Varie, 10 agosto 2010
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BinLaden Omar
• (Arabia Saudita) 14 giugno 1981. Uno dei 19 figli di Osama Bin Laden • «[...] Figlio della siriana Najwa Ghanem, Omar ha vissuto nel lusso, con il babbo, in Sudan e in Afghanistan, fino a poco [...] prima di un evento epocale non soltanto per la sua famiglia: il crollo delle torri gemelle, che lui ha visto alla tivù in Arabia Saudita. Risulta ai servizi segreti inglesi che il severo genitore avesse cercato di avviarlo alla sua stessa carriera, iscrivendolo a un campo di addestramento di Al Qaeda. Ma che abbia dovuto arrendersi di fronte all’evidenza: aveva generato un obiettore di coscienza. [...] Sposato dal 2006 con una [...] divorziata, di origine ebraica, ma convertita all’Islam, e il cui nome in Arabia Saudita è diventato Zaina Al-Sabah [...]» (Elisabetta Rosaspina, “Corriere della Sera” 5/11/2008) • «[...] quarto figlio maschio di Osama e, per sua stessa ammissione, suo erede designato, è il più ribelle dei membri della famiglia del leader di Al Qaeda [...] ragazzino [...] per conquistare l’affetto del padre, si ritagliò il ruolo di leader dei suoi 18 fra fratelli e sorelle. Divenendo così l’erede designato di quei grandi progetti a cui Osama lavorava da sempre. Fino al giorno, pochi mesi prima dell’11 settembre, in cui disse no, cambiando il suo destino: “Mio padre convocò tutti noi fratelli e ci disse che c’era un foglio in moschea. Tutti quelli di noi che volevano combattere per l’Islam e morire in suo nome dovevano scrivere il loro nome. Nessuno di noi espresse il suo interesse, a parte uno dei mie fratelli più giovani, che non sapeva neanche di cosa parlassimo. Fu uno shock”. Pochi mesi dopo, lo strappo si consumò definitivamente: “Volevo una vita normale, avere amici, andare a scuola: sin da adolescente avevo capito che la vita con mio padre non sarebbe mai stata quello che volevo. Tutto era sempre terribilmente serio con lui, tutto era una questione di vita o di morte. Gli chiesi di andare via, di raggiungere mia madre: all’inizio non voleva, alla fine mi disse solo che era una questione fra me e Dio”. Il sorriso enigmatico e la freddezza con cui lo salutò sono gli ultimi ricordi che Omar ha del padre. Pochi mesi dopo venne l’11 settembre, lo shock, il desiderio di negare tutto: che fosse colpa di suo padre, fosse lui la mente dietro quella strage. “L’ho sperato a lungo”, confessa [...] nega di avere qualche idea sul nascondiglio del padre: “Non lo so io e non lo sanno i miei fratelli e le mie sorelle. Chi dice di sapere dove si nasconde lo fa per scopi precisi, per i suoi interessi: si dicono molte cose strane quando si parla di lui [...] Anche se sapessi dove si trova non lo direi. È sempre mio padre: anche se non condivido le sue scelte continuo ad amarlo” [...] è diventato una sorta di personaggio pubblico, con tanto di intervista di copertina su Rolling Stone [...] Il cambiamento si deve al matrimonio con la chiacchierata Zaina, una donna inglese che ha quasi il doppio della sua età ed è già stata sposata diverse volte: i due si sono incontrati al Cairo e si sono sposati quasi subito. Da allora lei è la sua agente e la sua porta verso il mondo [...]» (Francesca Caferri, “la Repubblica” 16/5/2010) • «[...] Ho visto mio padre per l’ultima volta nel 2000 o nel 2001. Quando c’è stato l’attacco alle Torri ero in Arabia Saudita e ho provato una gran pena per tutte quelle vittime [...] Decisi allora di mollare il campo di addestramento militare al quale mio padre mi aveva destinato. Non avevo scelto di entrare in quel campo, ma trovai la forza di scappare e mio padre ne prese atto [...] Uccidere i civili è inaccettabile e i musulmani dovrebbero dirlo. Non credo nella guerra, ma mio padre non è un mostro. Ha un cuore molto tenero. Quando eravamo piccoli ci insegnava che la diversità religiosa è una ricchezza, in casa si parlava di Palestina, ma l’Occidente non era il diavolo [...] Nonostante il mio nome, in Europa sono sempre trattato con rispetto. [...]» (“La Stampa” 21/1/2008).