Carmen Llorca, Chiamatemi Evita, ed. Mursia, Milano 1984, pagg. 242, 9 agosto 2010
Maria Eva (Evita) Duarte de Peròn, Los Toldos 7 maggio 1919, Buenos Aires, 26 luglio 1952 • Figlia di Juana Ibarguren e di Juan Duarte, un fattore che viveva a Chivilcoy e che manteneva a Los Toldos un’altra famiglia formata da cinque figli illegittimi fra i quali l’ultima nata, Eva
Maria Eva (Evita) Duarte de Peròn, Los Toldos 7 maggio 1919, Buenos Aires, 26 luglio 1952 • Figlia di Juana Ibarguren e di Juan Duarte, un fattore che viveva a Chivilcoy e che manteneva a Los Toldos un’altra famiglia formata da cinque figli illegittimi fra i quali l’ultima nata, Eva. I suoi fratelli: Blanca, Elisa, Juan ed Erminda • Nata nella tenuta La Union quando la madre aveva 32 anni e il padre 48. Juan era un conservatore che lavorava nella tenuta La Union mentre Juana era figlia di un carrettiere basco e di una levatrice • Il padre era sposato con Estela Grisolia, figlia dell’intendente di Chivilcoy • Cresciuta nella comunità basca di Los Toldos, il padre l’aveva visto in tutto un paio di volte quando morì nel 1926 in un incidente stradale • Eva aiutava la madre, ma giocava anche con gli altri bambini e soprattutto con la sorella Erminda e il fratello Juancito. Le piaceva arrampicarsi sugli alberi, recitare davanti a una invalida per rallegrarle l’esistenza, ecc. • Eva aveva un carattere ribelle e vitale, difficile da contenere per la mamma e i fratelli • Alla morte di Juan, Juana decide di trasferirsi a Junin. Ci riesce il 6 febbraio del 1931. La famiglia intera parte con il treno per la loro nuova casa. Eva aveva nove anni. Rimase a Junin per quattro anni, frequentava la scuola, che però marinava spesso. Voleva andare a Buenos Aires a fare l’attrice • Partì per Buenos Aires il 2 gennaio del 1935, non aveva ancora sedici anni, decisa a fare l’attrice. Arrivò solo con una povera valigia • Si trasferì in una pensioncina nel quartiere La Boca, la zona più misera di Buenos Aires e iniziò a lavorare a teatro, in parti secondarie. Dopo un paio di anni di stenti, riuscì ad ottenere dei contratti per recitare alcune pubblicità alla radio e fu scritturata per qualche piccola parte al cinema. Trascorse così gli anni fino al 1943 • Il 22 gennaio Eva partecipa alla festa del Luna Park, organizzata dal colonnello Juan Domingo Perón per raccogliere fondi dopo un terremoto devastante a San Juan. Il colonnello ha raccontato poi di aver ricevuto un gruppo di artisti, tra cui Eva, nel suo ufficio per chiedere loro che cosa avessero in mente riguardo agli aiuti da dare ai terremotati. Molti proposero di fare degli spettacoli e destinarne l’incasso ai terremotati. Solo Eva disse che non bisognava dare niente in cambio, perché, di fronte a un grave problema come quello, chi aveva soldi doveva darli senza aspettarsi niente. Il linguaggio di Eva era piaciuto a Perón, che le aveva chiesto di organizzare l’evento, e poi l’aveva assunta alla Segreteria del “Lavoro e della Presidenza” • I due iniziarono subito una storia d’amore ed Eva approfittò della sua nuova posizione per interpretare un film in un ruolo maggiore. Lei aveva 24 anni, Perón 48 • Eva, che lavorava alla Segreteria del “Lavoro e della Presidenza”, affrontava i sindacalisti, sfidava i comunisti e inseguiva a cartellate quelli che parlavano male di Perón • Intanto era diventata famosa alla radio, e usava il suo potere a favore di Perón, ormai vicepresidente della Repubblica • Il 17 ottobre del 1945 Eva guidò la manifestazione per la liberazione di Perón, arrestato per le sue attività contrarie agli interessi militari. Fu l’inizio della rivoluzione che portò Perón al potere • Il 9 dicembre del 1945 Eva e Perón si sposarono (per Perón si tratta del secondo matrimonio) • Fra Eva e Perón non esisteva l’amore come potrebbe intendersi in termini di passione romantica, fu invece la cortesia a caratterizzare il loro comportamento • Il 4 giugno del 1946 Perón prende il potere dopo aver vinto le elezioni • Entrando nella Casa Rosada, il 4 giugno del 1946, Eva ricevette da una signora dell’oligarchia argentina un mazzo di orchidee e l’invito a partecipare a una festa di aristocratici. Rifiutò con queste parole: «Non solo non disprezzo la nobiltà, bensì provo per essa il massimo rispetto perché, quando è ciò che deve essere, costituisce un esempio di servizio e di abnegazione che solo i migliori offrono al popolo. Tuttavia mio marito, il generale Perón, le cui idee condivido totalmente, è stato eletto dai lavoratori, presiede un governo di lavoratori ed è ai lavoratori, prima che a ogni altro, che dobbiamo, lui e io, tutta la nostra attenzione» • Eva, che quando entrò alla casa Rosada vestiva semplice, aveva un aspetto giovane e piacevole. Bella, con i capelli sciolti, senza ancora quelle complicate acconciature di riccioli che eliminerà al ritorno dal suo viaggio in Europa. Attraente anche se non brillante. La sua pelle aveva il colore dell’orchidea e le sue mani erano piccole. Riusciva simpatica alle masse perché poteva stare con loro senza stonare • «Che romanzo, la mia vita» (Eva citando Napoleone) • Perón mantenne per se il comando della Forze Armate, la direzione della diplomazia, la direzione dell’economia e la guida ideologica. Così lasciò ad Eva spazio negli altri settori. I due andavano al lavoro come se fossero dirigenti d’azienda. Eva andava a dormire molto tardi, dedicava al lavoro anche le ore del sonno. Si alzava comunque presto, andava alla Segreteria del “Lavoro e Previdenza” dove sbrigava le questioni coi dirigenti sindacali e incontrava i descamisados (i lavoratori che, accampati davanti al palazzo presidenziale in attesa del rientro dal confino del loro leader, Perón, per il troppo caldo si erano tolti giacca e camicia, contravvenendo alla norma di indossare sempre la giacca in strada). Faceva numerose visite e presenziava a inaugurazioni. Infine aveva luogo l’impressionante sfilata di poveri protetti dalla fondazione, sfilata che agli inizi si svolgeva nella stessa residenza presidenziale • Non andava ai concerti né a teatro. Per lei «i concerti erano il lavoro con gli operai» (Perón) • Nel 1947 Eva viene inviata in Europa per un viaggio di rappresentanza: passa prima per la Spagna, dove la accolgono come una regina, con manifestazioni di piazza e grande calore. Poi in Italia, Francia e Svizzera • Nel giugno del 1948 L’Opera di Aiuto Sociale Maria Eva Duarte de Perón divenne fondazione, e piano piano prese potere e denaro. Da lì Eva distribuiva di tutto ai poveri: «Evita al suo passaggio rilasciava mucchi di banconote, ceste di cibo, macchine per cucire, corredi da sposa, biciclette, scritture di terreni, bambole, contratti per gli artisti, biglietti ferroviari, posti letto in ospedale, libertà condizionali, borse di studio, nomine e tutto quanto riuscite a immaginare» (Sebreli) • «Era una creatura curiosa e accattivante, a metà strada fra l’esaltazione e la fredda determinazione, a volte si innalzava in voli di fede… a volte si abbassava al crudo realismo della sua terra, terra di obbrobrio e di miseria, dove va tendendo la mano a coloro che la fortuna ha abbandonato, sostenendo i deboli e garantendo assistenza agli anziani. Insomma, in una donna, l’umanità intera!» (Maurice Bedel su Le Monde) • Nella Fondazione non esistevano né una contabilità e un’amministrazione, né un libro delle entrate e delle uscite, perché Eva distribuiva i soldi senza contarli. Non si poteva programmare la sua volontà in un bilancio annuo: i fondi venivano erogati a seconda di ciò che Eva Perón reputava più urgente e sempre in accordo con le necessità dei descamisados o dei poveri in generale; per Eva insomma una richiesta di aiuto non poteva ammettere indugio o stime preventive. «Non c’è bisogno di un bilancio quando si ha un cuore» diceva • Eva, che era solita arrivare tardi a pranzi ed eventi, non si fece aspettare mai nemmeno un minuto alle cerimonie in cui era protagonista il popolo • «Noi non riceviamo il popolo come straccioni bensì in gran gala, come merita di essere accolto» (Eva sulla sua abitudine di indossare goielli e bei vestiti quando riceveva il popolo) • Quella volta che portò con sé l’Infanta Maria Cristina, figlia di Alfonso XIII, l’ex re di Spagna, a visitare le opere realizzate dalla fondazione. Maria Cristina, seguendo le abitudini del suo paese, si presentò vestita in modo semplice. Eva invece era, come al solito, molto elegante. L’Infanta si sentì quindi in dovere di spiegarle la ragione della sua scelta, dicendo che in Spagna i suoi genitori si recavano a simili cerimonie vestiti con semplicità. Eva le rispose: «Per questo hanno perso il trono» • Nel 1950 ci fu un pesante sciopero dei ferrovieri che bloccò Buenos Aires. Una delle forme di attuazione dello sciopero era questa: i ferrovieri, con le mogli e i figli, si stendevano sui binari per impedire che i treni, manovrati dai soldati, potessero circolare. Eva salì sul treno presidenziale e, priva di scorta, entrò lentamente nella Stazione Constitucion di Buenos Aires. Mano a mano che procedeva gli scioperanti si alzavano in piedi. Poi Eva scese e si avvicinò a quegli uomini e a quelle donne che conosceva benissimo per nome e per cognome e disse loro: «E tu, perché mi fai questo?» e riportò alla memoria di tutti quello che aveva fatto per loro. Aveva iniziato a parlare alle quattro e mezza. Alle sette lo sciopero era finito • «Io non valgo per ciò che ho fatto, non valgo per ciò a cui ho rinunciato, non valgo per ciò che sono né per ciò che ho. Io ho una sola cosa che vale, e ce l’ho nel mio cuore. Mi brucia nell’anima, mi duole nella carne e mi arde nei nervi: è l’amore per questo popolo e per Perón» (Eva nell’ultimo discorso pubblico, il 17 ottobre del 1951, anniversario della rivoluzione che aveva portato al potere Peròn) • «Non avevo allora (nel 1945, ndr) e non ho in questo momento nessun’altra ambizione se non quella che si dica, quando si scriverà il capitolo meraviglioso che sicuramente la storia dedicherà a Perón, che a fianco del generale c’era una donna che si impegnò a far arrivare al presidente le speranze del popolo, che egli trasformò poi in affascinante realtà, e che il popolo affettuosamente chiamava Evita» (Eva nell’agosto del 1951, in un discorso alla radio in cui annunciava di rinunciare alla candidatura a vicepresidente della Repubblica) • Eva, che mangiava poco, aveva una pelle trasparente ed era di una magrezza spaventosa. Beveva parecchio matè e si riposava molto poco dalle sue innumerevoli fatiche. Iniziò ad ammalarsi già durante il suo viaggio in Europa, nel 1947, nel 1949 dovette interrompere i rapporti intimi con il marito a causa dei dolori che cominciava a sentire nella zona iliaca. Nel 1950 iniziarono i primi sintomi veramente allarmanti, con emorragie e svenimenti. Iniziarono le operazioni, ma Eva continuò a fare la sua vita di sempre • Le diagnosticarono poi un tumore all’utero, con metastasi ai polmoni. Eva morì il 26 luglio 1952, alle 8.30 di sera, nella residenza presidenziale. Pesava solo 33 chili. Fuori, la folla pregava per lei da ore • Eva, che raccomandò alla sua cameriera: «Quando sarò morta toglimi lo smalto rosso dalle unghie e lasciamele del loro colore naturale» • «C’è gente che vive solo per se stessa e che muore senza soffrire. Io ho vissuto sempre per gli altri e guardate la mia fine» (Eva, pochi giorni prima di morire) • Il corpo di Evita, imbalsamato, rimase esposto fino al 1955, quando il governo di Perón cadde.