Nicola Borzi, Plus24 7/8/2010;, 7 agosto 2010
LE BANCHE E I BOND «TAROCCATI»
Come tanti topolini ammaliati da promesse inconsistenti, i risparmiatori italiani seguono i pifferai di Hamelin che, agli sportelli e attraverso le reti dei promotori finanziari, millantano sino alle stelle la "qualità" di obbligazioni bancarie che sono invece prive di un reale appeal.
È l’immagine che emerge dalla relazione annuale della Consob
e dall’ultimo Quaderno di finanza della Commissione, dedicato a luglio all’analisi delle obbligazioni emesse dalle banche italiane nel biennio luglio 2007-giugno 2009, alle loro caratteristiche e ai rendimenti che offrono ai piccoli risparmiatori. Questi bond presentano profili di rischio emittente e di mercato superiori a quelli dei titoli di Stato di rating
analogo (ad esempio i classici BTp): nel 4% dei casi hanno un alto rischio di mercato e per un altro 17% medio. Di più: solo nel 9% delle emissioni (pari però al 30% circa in termini di valore) sono davvero liquidi. Eppure, a parità di altri fattori, rendono meno dei titoli di Stato italiani. Ma non basta, i loro rendimenti discriminano pesantemente le famiglie. Secondo la Consob «i rendimenti offerti agli investitori istituzionali sono superiori, rispetto a quelli offerti agli investitori retail, in media di circa 90 punti base per le obbligazioni a tasso fisso e di circa 100 punti base per le obbligazioni a tasso variabile». Effetto di pesanti commissioni (non sempre trasparenti) che a vario titolo vengono fatte pagare ai risparmiatori.
Q uale sia il senso di una simile politica commerciale è presto detto: poiché le banche italiane sono fra le più dipendenti al mondo dalla raccolta obbligazionaria, finanziata soprattutto attraverso i bond venduti ai risparmiatori, gli istituti hanno buon gioco nel far quadrare i propri conti economici grazie all’inesperienza della clientela. D’altronde le famiglie italiane investono in obbligazioni bancarie una quota significativa dei propri risparmi, molto più alta di quella dei risparmiatori degli altri paesi industrializzati. Per quanto ancora possa durare una simile generalizzata prassi di "avvelenamento dei pozzi" non è dato sapere. Prima o poi, però, la cuccagna potrebbe finire. Presto o tardi anche i risparmiatori italiani si faranno evoluti o, più semplicemente, saranno meglio consigliati, ad esempio da consulenti indipendenti. A quel punto, come taglialegna masochisti, le banche italiane si accorgeranno di aver segato il ramo sul quale erano sedute.
Ma sarà tardi.