Sissi Bellomo, Il Sole-24 Ore 7/8/2010;, 7 agosto 2010
DISDETTE LE PRIME CONSEGNE DI GRANO
Indietro tutta. Le quotazioni del frumento –pur restando vicine ai massimi biennali – hanno cancellato completamente il forte rialzo messo a segno il giorno precedente, in reazione allo choc provocato dal divieto di esportazione di cereali dalla Russia. Al Chicago Board of Trade, dove i prezzi sono costretti entro una banda di oscillazione, giovedì il frumento era salito fino al massimo consentito. Ieri è stata la discesa ad essere frenata dal "limit down" a 725,75 cents per bushel, pari a un calo del 7,4% (il tetto, ha fatto sapere il Cbot, da lunedì sarà ampliato da 60 a 90 cents di guadagno o perdita massima).
Anche a Parigi, all’Euronext, la marcia indietro è stata totale: il frumento per consegna novembre ha chiuso a 209,50 euro per tonnellata, dopo una seduta mol-to volatile, in cui l’ipotesi di un’alleggerimento del bando russo si è scontrata con il timore dell’adozione di misure analoghe in Ucraina e Kazakhstan.
Ad aprire uno spiraglio sulle intenzioni di Mosca è stato il vicepremier Igor Shuvalov: «Quando avremo concluso il raccolto, valuteremo se c’è il potenziale per esportare e a quel punto torneremo a onorare i contratti di ordinazione». Un’altra fonte governativa anonima, citata dalla Reuters, ha ulteriormente chiarito che la decisione «se prorogare o cancellare il bando all’export» sarà presa dopo il 1? ottobre. Nel frattempo, il suggerimento ai clienti è di rifornirsi dal Kazakhstan: «Tanto negli ordini di solito si fa riferimento a una provenienza dall’area Cis».
In realtà molti trader temono che anche Astana possa restringere le esportazioni. Più difficile è invece che una simile mossa sia adottata dall’Ucraina,un altro paese duramente colpito dalla siccità, che tuttavia è membro dell’Organizzazione mondiale per il commercio. Kiev sta comunque già aggirando le regole internazionali, rallentando il passaggio dei carichi di grano oltre frontiera con meticolosi – ma legali – controlli della qualità. Tanto zelo, secondo gli analisti di UkrAgrConsult, in luglio ha ridotto del 64% le esportazioni rispetto a un anno prima.
Intanto sul mercato comincia a girare voce delle prime cancellazioni di carichi dalla Russia, per cause di forza maggiore: il Bangladesh a quanto pare ha appena dovuto rinunciare per questo motivo a 65mila tonnellate di frumento. Altre 200mila che gli erano state promesse – ma non ancora vendute – dall’India, verranno sostituite con riso: l’ha deciso il governo di New Delhi, evidentemente preoccupato che il paese possa sperimentare carenze, nonostante l’enorme quantità di scorte strategiche accumulate dopo la crisi del 2008: quasi 34 milioni di tonnellate nel caso del grano – il doppio rispetto alle prescrizioni di legge – e più di 24 milioni nel caso del riso, contro un livello minimo fissato a 9,8 milioni.
Segnali preoccupanti, alla luce di quanto è accaduto due anni fa, quando ad esacerbare la crisi alimentare contribuirono in misura decisiva una catena di misure protezionistiche adottate dai governi (India in testa, che non ha ancora revocato del tutto le barriere all’export).
«In questa fase è troppo presto per fare paragoni con il 2007-2008», rassicura Ken Ash, direttore Commercio e Agricoltura dell’Ocse. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico al momento non prevede neppure di rivedere le stime su produzione e prezzi del frumento. Due anni fa a infiammarsi erano stati quasi tutti i mercati agricoli e anche il petrolio era arrivato nello stesso periodo a sfiorare 150 dollari al barile, accrescendo l’utilizzo di prodotti agricoli nell’industria dei biocombustibili. Oggi le tensioni sono più circoscritte, osserva Ash. «Probabile che quello che stiamo vedendo non sia influenzato dai fondamentali della domanda e dell’offerta, ma soltanto da aspettative di mercato».