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 2010  agosto 12 Giovedì calendario

STORIA D’ITALIA IN 150 DATE

24 aprile 1932
Telefoni bianchi
Nell’estate del 1942 al cinema Barberini di Roma si proietta la «prima» di un film appena presentato al festival di Venezia. C’è tutta la Roma elegante e un buon numero di agenti in borghese. Qualcuno getta nella sala due bombolette puzzolenti e subito si levano dalla platea voci tranquillizzanti: niente paura, non sono peti, sono petacci! La volgare bravata non proviene certo dall’antifascismo, ma dall’ambiente dei gerarchi mussoliniani che intendono deridere l’attrice principale del film, nome d’arte Miriam di San Servola, all’anagrafe Maria Petacci sorella di Claretta, l’amante del Duce. Il film è intitolato «Le vie del cuore». Diretto da un regista di buon nome, Camillo Mastrocinque, possiamo considerarlo la tomba della scuola dei «telefoni bianchi» o «ungherese», che si afferma nel cinema italiano a partire dal 1932. Due giovani di modesto ceto s’incontrano, si piacciono, s’innamorano, si fidanzano, superando equivoci, contrattempi, interferenze di donne fascinose e ricchi gentiluomini, e alla fine si sposano con un bell’avvenire davanti a sé. Quasi sempre in Ungheria, dove allora si pensava che potesse accadere di tutto, chissà perché. Pochi gli esterni, molti gli arredamenti art-déco carichi di vetrate, grandi scale ricurve, colonne, divani di raso, sotto il dominio di un telefono bianco, ben altra cosa del triste strumento nero appeso in corridoio nelle case dei piccoli borghesi. Su quel telefono fantasticano tutte le ragazze d’Italia, il che non toglie che da questo materiale di bocche a cuore, riccioli, fossette, mossette, un regista come Mario Camerini riesca a mettere insieme piccoli gioielli come «Gli uomini, che mascalzoni», «Grandi magazzini», il «Signor Max».
E in fondo di Camerini potrebbe essere la regia dell’incontro tra Mussolini e Claretta nell’aprile del 1932 (altre fonti lo spostano al settembre dell’anno successivo). La famiglia Petacci, sei persone, si dirige verso Ostia stipata in una Balilla. È superata da una rossa auto sportiva in cui viene riconosciuto Mussolini. Saluti e sbracciamenti. Il dittatore si ferma e scende a far conoscenza. Una settimana dopo cerca al telefono la bella Claretta, che da anni lo venera e gli manda poesie. Comincia una relazione segreta, però seguita passo passo dalla polizia, che indigna e preoccupa i collaboratori del Duce. Ma il clan Petacci non ha nessuna influenza politica. Cospicue mensilità passano nelle mani di Claretta che dovrebbe usarle per beneficenza e finiscono forse invece in una villa a Monte Mario, la «Camilluccia», dove tutti i Petacci si insediano felici. In camera di Claretta c’è un telefono con un lunghissimo filo, linea diretta con Palazzo Venezia. Il telefono è rosa.