione e la politica», Rizzoli 2000) dagospia 19/1/2010
«D’Alema non ne ha indovinata una da quarant’anni, si presenta come il più esperto di tutti, in realtà le ha sempre sbagliate tutte». Giudizio che arricchisce con un stoccata: «Non ne indovina una da quando non finì il corso di laurea alla Normale. Da lì è stato un susseguirsi di errori». (Umberto Eco) (Jacopo Iacoboni per La Stampa 26/01/2010)
Dopo le primarie in Puglia, «il rapporto con D’Alema non è cambiato, è un rapporto amichevole, di stima e rispetto». E quale è la cosa che la convince di più di lui? «Che ci mette la faccia». E di meno? «Che ce la mette tutti i giorni». (Pierluigi Bersani) (Carlo Bertini, La Stampa 3/2/2010).
Da qualche tempo circola una battuta attribuita a Massimo D’Alema (che non ha bisogno di smentirla: è spiritosa): «Il problema del Pd, diciamo, è che i magistrati hanno ragione quando parlano di Berlusconi e Berlusconi ha ragione quando parla dei magistrati». (Alessandro De Nicola, Il Sole-24 Ore 7/3/2010).
Seguite la storia dell’Oak Fund e dei forzieri che Massimo D’Alema ha collocato all’estero. Così, prima vi fate quattro risate, poi vi rattristate pensando a quanto certo mondo sia refrattario alla serietà. La faccenda è tornata agli onori della cronaca perché, a Milano, è in corso una specie di farsa giudiziaria con al centro gli spioni che lavoravano per Telecom Italia. Il dilemma giudiziario è lo stesso che si conosceva fin dal primo giorno (7 anni fa): agivano per conto proprio o in ragione d’incarichi ricevuti dai vertici aziendali? Chiamato a deporre, Marco Tronchetti Provera è stato chiamato a deporre. Fra le altre cose, ha detto che Giuliano Tavaroli, capo della security, prima in Pirelli poi in Telecom, gli aveva parlato del misterioso Oak Fund, che gestiva quattrini riconducibili a D’Alema. Lui, Tronchetti, dice di avere dato una risposta ineccepibile: si rivolga alla procura della Repubblica. Solo che nessuno lo fece. Se si fossero rivolti alla procura, però, ci avrebbero rimediato una bella denuncia per calunnia, visto che il problema di quel fondo non è quello di contenere soldi di D’Alema. Un passo indietro, visto che credo di avere giocato un ruolo in questa faccenda. Siamo nel 1999, D’Alema è presidente del consiglio e, proprio all’inizio dell’anno, sponsorizza Roberto Colaninno, che lancia un’opa ostile contro Telecom Italia (guidata, anche allora,da Franco Bernabè). Guido Rossi, che di Telecom era stato presidente, usa parole feroci giungendo a dire che Palazzo Chigi era l’unica merchant bank nella quale non si parlava inglese. Scrissi: Rossi ha ragione, perché se parlassero l’inglese si sarebbero accorti che fra gli scalatori c’è un soggetto denominato Oak Fund, vale a dire “Fondo Quercia”, il che è singolare, visto che il capo del governo è anche il capo del partito della Quercia. Non solo non scrissi che in quel fondo c’erano i soldi di quel partito, ma neanche l’ho mai pensato. Da allora, invece, la cosa è data quasi per scontata. La tesi, insomma, che Tavaroli riferiva al suo principale. Dunque, uno scandalo inventato? No, lo scandalo c’è, ma è quello che denunciai del tutto inutilmente con le autorità di mercato che dormivano il sonno degli appagati: si consentì, in violazione delle regole, la scalata ad una multinazionale italiana, portata da una cordata i cui soggetti erano e sono ignoti, perché radicati in Lussemburgo, e da qui dispersi nei paradisi fiscali. Quello è il problema e quella è la responsabilità dell’allora presidente del Consiglio.Ma, come al solito, si pretende di far pagare delle presunte responsabilità penali, mentre si dimenticano quelle politiche. Ecco, allora, che la leggenda del Fondo Quercia prende forma. Alla leggenda abboccano tanti oppositori della sinistra con la stessa stupidità con cui abboccarono al conte Igor e ai suoi presunti conti correnti di Cicogna, Rospo eMortadella. Con la quale boiata s’oscurò, anche lì, lo scandalo vero: avere comprato Telekom Serbia da un genocida pagandolo in contanti. Tiriamo le somme: a. una multinazionale italiana è stata scalata e spolpata; b. il frutto della scorribanda è andato all’estero; c. lo scandalo evidente è stato occultato, ma, in compenso, ne sono stati inventati di ridicoli; d. Tronchetti Provera comprò Telecom all’estero, e la fece tornare italiana, non riuscendo, però, a tenerla in equilibrio; e. la società, creata con i soldi degli italiani, è oggi ridotta in macerie; f. i suoi soldi sono serviti anche a pagare un gruppo di voraci spioni; e. il processo relativo finirà in burletta. Questa storia la conoscono tutti, al punto che sanno ben valutare la nostra presunta classe dirigente (politica, industriale e finanziaria), e non ne hanno un concetto lusinghiero. La conoscono meno i cittadini. Forse, per ragioni d’educazione civica, è una storia che varrebbe la pena insegnare nelle scuole. (Davide Giacalone, Libero 12/3/2010)
So che inseguiva D’ Alema per averlo appreso da (Francesco) Maldarizzi che è un mio amico. Secondo me Tarantini ha conosciuto D’ Alema tramite (Roberto) De Santis». E ai magistrati che lo sollecitano su alcune circostanze risponde: «Escludo che durante la vacanza in Sardegna Tarantini abbia incontrato D’ Alema, escludo che in quei giorni abbia incontrato De Santis» (Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 20/03/2010)
Ieri, allora, il presidente del Copasir D´Alema ha chiesto chiarimenti al direttore degli 007 dell´Aise senza risparmiarsi una battuta. L´esperienza politica che ho (ha detto D´Alema alludendo al vecchio Pci, a lungo "spiato" dai servizi di allora), mi dà gli strumenti politici e culturali per capire se nei servizi le cose vanno oppure no. Incalzato dagli interventi dei membri Carmelo Briguglio (Pdl), Francesco Rutelli (Api), ed Ettore Rosato (Pd), D´Alema ha esortato il generale Santilli a esporre le attività dell´Aise nel territorio nazionale, passate ora - in forza della recente riforma sui servizi segreti - alla competenza dei servizi civili, l´Aisi, l´ex Sisde (Alberto Custodero, la Repubblica 30/04/2010)
Bertinotti è più ricco sia di D’Alema che di Rutelli: 187.650 euro contro - rispettivamente - 174.078 e 132.500. (fonti varie)
Il suo nome non lo pronuncia mai. Ma è inevitabile pensare a Carlo De Benedetti quando Massimo D’Alema, fresco reduce da un lungo viaggio in Brasile, attacca gli imprenditori di sinistra, definiti «berluschini», anzi «Berlusconi di serie B». Inevitabile, visto anche il recente attacco dell’editore di Repubblica e del Gruppo Espresso, che ha accusato l’ex premier di avere «ammazzato» il Pd, da «politico di professione». D’Alema la prende da lontano, in una di quelle che definisce «sedute spiritiche sul berlusconismo», si dilunga sul Bundestag, su Internet, sulle primarie, sull’Ungheria, incalzato da Lucia Annunziata e Paolo Serventi Longhi. Poi lascia cadere la sua zampata, nel bel mezzo di un discorso sul primato della politica.
D’Alema parla alla presentazione del libro «Il comico della politica», di Michele Prospero. E fa risalire alla perdita progressiva di peso della politica la forza crescente del berlusconismo. «La vittoria politica di Berlusconi non si spiega se non si parla della sua vittoria culturale: lui è figlio della storia del nostro paese, di una certa borghesia e le sue sono idee dominanti anche nella cultura della sinistra: l’esaltazione acritica della società civile, il disprezzo della politica». Ed eccoci a De Benedetti. Perché la «tendenza padronale e populista» di Berlusconi attecchisce anche a sinistra. De Benedetti, nel libro-intervista con Paolo Guzzanti, aveva detto che «Bersani e D’Alema stanno ammazzando il Pd». Aggiungendo, su quest’ultimo: «Credo che abbia fatto tantissimi errori e non capisce più la sua gente». Non solo: «Almeno Silvio ha fatto qualcosa ‘ aggiungeva ‘ D’Alema e quelli come lui non hanno fatto niente». (Alessandro Trocino, Corriere della Sera 18/05/2010)
«Un caso umano». Così Carlo De Benedetti ha replicato all’ex ministro che rispondendo alle critiche espresse dall’Ingegnere in un libro-intervista l’aveva definito un«Berlusconi di serie B, berluschino». L’editore di Repubblica aveva accusato D’Alema (ma anche Bersani) di «ammazzare il Pd» ma soprattutto all’ex ministro aveva dato fastidio essere bollato come uno che non ha fatto nulla nella vita. (Il Sole-24 Ore 19/5/2010)
Nel febbraio del ‘97 Massimo D’Alema - caldeggiando ‘Un canto’, la nuova composizione regalata da Ennio Morricone al congresso del Pds - disse che l’antica norma nello statuto del Pci sull’Inno era solo «un’indicazione, un consiglio. Poi anche questo è caduto. Oggi diciamo che c’è maggiore libertà di esecuzione di musiche».
Sta dicendo che Massimo D’alema ha una sua bellezza?
"Ha una sua croce. Se la porta addosso da anni cercando di spiegarci che non è vero che cercò accordi sulla Bicamerale o che fece cadere il governo Prodi. Ma ormai la croce è lì e nessuno gli crede. Insieme alla presunzione e all’ironia che non gli mancano, è un buon materiale per la narrazione romanzesca o cinematografica". (Paolo Sorrentino) (Stefania Rossini, L’espresso 24/6/2010).
LE SARDINE.
Nel ’94 davanti a un piatto di sardinem Umberto Bossi,Massimo D’Alema e Rocco Buttiglione siglano l’alleanza che farà cadere Berlusconi.
LA CROSTATA.
Nel ’97, a casa di Gianni Letta, Berlusconi, Fini, D’Alema e Franco Marini si accordano sulle riforme. il "patto della crostata".
LA SPIGOLA.
Nel 2008, primo "patto della spigola" tra Fini e D’Alema sul federalismo fiscale. Il secondo (2009) è tra Fini e Berlusconi sulla giustizia.
(Corriere della Sera, 12/7/2010)
O la scena di D´Alema, appagato ex figlio del Partito Comunista Italiano, ammesso a gustare lo storione affumicato tra le porcellane dell´Angiolillo, allorché «nel silenzio della Trinità dei Monti si sentì il fragore della caduta di un nuovo, piccolo, significativo muro di Berlino», come si può leggere in un Vespa d´antan. (Filippo Ceccarelli, la Repubblica 15/7/2010)
Libri:
D’ALEMA Massimo - Parole a vista. A cura di Enrico Ghezzi. Collaborazione di Vittrio Manigrasso. Bompiani, Milano 1998
Subur
ANDREOLI Marcella - Borrelli. Direttore d’orchestra. Indice dei nomi. Baldini&Castoldi, Milano 1998. Parla anche di:
Berlusconi, Di Pietro, Sgarbi, Cossiga, Scalfari e D’Alema
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GERVASO Roberto - Vi racconto io. A tu per tu con i protagonisti del Novecento. Mondadori, Milano 2009.
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VESPA Bruno - L’amore e il potere. Da Rachele a Veronica. Un secolo di storia italiana. Indice dei nomi. Mondadori, Milano 2007.
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GOMEZ Peter e TRAVAGLIO Marco - Onorevoli wanted. Storie sentenze e scandali di 25 pregiudicati, 26 imputati, 19 indagati e 12 miracolati «eletti» dal Popolo italiano. Il Parlamento è anche tuo aiutaci a tenerlo pulito. Prefazione di Beppe Grillo. Editori Riunti, Roma 2006.
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GERVASO Roberto - I destri. Da D’Annunzio a D’Alema. Bibliografia. Indice dei nomi. Mondadori, Milano 1998.
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TRAVAGLIO Marco - Ad Personam. 1994-2010. Così destra e sinistra hanno privatizzato la democrazia. Chiarelettere, Milano 2010.
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