Luisa Contri, ItaliaOggi 7/8/2010, 7 agosto 2010
BIOLOGICO DA !,5 MLD. MA È IN CALO
Il biologico muove in Italia circa 1,5 miliardi di euro, dei quali grossomodo 900 milioni sono riconducibili ai consumi domestici, cresciuti di un altro 7% lo scorso anno, secondo rilevazioni Ismea-AcNielsen. Le esportazioni si stima siano aumentate ancora del 10-15% sul 2008 e positivo è stato anche il trend del fuori casa, grazie al costante ampliamento dell’offerta. L’ettaraggio destinato a coltivazioni bio è tornato a crescere, raggiungendo 1,106 milioni di ha, secondo il Sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura biologica del Mipaaf. Ue e istituzioni nazionali non hanno fatto mancare fondi per sostenere il comparto (il solo piano d’azione nazionale per il biologico ha goduto dal 2005 a oggi di 35 milioni di finanziamenti) e altri fondi saranno messi a disposizione in autunno dai Psr.
Eppure Paolo Carnemolla, presidente di FederBio, la federazione italiana dell’agricoltura biologica e biodinamica che rappresenta il settore al Tavolo agroalimentare istituito dalla presidenza del Consiglio dei ministri, non vede rosa. Anzi è preoccupato.
«Nel 2009», dichiara a ItaliaOggi Carnemolla, «il numero delle aziende che fanno agricoltura biologica è calato di circa il 3,5%». Un calo che il presidente di FederBio addebita anche alla mancanza in Italia di una strategia condivisa fra stato centrale e regioni sul biologico. Una politica che consenta alle aziende del settore di svilupparsi e d’organizzarsi, per poter dare il loro contribuito alla valorizzazione delle produzioni nazionali d’eccellenza. La maggior parte delle aziende italiane del bio, secondo Carnemolla, non è in grado oggi di dare una risposta adeguata alla domanda, pur consistente, proveniente da diversi mercati esteri, Stati Uniti in primis.
«Organizzare incontri B2B fra imprese del bio italiane e buyer esteri, come faremo alla prossima edizione del Sana di Bologna (in programma dal 9 al 12 settembre 2010), in collaborazione con BolognaFiere», riconosce lo stresso Carnemolla, «è un’azione utile ma non sufficiente. Occorrerebbe pensare a sviluppare tutta una serie di servizi per assistere le imprese nella fase d’internazionalizzazione. Compito che spetterebbe alle Camere di Commercio e ad altri enti pubblici come l’Ice o Buonitalia, oggi estremamente difficile da portare avanti vista l’assoluta incertezza del quadro istituzionale».
Carnemolla è altresì critico nei confronti della passione dimostrata dall’ex ministro dell’agricoltura, Luca Zaia, per le filiere corte e i farmer market. «Una risposta parziale», sostiene Carnemolla, «che non ha tenuto conto del fatto che queste filiere rappresentano non più del 20-5% degli operatori del biologico, un settore fatto anche da aziende di livello nazionale». Né condivide l’impianto della nuova normativa sulle rotazioni colturali nel biologico varata dal Mipaaf a fine 2009. «Una regolamentazione che vincola la libertà d’impresa senza dare benefici ad alcuno», afferma Carnemolla, «e che finirà soltanto per penalizzare gli agricoltori italiani, in particolare i produttori d’ortofrutta, rispetto ai colleghi europei».
Altro motivo di preoccupazione per FederBio è l’imminente varo dell’area di libero scambio nel Mediterraneo. «Rischia di trasformarsi in un boomerang per gli agricoltori biologici italiani», afferma Carnemolla. «Il nostro paese corre serio pericolo si trasformi in una base logistica per la distribuzione in Europa dei prodotti agricoli biologici dei paesi del Nord Africa, invece di consolidare la sua posizione di paese esportatore».