Varie, 9 agosto 2010
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Marx Reinhard
• Geseke (Germania) 21 settembre 1953. Vescovo di Monaco di Baviera • «[...] è professore di etica ed è noto per le sue prese di posizione polemiche su Iraq, riforme sociali, globalizzazione. [...]» (“La Stampa” 19/10/2008) • «[...] grande cultore di Bacco e tabacco, un fisico possente, un’oratoria sfavillante e maledettamente accattivante (dote che ha sapientemente usato a favore del suo proselitismo) [...] viene unanimemente ritenuto una delle menti più brillanti del cattolicesimo tedesco. Nomen est omen. Alla sua notorietà ha contribuito indubbiamente anche il cognome che porta. [...] È un uomo dei nostri tempi, uno dei prelati più gettonati nei talk show televisivi, e raramente si nega alla stampa. Al contempo però è uomo tra gli uomini, coltiva uno stretto rapporto con i fedeli. Scrivendo del suo viaggio [...] insieme ai vescovi tedeschi in Terra Santa, la Süddeutsche Zeitung annotava: “Con quel berretto per ripararsi dal sole più che un prelato faceva venire in mente un attempato fan dell’Harley Davidson”. Stessa impressione che fa probabilmente quando lo si vede tifare per il suo Borussia Dortmund, squadra alla quale è iscritto da una vita. Se da una parte è un amabile interlocutore, dall’altra non le manda certo a dire. Preferisce condurre le sue battaglie in prima persona. E il suo pallino sono da sempre le ingiustizie sociali. Nel 1988 si è laurato presso la facoltà cattolica di Teologia di Bochum con una tesi su “Una chiesa diversa. Possibilità e limiti di un’analisi sociologica”. È coautore dei due più importanti documenti sulla dottrina sociale della chiesa tedesca. E quello del 1997 pare aver avuto un effetto tutt’altro che secondario anche sulla politica nazionale. In quel documento ribadiva uno dei principi fondati della dottrina, e cioè l’assoluta precedenza del lavoro sul capitale. Un documento che, pur sottolineando la responsabilità di ognuno, era stato letto dalla Süddeutsche Zeitung come critica a Helmut Kohl (in quei tempi la disoccupazione, dovuta non solo a una congiuntura negativa ma anche alla riunificazione del paese, aveva assunto proporzioni mai conosciute). Poi ci fu il suo leggendario intervento nel 1998 a un congresso dei Verdi a Münster. In occasione di quella convention Marx si era adoperato affinché i rapporti tra il partito di Joschka Fischer e la chiesa si normalizzassero. Nelle elezioni che si tennero qualche mese dopo, il centro sinistra vinse, e Kohl dovette cedere, dopo 16 anni, il timone del paese. Se secondo Reinhard Marx al buon Dio non manca l’umorismo, anche lui ne è dotato a sufficienza. Le prime volte che si recò nell’ex Germania dell’est, iniziava così i suoi discorsi: “Avete atteso Marx per quarant’anni. Ora è arrivato ed è un sacerdote cattolico”. Ma tutto questo avvertiva il Tagespiegel nel novembre del 2007 i bavaresi, che da lì a poco l’avrebbero avuto come nuovo vescovo, non deve trarre in inganno: Marx non è proprio un pezzo di pane. Già perché sui precetti della chiesa il vescovo non scherza. Non ha studiato a Roma, la sua carriera l’ha costruita tutta in Germania eccetto un breve periodo a Parigi. Ma coltiva ottimi rapporti con il Vaticano. Anche lui è convinto che la chiesa debba trasmettere messaggi chiari ed inequivocabili, non correre dietro a ogni cambiamento sociale. “Chi sposa lo Zeitgeist il giorno dopo è vedovo” è la sua massima. Difende incondizionatamente l’istituto del celibato. Alla domanda della Bild Zeitung perché, vista la penuria di giovani che prendono i voti, la chiesa cattolica non l’abolisca risponde: “Non si tratta di una regola medievale che la chiesa si è inventata a un certo punto. Il celibato significa vivere appieno la vocazione di far propria la vita di Gesù. Gesù stesso dice, esiste questo modo di vivere e io ve lo consiglio. Il celibato costituisce una ricchezza enorme per la vita spirituale della chiesa cattolica e le ha permesso di sviluppare una forza straordinaria rispetto alle altre confessioni. Consente una mobilità continua e una disponibilità incondizionata a votare la propria esistenza interamente alla fede”. Sa che anche tra i fedeli ce ne sono sempre più che reputano queste posizioni superate, antiquate. Prima tra tutte quella che riguarda il divieto fatto ai divorziati di fare la comunione. Non nega il dato che migliaia di tedeschi hanno ormai voltato le spalle alla chiesa cattolica. Lui stesso vede che è in atto un cambiamento epocale, non vi sono più società monoreligiose, e commenta: “Viviamo in un mondo in cui le possibilità sono diventate illimitate. E la libertà ammette che si possa anche dire liberamente no alla fede e alla chiesa”. Poi però ricorda le parole di Giovanni Paolo II: “In un mondo senza verità, finisce che anche alla libertà viene a mancare il proprio fondamento”. [...]» (Andrea Affaticati, “Il Foglio” 8/11/2008).