Fabrizio Paladini, Panorama n.33 12/8/2010, 12 agosto 2010
QUELLE CASE SONO TUTTE ROBA MIA
Buongiorno dottor Gaucci, mentre lei si gode in vacanza il sole di Santo Domingo, lo sa cosa sta accadendo in Italia?
Paria di Fini che è andato via dal partito?
Per esempio...
Qualcosa mi hanno detto, ma purtroppo lui ascolta troppo il suocero... sì, vabbè, non è proprio il suocero, ma insomma ha capito di chi parlo.
Del padre di Elisabetta Tulliani?
Sì, lui fa il tuttologo ma non è proprio un grande statista e Gianfranco lo ascolta troppo e fa degli errori.
È cosi importante Sergio Tulliani?
Non è importante ma, sa, Gianfranco è innamorato e quindi ascolta molto, troppo, la famiglia di lei, stanno sempre insieme, vivono insieme. Nelle mie case, peraltro.
Ora ci arriviamo, Gaucci, ma andiamo con ordine» Perché ha citato in giudizio Elisabetta Tulliani, sua ex fidanzata?
Elisabetta ha detto troppe cose non vere. Ha sostenuto perfino che aveva vinto lei al Superenalotto e poi ne aveva regalato la metà a me, mamma mia, quanto è generosa.
Poi ci arriviamo, sia un po’ più ordinato. Lei, in un’altra intervista a «Panorama» del 2009, appena tornato dalla latitanza, aveva tessuto le lodi di Elisabetta Tulliani: «Gran donna, ci siamo amati tanto»... Che è successo in questo frattempo?
Mi hanno dato fastidio le sue menzogne, sembrava che fosse lei a foraggiare economicamente me e questo io non lo sopporto. Ma come, ho aiutato lei, il fratello, la madre, il padre, le ho intestato questo mondo e quell’altro e sarebbe lei ad aiutare me? Questo mi ha fatto incavolare.
Non è che lei è un berlusconiano acceso e attacca Tulliani per colpire Fini?
Guardi, detto che stando in questo paradiso tante cose della politica italiana nemmeno le so, io non ho mai attaccato Fini, anzi l’ho sempre apprezzato come politico.
Fini era suo amico?
Lui è stato corretto con me e io con lui. Certo, si è preso la mia ex fidanzata, ma a me che me ne importa? Se non era lui, sarebbe stato un altro.
Ma è vero che gliela presentò lei?
Certamente.
Come andò?
Ci eravamo già lasciati. Ero andato con Elisabetta a trovare Paolo Bonaiuti e all’uscita passa in via del Corso la macchina di Fini che mi vede dal finestrino e si ferma per salutarmi, bloccando tutto il traffico. «Ma chi è questa bella signora?» mi fa, e io gliela presento. Da allora è scattato un fulmine e si sono innamorati di un amore travolgente e io gli auguro che duri tantissimo e che siano felici davvero.
Perché la signora ha fatto cancellare da Youtube l’esilarante video con voi due nel castello di Torre Alfina?
Non lo so perché, con lei non parlo più. Le hanno riconosciuto una specie di diritto all’oblio, pare.
Compagna di scuola di suo figlio Alessandro?
Si, l’ho conosciuta cosi e poi, lo sa, da cosa nasce cosa, abbiamo cominciato a usare, poi ci siamo innamorati e siamo stati insieme come marito e moglie.
Ci sono 24 anni di differenza, perse proprio la testa?
Le ho dato tutto, sia a lei sia alla famiglia.
Che impressione le fecero i suoi?
Gente normale, il padre impiegato, vivevano dignitosamente.
Tutti dicevano: «Anvedi Gaucci con quella bionda»» Le faceva piacere?
Si, ero orgoglioso. Ma adesso non è che sto peggio perché ne ho una ancora più giovane (Jaaira, dominicana, 29 anni contro i suoi 71, ndr).
Elisabetta Tulliani era ricca di suo?
Non aveva proprietà né redditi.
Lei la inondava di regali...
Case, macchine, quadri, gioielli. E mica solo a lei, a tutti i Tulliani.
È vero che provò a candidare il padre di Elisabetta alle politiche del 2001 ed Elisabetta stessa alle europee del 2004?
Si, è vero, ma con Elisabetta la cosa non andò in porto. E la famosa vincita al Superenalotto come andò?
Eravamo usciti come al solito e quando rientriamo mi rendo conto che erano quasi le 20: «Ahò» le dico «devo giocare, mi accompagni?». Andiamo dal solito tabaccaio. La schedina, come tutte le volte, l’ho compilata io e L’ho pagata io. Pochi euro ma un bei colpo di fortuna: 5+1 uguale a 2,4 miliardi di lire. Ho preso i soldi, li ho messi nel mio conto corrente del Monte Paschi e, siccome sono generoso ed ero perso d’amore per lei, le ho regalato la metà.
Generoso sì...
Elisabetta ora dice che è stata lei a giocare e a vincere e che poi mi avrebbe dato la metà, come se a quell’epoca Luciano Gaucci avesse avuto bisogno dei soldi di Tulliani.
Poco dopo però Luciano Gaucci ha fatto un bel guaio con i soldi distratti al Perugia calcio, che ne ha fatto dei suoi beni?
Li ho lasciati a lei.
Per paura dei creditori?
Beh, insomma... i creditori. Era meglio lasciarli a qualcuno sicuro, in mani sicure, insomma.
Per poi riprenderli a tempesta passata?
Sarebbe stato apprezzato.
Ma lei le fece firmare una dichiarazione che attesta che la signora Tulliani era una prestanome?
Sì, ma l’ho persa, chissà dove è finita perché sono un gran disordinato.
Diciamo che la cessione di questi immobili era una specie di accantonamento?
Diciamo così.
Se questi beni tornassero nella sua disponibilità, i creditori si rifarebbero avanti?
Può succedere.
Quindi lei sta facendo una battaglia di principio?
Ma che so’ ’sti principi? Io sono arrabbiato perché la signora con cui sono stato tanto generoso adesso dice il contrario della verità. Aggiungo una cosa importante: se Elisabetta mi avesse detto: «Ok, le case ti appartengono e tè le restituisco perché è giusto cosi», io le avrei lasciato tranquillamente i quadri, le macchine e i gioielli.
Invece ha chiesto indietro tutto tranne i gioielli. Perché i gioielli no?
Perché quelli non si chiedono indietro, sono un frutto d’amore. E poi mi sa che porta anche sfortuna farseli restituire. In ogni caso lei deve dimostrare come ha avuto questi beni e come li ha pagati.
L’attico di via Sardegna a Roma fu il primo appartamento?
Sì, poi ne ha avuti di molto meglio. E poi il terreno nel Reatino, quello con immobili, e a Capranica Prenestina, le case dove vive con Fini, le automobili per tutta la famiglia, i quadri. Mamma mia, non mi ci faccia pensare.
Così fiducioso nei Tulliani che lei nominò il fratello Giancarlo presidente della Viterbese...
Mi piacerebbe andare a rivedere i bilanci di allora, le compravendite dei giocatori. Era un furbetto ma io non ero un cretino.
Perché secondo lei Elisabetta non le riconosce quanto era suo?
E che le posso fare? Mica le posso sparare. L’ho citata in giudizio vedremo come andrà. Certo la riconoscenza è merce rara, perché certa gente quando ha una cosa in mano se la vuole tenere, anche se non è sua.
Non lo fa per principio, non lo fa per vendetta: perché l’ha citata in giudizio?
Perché quello è un mio diritto. Dovrei stare zitto solo perché siamo stati fidanzati o perché ha un grande politico alle spalle? Io lo rispetto, ma proprio lui che parla tanto di legalità comprenderà i miei diritti sacrosanti.
Lei e Gianfranco non avete mai parlato di Elisabetta Tulliani?
No, no. Ma non parlo nemmeno più con Elisabetta.
Con il senno del poi, rivivrebbe la storia d’amore con lei?
Quelle sono cose passate. Finché siamo stati bene ne è valsa la pena. Io le ho voluto davvero bene, poi lei ha deciso di cambiare strada e io l’ho rispettata. Certo, mi viene da dire una piccola cattiveria.
Prego.
Beh, prima si è riempita la pancia e poi si è alzata da tavola.
Ma sempre col senno del poi, le intesterebbe ancora i suoi beni?
Assolutamente no, innamorato si, facile a credere nelle persone si, ma non sono mica uno stupido.
Dopo Veronica, Maira, Elisabetta, Francesca, Iris e Jaaira, non crede di avere una predisposizione a farsi rovinare dalle donne?
No, perché io con le donne ci sto bene finché dura, e poi ci salutiamo.
Oggi ha idea di quanto vale tutto quello che lei avrebbe dato a Elisabetta?
Forse 15 milioni di euro, forse 20. Ci avrei potuto comprare un’altra squadra di calcio.
Sia sincero, quante speranze ha di vincere la battaglia legale?
Non lo so, non sono la giustizia ma, come si dice in questi casi, ho fiducia nella magistratura. Poi vedremo, il tempo è galantuomo.
Quattro mesi e mezzo fa Luciano Gaucci ha avuto la settima figlia, Beatrice. Dice che i bambini gli piacciono e non esclude repliche. Ha patteggiato la bancarotta fraudolenta del Perugia calcio con tre anni di reclusione, non ha mai scontato un giorno di carcere (a differenza di suo fratello e dei suoi figli) perché si è rifugiato a Santo Domingo in attesa che i suoi bravi legali combinassero il puzzle. Oggi è un libero cittadino, tornato a vivere a Roma.