Varie, 11 agosto 2010
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Kotova Nina
• Mosca (Russia) 1969. Violoncellista. Compositrice • «[...] affermatasi internazionalmente con le sue interpretazioni impetuose, poetiche, a volte pericolose [...] “Vengo da una famiglia di musicisti, tre generazioni di musicisti. A sette anni ho sentito il richiamo verso la musica e il violoncello. I miei amici giocavano, io ho passato anni a studiare. Ma mi sembra di avere una missione, quella di connettere le persone con la musica. E quando vedo gente di ogni tipo ed età entusiasmarsi per un violinista mi sento ripagata. La musica ci dà armonia e felicità. Porta un po’ di bellezza in questo mondo di follia [...] Sono nata in Unione Sovietica e sono cresciuta col desiderio di conoscere il mondo, portare in giro la mia musica e conoscere altri musicisti. Non c’era molta musica pop allora, solo cassette illegali. Tra i pochi artisti che conoscevo e ammiravo c’era Sting. Suonare con lui è stato un onore [...]”» (Lorenzo Soria, “L’espresso” 10/8/2006) • «[...] “Mio padre era un celebre contrabbassista. Morì in circostanze mai chiarite a 35 anni. C’era ancora l’Unione Sovietica. Il regime lo riteneva una testa calda. In realtà era un estroso, fuori dalle convenzioni, dava fastidio e veniva controllato. Abbiamo chiesto tante volte la ragione della sua morte, non ci hanno mai dato spiegazioni, di sicuro gli hanno rifiutato le cure mediche. Ero piccola, 13 anni. Avevo un solo desiderio: scappare. Preso il diploma, cinque anni più tardi, andai in Germania a Colonia da un’insegnante di musica russa. Ho sofferto la fame, non avevo casa e nemmeno lo strumento, ero una violoncellista senza violoncello, per un breve periodo me la cavai facendo la modella. Ma non era quello che volevo fare nella vita”. Di sentirsi una Cenerentola non se ne parla. “Nemmeno per scherzo — si inalbera —. La mia era una famiglia in vista, mio nonno fu un celebre scienziato, un altro parente ministro della Cultura. [...]”» (Valerio Cappelli, “Corriere della Sera” 12/8/2006) • «A beautiful mind adusa a pensieri profondi, un corpo statuario che l’ha imposta anche come modella, un volto da bambola incantevole e dolce che su una pelle di pesca emana una ludica vivacità infantile, Nina Kotova è un’ammirevole sintesi di come il talento possa accompagnarsi alla bellezza. Nata in una famiglia di musicisti da tre generazioni (il padre Ivan Kotov è stato un leggendario contrabbassista), la violoncellista russa ha debuttato come solista a 11 anni e, da allora, non si è mai più fermata sulla strada del successo: si è esibita alla Carnegie Hall, nella Great Hall del Conservatorio di Mosca, al Barbican Center e alla Wigmore Hall di Londra; ha suonato con le orchestre della Royal Philarmonic e Royal Opera House di Londra; ha conquistato i critici di mezzo mondo che ne hanno lodato “la potente energia espressiva unita a una completa maestria tecnica” e scritto che “Kotova è destinata alla gloria”. E, soprattutto, con il marito Barrett Wissmann (presidente della potentissima Img Artists), ha fondato nel 2003 il Tuscan Sun Festival, di cui è anche direttore artistico con la scrittrice Frances Mayes, autrice del bestseller Sotto il sole della Toscana. [...] “Mio padre ha influenzato la mia vita e continua a farlo [...] Il primo ricordo che ho di lui risale a quand’ero una bambina piccola piccola ed è molto forte: lo rivedo mentre suona sul palcoscenico del teatro a Mosca ed è anche il primo ricordo che ho di un concerto... È stato, a detta di tutti, un musicista straordinario, unico. Era un uomo molto bello, alto. Voleva che suonassi il basso, come lui, mentre io amavo di più il violoncello e il piano. Alla fine è stata mia madre, che è una matematica, a decidere. Era convinta che il mio strumento ideale sarebbe stato il violoncello: e ha visto giusto! Ma mio padre mi ha dato una lezione fondamentale [...] Mi ha insegnato che la musica, il suo studio, comporta una grande responsabilità. Se non sei pronto a dedicarti completamente a lei è inutile. È tempo perso. E così è stato fin da bambina, da adolescente. Ero una ragazzina alta, molto più sviluppata delle mie coetanee. Non sono mai stata una little girl! [...] Io sono fisicamente forte, e questo si riflette anche sul piano espressivo. Il violoncello per me è come un partner. Lo rispetto come tale non come uno strumento. È qualcosa di vivo. Se fosse un uomo, però, preferirei considerarlo un nonno per non fare ingelosire mio marito... [...]”» (Massimo Di Forti, “Il Messaggero” 13/8/2007).