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 2010  agosto 07 Sabato calendario

IL RIALZO DI WALL STREET È FORZATO

Si sarebbe tentati di bollare come assurda, quasi demenziale, questa corsa estiva delle borse e di Wall Street in particolar modo: tutta costruita contro i fondamentali dell’economia che, quanto meno negli Stati Uniti, stanno sensibilmente peggiorando. Ma tanta presunta irrazionalità dei mercati può durare una settimana o poco più, non oltre un mese come è avvenuto. Forse c’è dell’altro che spiega l’esuberanza di Wall Street. Forse c’è un disegno nella mente dei trader che con metodo, dopo il 2 luglio, hanno costruito un rialzo che ha toccato un massimo di oltre il 10% mercoledì (quasi l’11% per lo Stoxx).
Torniamo indietro di circa un mese, quando negli Usa dilaga la paura del double dip (la doppia recessione), gli economisti tagliano le stime di crescita del Pil e persino la Fed è costretta ad ammettere che le cose non stanno andando come si sperava. È in quel periodo che gli
strategist delle banche d’affari riducono sensibilmente gli obiettivi dell’indice S&P immaginati per fine anno.
Non era un grande sforzo concettuale il loro: s’erano messi in mente che la borsa sarebbe cresciuta fino a 1.350- 1.400 punti,perché l’indice era oltre i 1.200 a metà aprile. Ma il 2 luglio era caduto poco sopra mille, il livello più basso dall’agosto-settembre 2009: cosicchè non sembrava improprio fissarlo a 1.150 (come fece Ubs) o attorno a 1.200, come stimavano i 52 gestori e strategist al servizio dei maggiori broker intervistati a fine giugno da Reuters.
Mercoledì l’S&P aveva quasi raggiunto l’obiettivo e attorno a quei livelli sarebbe rimasto se non fosse capitato il mezzo scivolone di ieri: di fatto il primo in un mese e pressoché l’unica volta in cui Wall Streets’è coordinata con dati macroeconomici peggiori del previsto, come quasi sempre è successo da giugno.
Anche lunedì, quando l’indice era volato di quasi il 2%, la borsa fingeva d’essere in sintonia con l’indice manifatturiero (Ism)sceso un po’ meno del previsto. Era un pretesto, perché quell’indicatore avrebbe dovuto segnalare un ulteriore allarme, visto che tutte le voci più importanti, tra cui i nuovi ordini, erano in netto calo e a crescere erano state solo le scorte: non propriamente un buon segno se si prospetta un rallentamento economico. Martedì Wall Street perdeva appena lo 0,5% dopo aver visto languire i consumi, congelati i redditi, scendere ai minimi degli ultimi 30 anni i preliminari di vendita di case e rivisti al ribasso gli ordini di beni durevoli, la cui crescita era stata celebrata nella precedente settimana.
Mercoledì è salita, perché l’attività dei servizi era scesa meno delle attese. Giovedì (-0,1%) ha completamente ignorato le accresciute richieste di sussidi di disoccupazione, ma venerdì ha dovuto arrendersi, vedendo che a luglio l’America aveva perso altri 231mila posti di lavoro, più del mese precedente e più del doppio delle attese.
Si potrebbe supporre che Wall Street, nella sua esuberanza, stia cercando di anticipare un futura e ipotetica accelerazione della crescita economica, ma il mercato obbligazionario segnala un diverso scenario: i rendimenti dei Treasury decennali sono caduti al 2,82%, come ai tempi della recessione, e quelli dei T-Bill a due anni, influenzabili dai tassi Fed, allo 0,51% sono ai minimi assoluti. Se si sovrappone la curva dell’indice di borsa a quella dei rendimenti obbligazionari, si ha chiara l’idea dell’apparente dissociazione di Wall Street dall’economia reale. A patto che non si voglia immaginare una diversa ragione in questo comportamento. E forse c’è davvero.
Alcuni grandi trader (non investitori) starebbero forzando al rialzo Wall Street con l’intento di costringere gli investitori finali (fondi ed hedge fund) a entrare sul mercato. Con la borsa salita del 10% in un mese, sarebbe difficile per questi ultimi spiegare ai loro clienti perché hanno fatto peggio dell’indice.Per ora il gioco sta funzionando e lo dimostra l’incredibile recupero nel finale di ieri a Wall Street. In settimana l’S&P ha guadagnato lo 0,98% (+1,5% il Nasdaq) e lo Stoxx l’1,3% (+2% Parigi, +1,8% Francoforte, +1,4% Londra, +0,3% Milano).