Marco Mobili, Il Sole-24 Ore 7/8/2010;, 7 agosto 2010
LA LISTA VADUZ «VALE» 25 MILIONI
Dalla lista Vaduz il fisco italiano ha già incassato 25 milioni di euro. E potrebbe essere solo l’inizio. Il conto per le casse dell’erario è destinato certamente a crescere una volta che l’agenzia delle Entrate avrà chiuso anche le istruttorie sulle situazioni più complesse. Situazioni, e non sarà certo un caso, riferite ai contribuenti italiani per i quali gli investimenti e le attività detenute presso la Liechtenstein Global Trust Treuhand (Lgt), sono definite dalla stessa amministrazione finanziaria «di cospicua entità».
Così "a fari spenti" gli uomini delle Entrate hanno proseguito negli ultimi due anni la caccia ai cittadini italiani indicati nella cosiddetta "lista Liechtenstein" resa pubblica il 27 marzo 2008 con tanto di nomi, cognomi e relativi importi, dopo che la Procura di Roma aveva inviato le relative posizioni alle procure competenti territorialmente.
La lista, nata dai dati sottratti dall’ex dipendente della fondazione, Heinrich Kieber, e venduti alle autorità tedesche per cinque milioni di euro, non è la sola su cui, in realtà,l’amministrazione finanziaria e la Guardia di Finanza stanno svolgendo accertamenti e verifiche mirate. Alla lista Vaduz o Liechtenstein che dir si voglia si affiancano almeno altri tre elenchi ritenuti di particolare rilievo dal fisco italiano: la lista Pessina, quella Ubs e la più recente lista Falciani, dal nome dell’esperto informatico della filiale ginevrina della Hsbc che ha consegnato alle autorità francesi centinaia di migliaia di nomi e di cui i 7.000 con-tribuenti italiani sono ora passati al setaccio dai nuclei operativi della Guardia di Finanza.
L’amministrazione finanziaria, dunque, non ha mollato la presa sulla lista Vaduz. E questo nonostante le 37 Procure italiane che avevano preso in carico le differenti posizioni dei cittadini italiani si fossero viste costrette nella maggior parte dei casi ad archiviare (perché le posizioni erano prescritte in quanto relative a dati del 2002 o perchè gli elementi erano stati acquisiti irritualmente) i procedimenti per omessa e infedele denuncia dei redditi.
Sono finiti comunque nel mirino delle Entrate circa 200 soggetti sospettati di detenere illecitamente, per il tramite di società o enti esteri (in particolare trust), attività o investimenti all’estero complessivamente pari a oltre un miliardo di euro. La lista conteneva, in realtà oltre 390 nominativi, ma dai riscontri effettuati molti di questi non sono risultati titolari di rapporti finanziari all’estero, bensì beneficiari solo eventuali nell’ambito di trust.Come dire che comunque non si commette alcuna violazione se si detiene una posizione all’estero purché la si dichiari al fisco.
Dei 200 contribuenti sottoposti a controllo dagli uomini di Befera – di cui almeno 100 hanno domicilio fiscale in Lombardia – circa un terzo ha utilizzato lo scudo del 2001 o l’ha scampata (inminima parte) perché i dati raccolti non sono stati ritenuti sufficienti. A ricevere un atto di accertamento sono stati già 100, mentre le restanti posizioni sono oggetto di indagini fiscali approfondite anche su profili ulteriori rispetto all’esistenza di cospicue disponibilità all’estero. Tirando le somme, al netto degli scudi, delle posizioni corrette e delle istruttorie da chiudere, i redditi accertati e non dichiarati al fisco italiano sono più di 170 milioni di euro, mentre le somme contestate per omesso pagamento di imposte superano i 70 milioni di euro. Oltre la metà dei contribuenti accertati ha già definito la propria posizione versando al fisco, come detto, 25 milioni milioni di euro. Per arrivare almeno ai 70 milioni fatti emergere bisognerà attendere i contenziosi instaurati dalla restante parte di contribuenti accertati. Ma per tirare definitivamente le somme sarà necessario chiudere le istruttorie sulle situazioni più complesse ed economicamente più rilevanti. La caccia continua.