Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 7/8/2010, 7 agosto 2010
DA FINIRE
(Sul cds manca un pezzo) NELLE RISAIE DI CAVOUR LA SEMINA DELLA LEGA-
L’hanno trovata una mattina, la statua di Camillo Benso Conte di Cavour, senza testa. Gliel’avevano mozzata di netto. E portata via. Ladri, vandali, balordi… Poco importa. Uno sfregio. E non l’unico. Dalla casa di Leri, dove quella statua era a presidio della memoria, hanno portato via tutto. Le porte, gli affreschi, le tegole dei tetti. Hanno fatto a pezzi perfino la scala interna per rubare i gradini di marmo. Barbari.
Sanguina il cuore a entrare nel borgo di Leri, 25 chilometri da Vercelli, cuore della tenuta che Michele Benso comprò nel 1822 e dove il figlio Camillo sperimentò tecniche d’irrigazione d’avanguardia. Una devastazione. Non nella sgangherata periferia campana: nel «civilissimo» Piemonte. A dispetto di un vincolo della Soprintendenza. Tra i rovi che avvinghiano i muri, le tettoie pelate e le pareti a brandelli, resiste solo una targa che ricorda come a Leri il Conte «diede mirabile impulso alla coltivazione del riso».
Ce n’era dappertutto, un tempo, qui intorno. Riso per centinaia di ettari. Finché un giorno, a metà anni Ottanta, l’Enel decise che non c’era posto migliore per fare una centrale nucleare: la gemella di quella di Trino, a pochi chilometri. L’avrebbero chiamata «Trino 2», se fossero riusciti a costruirla. Ma in quello sciagurato aprile del 1986 arrivò Chernobyl, poi il referendum e la pratica fu archiviata. Al posto dell’impianto atomico si fece una più piccola centrale a gas e il resto fu abbandonato a se stesso: 166 ettari incolti per 25 anni. In una delle aree agricole più fertili del pianeta. Un delitto. Mentre Leri andava in malora. Compresa la casa di Cavour, dove l’ente elettrico aveva stabilito il quartier generale.
Tre anni fa l’Enel decide di sbarazzarsi di tutto: tranne, ovvio, la centrale. Il borgo di Leri con la casa di Cavour finisce per mille euro al Comune di Trino, allora amministrato dalla sinistra e oggi dalla destra del sindaco Marco Felisati, del Pdl. Che non ha ovviamente i soldi per restaurarlo e farlo rivivere. Così si fa avanti un potente risicoltore della zona. E’ Guglielmo Boggio Sella, discendente di Quintino Sella.
Il terreno invece va all’asta. Lo compra la «Agricola Trino». I cui responsabili, come riporta sulla «Stampa» Enrico De Maria, proclamano: «Quella è terra di riso ed è ciò che coltiveremo». Il prezzo è stracciato: un milione e 475 mila euro. Ottantotto centesimi al metro quadro. Quattro volte meno di quanto la società elettrica aveva pagato, stando a una interrogazione di Luigi Bobba, per espropriare l’area. Senza considerare i soldi spesi per le opere di urbanizzazione.
Ma non è finita. L’ultima puntata è di questi giorni. Nuovo passaggio di proprietà. Ad acquistare stavolta è la Agatos energia, costituita a luglio del 2008, cioè subito dopo che la Agricola Trino (a sua volta appena nata) aveva comprato dall’Enel. Ed ecco due sorprese. La prima è il prezzo: secondo il «Sole 24ore», 6 milioni e mezzo di euro, il quadruplo di quanto pagato dal precedente compratore alla compagnia elettrica. Ma la seconda è ancora più grossa: dietro la Agatos (coincidenza!) c’è la stessa Enel. Il nuovo acquirente, infatti, è uno dei concessionari della società elettrica e progetta di realizzare sulle risaie cavouriane il più grande impianto fotovoltaico d’Europa: 70 megawatt. Ettari ed ettari di pannelli solari. Un investimento di decine di milioni di euro, col probabile sostegno dell’Enel. Pronta a uscire allo scoperto entrando direttamente nella società quando ce ne saranno le condizioni. C’è già l’accordo.
Ricapitoliamo: l’Enel vende 160 ettari accanto a una sua centrale per meno di un milione e mezzo di euro a una società appena nata e un anno dopo una nuova società neonata e «cugina» ricompra tutto al quadruplo. Va da sé che anche ai meno maliziosi è tornato in mente il vecchio adagio di Andreotti: a pensar male si fa peccato, però...
Anche perché fra i due passaggi di mano è arrivato Berlusconi, col rilancio del nucleare. E c’è chi non riesce a scacciare il dubbio che il progetto del fotovoltaico non sia che il cavallo di Troia per far rinascere l’impianto atomico di «Trino 2». Prospettiva, va detto, nemmeno troppo invisa alle popolazioni vercellesi. Che col nucleare ci hanno solo guadagnato. Prima, quando c’era la centrale, con il lavoro. Poi, quando nel 1987 l’hanno spenta, con gli indennizzi. Al Comune di Trino spettano ancora 880 mila euro l’anno per l’uranio che ospita. Nel 2008 ha avuto gli arretrati: 4 milioni tondi. Saluggia, dov’è il deposito provvisorio delle scorie, di milioni ne ha avuti 5. Per non dire dei risarcimenti alla Provincia. Forse meno motivati ma altrettanto ricchi.
Scontata quella degli ambientalisti, la vera opposizione è degli agricoltori. Preoccupati non solo paesaggisticamente per la costruzione di un nuovo mostro di cemento in un territorio che già ospita due centrali elettriche oltre al cadavere del vecchio impianto atomico, quanto piuttosto per l’acqua che quello si berrebbe. Perché da Vercelli a Novara e fino a Pavia, il riso è oro. E senza l’acqua il riso non c’è.
«Il mare a quadretti» è uno degli spettacoli più belli che l’uomo abbia inscenato sul palcoscenico della natura. Nelle giornate serene di primavera le risaie allagate diventano azzurre. Poi è il verde scintillante dei campi di riso che illumina il cielo. E il verde diventa giallo, quindi ocra, e poi di nuovo marrone. Ma non è per lo spettacolo naturale che qui il riso se lo tengono così stretto. L’Italia è il primo produttore europeo. Nel 2010 sono stati coltivati 246.100 ettari: oltre metà del continente. Ben 110 mila sono a Novara e Vercelli. Dove devono dire grazie soprattutto a Cavour. Ideatore del canale che porta il suo nome: 85 chilometri che distribuiscono le acque del Po e della Dora Baltea nel «mare a quadretti». Una struttura imponente, realizzata per l’epoca con una velocità cinese. Ma che Camillo Benso non avrebbe mai visto: la costruzione fu iniziata dopo la sua morte, avvenuta (anche se qualcuno si è avventurato nell’ipotesi di un avvelenamento) a causa della malaria. Contratta anni prima proprio nelle risaie di casa.
Il canale non esisteva ancora nella primavera del 1859, quando l’esercito austriaco varcò la Sesia e dopo aver occupato Vercelli si mise in marcia verso Torino. Ma Cavour era ben consapevole di come l’acqua potesse essere determinante. Le risaie vennero allagate e il generale asburgico Ferencz Gyulaj fu costretto a interrompere