Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 13/8/2010, pagina 72, 13 agosto 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
19 luglio 1933
L’altro fascista
Uno stormo di idrovolanti sorvola i grattacieli di Manhattan e atterra sulle acque del fiume Hudson, prima di concedersi un bagno di folla davvero oceanica. Un milione di newyorchesi si riversano lungo le strade per osannare Italo Balbo, il ministro-aviatore. Con particolare trasporto quelli di Little Italy, guidati nell’occasione dal nuovo campione del mondo dei pesi massimi, Primo Carnera. Decollata da Orbetello, la spedizione transatlantica ha consumato la sua prima apoteosi a Chicago, dove il sindaco ha intestato a Balbo la Settima Strada. Il coraggio e l’aspetto del gerarca ferrarese sembrano fatti apposta per colpire la fantasia degli americani, che ancora oggi chiamano «balbo» il pizzetto coi baffi. Al ritorno in patria il fascismo lo tratta come un console vittorioso dell’antica Roma, decretandogli il trionfo sotto l’Arco di Costantino. È lì che Mussolini consegna a Balbo il bastone di Maresciallo dell’Aria. Ed è lì che decide di toglierselo dai piedi.
Il Maresciallo sta diventando più popolare di lui. È giovane, bello e le sue imprese aviatorie hanno steso una patina di luce sopra il periodo fosco delle manganellate, di cui Balbo era stato prodigo dispensatore nell’Emilia dei primi anni Venti. Stratega della marcia su Roma, ha rivoluzionato l’Aeronautica (ma senza investire nelle portaerei, errore che l’Italia pagherà caro) e ora tutti sono convinti che Mussolini gli affiderà il comando delle Forze Armate. Invece a fine anno, la mazzata, ovvero la nomina a governatore della Libia. «Come l’ha presa?» chiede Mussolini allo spione che intercetta le telefonate dei gerarchi (usava già allora). «Ha detto a un amico di avere avuto da Voi l’alto onore di essere destinato alla Libia». E Mussolini: «Se ha detto "alto onore", significa che sapeva di avere il telefono sotto controllo…». Infatti Balbo in privato parla così: «Capito il padrone? Mi ha fatto dire che ho bisogno di riposarmi. Cose da pazzi. Ah, ma io in Libia non ci vado…». Poi naturalmente ci va, ma senza mai smettere di fare la fronda: è contrario alle leggi razziali, contrarissimo a Hitler. Lui, che ci è stato, intuisce che il futuro è l’America. Ma agli occhi di Mussolini il fatto che Balbo disprezzi i nazisti diventa un motivo di più per allearsi con loro. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale lo troverà al suo posto in Africa. Solo per pochi giorni: mentre sorvola l’Egitto in volo di ricognizione viene abbattuto dal fuoco amico. La moglie è convinta ci sia dietro la manona del Duce, ma il capo della contraerea liquida l’allusione come «una stupidaggine». Se Mussolini avesse voluto ucciderlo, lo avrebbe fatto prima. In guerra quelli come Balbo servono vivi.