Cristiana Mangani, Il Messaggero 6/8/2010, 6 agosto 2010
«ORLANDI E GREGORI, STESSA MANO»: IL PM PUNTA AI BOSS DELLA MAGLIANA
Una stessa mano, uguali suggeritori ed esecutori: quasi trenta anni dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, la procura della Capitale è ormai praticamente certa che le due ragazze vennero sequestrate e fatte scomparire con un obiettivo comune. Troppe coincidenze, troppi personaggi che ritornano nelle indagini. E quando ieri nell’ufficio del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo è entrata Antonietta Gregori, sorella della ragazza sparita il 7 maggio del 1983 (46 giorni prima di Emanuela), si è fatta più concreta la sensazione che i pm siano vicini a qualcosa di molto importante. Nella stanza dell’aggiunto c’era anche il sostituto Simona Maisto che è rientrata dalle ferie proprio per questo atto istruttorio, il capo della squadra mobile Vittorio Rizzi, diversi poliziotti, e altri testimoni da interrogare, tutti amici e conoscenti di Mirella.
Capaldo ha mostrato loro delle foto, ha fatto sentire delle voci registrate su nastri e ha chiesto, soprattutto alla sorella, di ripetere ancora una volta cosa accadde nelle ore precedenti alla scomparsa. All’unica parente della studentessa romana rimasta in vita sono stati prelevati campioni per la verifica del Dna. Così come era stato fatto per i familiari della Orlandi e per quelli di Enrico De Pedis, il capo della Banda della Magliana, che le ultime indagini, vedono come il sequestratore di Emanuela. L’identificazione del codice genetico è legata alla necessità di esami di laboratorio che dovessero prospettarsi nel caso venissero trovati reperti o luoghi in cui la ragazza potrebbe essere stata tenuta prigioniera. Ma anche alla possibilità che le nuove indagini siano arrivate a individuare qualcuno che abbia fornito indicazioni su dove si trovi il corpo.
È un lavoro a incastro quello che il pm sta mettendo a punto da mesi. Parte dalla testimonianza di Sabrina Minardi, l’ex donna di “Renatino” che apre con le sue rivelazioni il nuovo fronte dell’inchiesta. Ci sono poi i testimoni, risentiti uno dopo l’altro, compresa quella che era la moglie “vera” di De Pedis, una distinta signora che ha ricordato vari particolari. Restano tracce di telefonate “anonime” e da quelle si ricomincia per altri riscontri, perché il primo a parlare di una mente comune per i due sequestri è stato il “Fronte liberazione turco anticristiana Turkesh”, che però sostiene che l’operazione fosse fatta per screditare il Pontefice e collegare il tutto al caso Calvi e al Banco Ambrosiano. Il secondo possibile collegamento è anche in una rivendicazione che viene inviata all’allora giudice istruttore Ilario Martella che indagava sul caso Orlandi. La lettera che il giudice conserva ancora, rivendica il rapimento della Orlandi e quello della Gregori insieme. Ma furono soprattutto le due famiglie a supporre per le sparizioni potessero essere collegate, tanto che si sono affidate allo stesso portavoce e avvocato. E qualche anno fa, a 25 anni di distanza dalla sparizione, hanno fatto affiggere sui muri della Capitale i manifesti in ricordo: le due ragazze insieme, una accanto all’altra.
I magistrati lasciano intuire che molto sta succedendo in questa vicenda, che i pochi esponenti della Banda della Magliana rimasti in vita cominciano a ricordare, che le facce tracciate negli identikit dell’epoca vengono riconosciute, così come le voci. Probabilmente tutto questo porterà a concludere che Mirella ed Emanuela sono morte, che gli assassini le hanno uccise per una “vendetta” contro il Vaticano. E sarà, forse, un nuovo grande dolore per chi non ha mai smesso di amarle e aspettarle, ma sarà anche il momento della pacificazione.