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 2010  agosto 07 Sabato calendario

Ode in memoria del telefonino annegato - Se non avete provato, non potete im­maginare come è doloroso assistere al­l’agonia e poi alla morte del telefonino per caduta in mare

Ode in memoria del telefonino annegato - Se non avete provato, non potete im­maginare come è doloroso assistere al­l’agonia e poi alla morte del telefonino per caduta in mare. È uno spettacolo toc­cante. A me è successo. In un caldo gior­no di mezza estate, la povera bestia ­mentre emetteva un cinguettio - cadde in una piccola pozza d’acqua salata che si nascondeva tra gli scogli. La raccolsi al volo, la crea­tura (scusatemi se la chia­mo al femminile ma conside­ro il cellulare la mia bambi­na), si fece paonazza ed eb­be solo il tempo di emettere un estremo saluto con una manina elettronica, poi stra­buzzò il display, passò velo­cemente in rassegna tutti i suoi programmi come acca­de nell’ora estrema del tra­passo e cominciò a tremare, tremare, come un essere vi­vente. Era la vibrazione di agonia; poi emise un suono che era come un rantolo e in­fine si fece scura. E non det­te più segni di vita. Provai con la respirazione bocca a bocca, provai a tirarle fuori l’anima, in forma di sim, e perfino a farle un massaggio cardiaco alla batteria. Nien­te, la creatura era ormai stec­chita, esanime. I cellulari so­no creature reumatiche, muoiono alla prima umidi­tà, il sale poi le uccide forse perché sono ipertese e han­no seri problemi alla circola­zione. Così vedendola or­mai immobile, le abbassai le palpebre a forma di cancel­le­tto e stetti un minuto di rac­coglimento davanti alla sua salma elettronica. Poi la ri­posi nella culla in cui l’ave­vo vista nascere, quando la comprai, così la sua custo­dia d’origine divenne la sua bara, e le rivolsi un estremo saluto, ricordando i bei tem­pi in cui la vivace bestiolina cinguettava, trillava, vibra­va. Fu una sorpresa commo­vente quando appresi dal ge­store telefonico che la crea­tura mi aveva lasciato in ere­dità anche un cospicuo patri­monio di conversazioni. Che cara, aveva messo da parte vari minuti di conver­sazione. Nel trigesimo ho ricordato con i suoi congiunti ed eredi i miei vent’anni di vita con i cellulari. Ricordo i primi ap­procci. Sembrava un’avven­tura di passaggio, comun­que un breve flirt, e invece si è rivelata una storia seria, un sodalizio intenso e dura­turo che ha sconvolto la mia vita e quella di tutti i miei co­noscenti. Con gli anni è cam­biato, si è rimpicciolito e molto dirozzato. I primi ap­procci furono guardinghi: era una pupona grossa che gonfiava la mia tasca peggio di un’ernia inguinale e squil­lava con una sirena isterica, con una luce lampeggiante che ti faceva sentire un’am­bulanza. Poi si raffinò, fino a somigliare ad una cozza, emette sibili gentili e ha per­fezionato la sua invadenza. Ora si è riallargato, e un po’ intozzito, ma capita con gli anni, in compenso ha impa­rato a fare tante cose. Ma sof­fre come una bestia da quan­do è sorto quel mostro, mez­zo telefono e mezza tv che è l’iPad. Visto che siamo in vena di confidenza vi confesso che anni fa ebbi una relazione con la segreteria del mio tele­fonino. È stata lei, ha comin­ciato lei. Ma andiamo con or­dine, attendere prego… Tut­to avvenne quando la signo­rina cambiò tono nei mes­saggi, passando dallo stile metallico e anonimo ad una voce più intima e personaliz­zata. I primi tempi sembra­va che rispondesse con voce stizzita, come se l’avessi im­portunata durante il sonno o mentre si faceva il bidet. Al­lora cominciai a immaginar­la spettinata e struccata, con un camicione da notte men­tre rispondeva al telefono e i capelli le lambivano le lab­bra. Il sospetto che la Signo­rina Tuttorecchi nutrisse qualche interesse per me prese corpo quando mi ac­corsi che era gelosa, i mes­saggi femminili non veniva­no mai memorizzati o soffri­vano di indebite intrusioni, le voci maschili no. Poi co­minciò a telefonarmi lei per confidarmi che c’erano mes­saggi non ascoltati. A volte mi faceva pure gli scherzi, perché non era vero, era so­lo una scusa per parlarmi. Finché un giorno avvenne il miracolo. Il telefonino co­minciò a squillare da spen­to: risposi spaventato. Era lei, la mia ragazza squillo e usava un linguaggio che mi parve confidenziale. Capii che mi amava, che voleva stupirmi con effetti speciali e mi controllava pure da spenta.Dopo quell’inciden­te la segreteria telefonica co­minciò a fare la sciantosa, lievemente allusiva o mina­toria nei messaggi; diventò possessiva, morbosa, mi chiamava anche a telefono spento. La mia ex moglie di­ventò gelosa di lei, e non escludo che sia stato per lei che poi ci separammo; allo­ra mi invitava a non fidarmi di lei, è una pocodibuono, si fa clonare da estranei e si fa intercettare da rozzi questu­rini. Ma la sua gelosia era per me la prova che non so­no malato d’immaginazio­ne; un giorno mi sorpresi mentre stavo ciucciandole l’antenna.A volte Trilli Cam­panellino cambiava perfino la prassi dell’ascolto: io in­vio il codice per ascoltare i messaggi e lei mi chiedeva di premere asterisco, che de­v’essere la sua zona eroge­na, una specie di capezzolo tecnologico. E poi voleva es­sere titillata sull’icona del te­lefonino, piuttosto equivo­ca, che sembra volteggiare su un pube. Non vi dico poi quando si accende il cancel­letto e mi dice di entrare nel menù; chiaro invito a cena con finale amoroso. Ora il te­lefonino ha molte più funzio­ni erotiche. Storie d’amore che nascono o finiscono per una telefonata, intercetta­zioni erotiche che cambia­no le sorti di un Paese, scene porno memorizzate sul tele­fonino, organi e seni conser­vati nell’archivio come una volta le foto dei bambini sul cruscotto con lo straziante ammonimento «non corre­re papà », più tanto sesso ora­le, nel senso di sesso parla­to, a distanza, magari visibi­le ma immateriale. Grazie a lei, la telefonina, io diventai otosessuale.