Gianmaria Pica, Il Riformista 3/8/2010, 3 agosto 2010
SOLDI SUGLI ALBERI TUTTE LE FRODI DEI FONDI AGRICOLI
Era il 2 luglio scorso quando il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, diede dei “cialtroni” ai governatori delle Regioni del Mezzogiorno, accusandoli di non saper utilizzare i fondi pubblici e quelli europei. Nei giorni scorsi il ministro ha spiegato che la parola “cialtroni” «era forse un po’ da conversazione». Ma la sostanza del suo giudizio non cambia e ha annunciato per l’autunno un cambiamento di rotta da parte del governo nelle politiche per il Mezzogiorno. La scorsa settimana il Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) ha operato una ricognizione sullo stato di utilizzo del Fas e delle risorse europee. Il ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto, ha definito «preoccupante» il quadro emerso: solo il 43 per cento del fondo Fas destinato agli anni 2000-2006 è stato utilizzato. Anche il capo del Tesoro è tornato sull’argomento: «Abbiamo iniziato con l’inventario dei flussi finanziari, i numeri indicano grandi capitali arrivati e pochi spesi e ora cerchiamo di iniziare una nuova politica per il Sud». Nell’idea tremontiana le risorse disponibili troveranno adeguate forme di impiego e «non saranno disperse in mille rivoli, come è avvenuto finora, ma concentrate su opere fondamentali per il Sud».
Mille rivoli, appunto. Ma quando si parla di fondi pubblici destinati alle Regioni, non si fa riferimento solo ai fondi Fas. Ma anche dei milioni di euro stanziati dall’Unione europea per tutelare i piani e le politiche che le amministrazioni locali italiane hanno messo in campo per salvaguardare il settore agricolo. Ed è proprio in questo settore che il “cialtronismo” di cui parla Tremonti si combina con il bizantinismo politico delle Regioni. I fondi ci sono e per ottenerne sempre di più, ecco che spuntano irregolarità e frodi. Soprattutto nel Mezzogiorno e «grazie al concorso e alla relativa responsabilità di funzionari».
Le frodi nelle Regioni
Secondo la Corte dei Conti, al 31 dicembre 2009, le frodi sui fondi Ue in materia agricola hanno superato i 320 milioni di euro. Una cifra enorme che deriva da truffe studiate per ottenere illecitamente i soldi stanziati dalla Comunità europea. Le Regioni in cui si sono riscontrate le maggiori irregolarità sono quelle del Mezzogiorno: tra frodi al Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo sociale europeo, Fondo europeo agricolo e allo Strumento finanziario di orientamento per la pesca, le amministrazioni del Sud devono recuperare complessivamente 93,5 milioni di euro. Seguono le Regioni del Nord (totale da recuperare 15,4 milioni) e quelle del Centro (8 milioni).
Il caso della Calabria
I giudici contabili - Francesca Apicella, Vincenza Cusmai e Domenico Tolomei, guidati dal magistrato istruttore Maria Teresa Polito - hanno riscontrato per la Regione Calabria, negli anni 2003-2009, 126 casi di irregolarità per un importo di oltre 30 milioni euro. Scrive la Corte dei Conti nella relazione: «Si rileva con preoccupazione che moltissimi sono i casi penalmente rilevanti e le cui modalità attuative indicano prassi caratterizzate da falsità documentali e da artifici e raggiri indirizzati all’ottenimento del beneficio e a dimostrare la fittizia presenza dei requisiti richiesti». In alcuni dei casi segnalati i comportamenti fraudolenti riguardano il medesimo soggetto per diverse annualità. Vediamo nel dettaglio le irregolarità riscontrate. Nel 2003, il primo anno di accertamento, quasi tutti i casi segnalati sono stati registrati nel settore della produzione dell’olio di oliva: i produttori-truffatori per ottenere gli aiuti dall’Ue hanno presentato dichiarazioni fittizie su quantitativi di olio mai prodotto, o comunque risultante non compatibile con le caratteristiche agronomiche delle piante dichiarate. Due anni dopo, nel 2005, sono state segnalate dalla Corte pratiche illegali tutte nell’ambito della trasformazione degli agrumi. Si tratta di irregolarità messe in atto con modalità fraudolente penalmente rilevanti: si riferiscono a utilizzazione e trasformazione fittizia dei prodotti. Nel 2006 è stata comunicata una sola irregolarità nel settore della trasformazione dei pomodori: anche in questo caso è stato dato vita a un procedimento giudiziario di natura penale. Più rilevante è la situazione comunicata nel 2007, dalla cui analisi emergono 35 casi di irregolarità: 24 concernenti le carni ovine-caprine e sei bovine; altre otto sono state riscontrate nel settore ortofrutticolo (trasformazione pomodori o agrumi) e tre nella produzione dell’olio d’oliva. Le irregolarità segnalate nel 2008 sono state individuate soprattutto nel settore della zootecnia (carni ovine e bovine per quindici casi), otto casi riscontrati nel settore ortofrutticolo della trasformazione dei pomodori e cinque rispettivamente nella produzione dell’olio di oliva e nello sviluppo rurale. Infine, lo scorso anno, la Corte dei Conti ha ricevuto 17 segnalazioni per un importo di spesa complessiva pari a 1,68 milioni di euro: il settore in cui sono state riscontrate le irregolarità è prevalentemente quello della zootecnia (bovino, ovino, caprino).
La Puglia non è da meno
Per la Regione Puglia, per gli anni che vanno dal 2003 al 2009, i casi di irregolarità riscontrati sono complessivamente 35 e per un importo di spesa irregolare di quasi 18,4 milioni di euro. Spesso si tratta di frodi penalmente rilevanti. Truffe messe in atto utilizzando o trasformando in modo fittizio i prodotti (nel settore della produzione di olio, il vitivinicolo, l’ortofrutticolo, i cereali e lo sviluppo rurale), al fine di conseguire fraudolentemente gli aiuti comunitari. Queste frodi hanno prodotto falsi contratti di affitto di fond e sulla base di questi hanno presentato consistenza aziendale fittizia, hanno prodotto falsi documenti di trasporto, false fatture e falsi certificati di consegna tutti confluiti nella domanda di aiuti comunitari presentata dall’organizzazione dei produttori di appartenenza ottenendone l’erogazione del relativo aiuto.
Sud cialtrone o ladrone?
Per i giudici contabili le irregolarità riscontrate nel Mezzogiorno d’Italia - sia per il numero dei casi di frodi segnalate (553), sia per gli importi da recuperare (quasi 123 milioni di euro, negli anni 2003-2009) - superano di gran lunga il 90 per cento delle irregolarità complessivamente segnalate in tutto il territorio nazionale. Le irregolarità comunicate si riferiscono a precedenti periodi di programmazione, in via prevalente alla programmazione 2000-2006 e in misura più ridotta alla programmazione 1994-1999 (circa il 18 per cento del totale). Secondo la Corte dei Conti, «l’esame della gestione ha messo in evidenza la carenza delle attività di controllo e l’affidamento diffuso del controllo di secondo livello a strutture esterne». Un controllo, quest’ultimo, che - seppur consentito dalla normativa comunitaria - andrebbe disciplinato da ogni amministrazione con precise direttive metodologiche, essenziali anche per individuare, o meglio «predeterminare» (come scrive la Corte), un campione dei soggetti da sottoporre al controllo: «Ciò ridurrebbe il rischio che il terzo possa venire a trovarsi in posizione di potenziale conflitto di interesse rispetto all’eventuale individuazione di irregolarità a carico di particolari beneficiari».
Infine, per la Corte dei Conti, in alcuni casi «l’attività si è resa possibile grazie al concorso e alla relativa responsabilità di funzionari che per omesso controllo o per false certificazioni di conformità». Funzionari (probabilmente corrotti) che hanno attestato la regolarità delle domande, dei progetti, dei lavori o il comportamento dei soggetti con compiti ispettivi che hanno falsificato documenti amministrativi al fine di eludere l’attività investigativa in corso.
Gianmaria Pica