Emanuela Fiorentino, Panorama n.33 12/8/2010, 12 agosto 2010
UN TESORO DI DONNA
Se la contessa fosse ancora viva, correrebbe subito dal notaio a cambiare il testamento, glielo dico io». Roberto Buonasorte, finiano di ferro fino a pochi giorni fa e neo-eletto consigliere regionale della Destra nel Lazio, è arrabbiato con Fox leader di An, ma anche un po’ con se stesso. «L’ho seguito per 30 anni, sono stato l’unico consigliere missino di Monterotondo, organizzai io rincontro tra Gianfranco e Anna Maria Colleoni. Eravamo in quattro, quel giorno, lei gli manifestò l’intenzione di lasciare tutti i suoi beni ad An e Fini le disse, me lo ricordo come se fosse adesso: contessa, lei camperà fino a cent’anni!». Era il giugno del 1991, nel 1999 la nobildonna morì, due anni dopo avere messo nero su bianco le sue ultime volontà: donare beni mobili e immobili a Fini e al suo partito «come contributo per la buona battaglia».
Buonasorte, armato da Francesco Storace e grazie al supporto tecnico di un altro ex finiano, l’avvocato Marco Di Andrea (il quarto all’incontro con la signora), ha depositato una denuncia il 27 luglio alla stazione dei carabinieri di Monterotondo. «Per noi» dice Di Andrea, facendo riferimento all’ipotesi di truffa aggravata «c’è una condotta penalmente rilevante. Starà al pubblico ministero individuare gli autori del reato».
La querela contro ignoti («per avere con artifizi indotto in errore tutti gli attuali partiti e movimenti politici aventi causa dal disciolto partito di An») fa riferimento a tutti i protagonisti dell’affaire Monte-Carlo. Da Fini ai tutori dei beni del partito Angelo Pontone e Donato Lamorte, che seguirono da vicino la vicenda dell’immobile in cui abita Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, la compagna del neoleader di Futuro e libertà. Con un’offerta di 1,5 milioni, venduto a 300 mila euro e transitato per due società offshore, il tormentato andirivieni dell’appartamento di boulevard Princesse Charlotte numero 14 non è stato ancora spiegato dagli ex vertici di An. Non parla Fini, non parla il suo avvocato Giulia Bongiomo (se non per preannunciare querele) e tace anche Tulliani. Risultato, nessuno sa perché, come dice Storace, «tra 6 miliardi di uomini, proprio al cognato di Fini doveva capitare di abitare Fi», ne, soprattutto, quanto sia il canone d’affitto pattuito con i proprietari.
Sul tavolo del procuratore di Roma Giovanni Ferrara la denuncia è arrivata già lunedì 2 agosto. E mentre emerge un quadro piuttosto intricato di società nel Mar dei Caraibi che si sono rimpallate l’immobile (vedere lo schema a sinistra), il magistrato potrebbe decidere di aprire un fascicolo contro ignoti oppure di iscrivere qualche nome a «modello 21», cioè nel registro degli indagati. Nel caso in cui Fini venisse coinvolto, il suo percorso giudiziario seguirebbe la via ordinaria, senza scudi processuali, anche perché i presunti reati sarebbero stati commessi non nel suo ruolo di terza carica dello Stato.
Gli intimi parlano, in questi giorni, di un Gianfranco Fini più furioso che preoccupato. Lo strappo politico è una cosa, la vita privata un’altra. E da un po’ di anni non si perde occasione, soprattutto negli ambienti di destra, per mettere al centro di ogni «questione di opportunità» a lui legata sempre lo stesso cognome: Tulliani. Bella, intelligente tosta; la vita della bionda Elisabetta così come la storia della sua famiglia sono state passate al setaccio facendo puntualmente innervosire il primo inquilino di Montecitorio e innescando ogni volta attriti tra lui e Silvio Berlusconi. Diploma al liceo linguistico Nazzareno di Roma, laurea in giurisprudenza, padre funzionario Enel e madre casalinga: tra il 1997 e il 2004, è noto, Elisabetta ha vissuto all’ombra di Luciano Gaucci. Lui la nomina presidente della Sambenedettese Caldo e consigliere di amministrazione del Perugia, non ancora fallite. Fa spazio (proprio) al fratello Giancarlo alla Sambenedettese e alla Viterbese (a 22 anni, nel 1999, il ragazzo entra nel cda, a 23 è già vicepresidente esecutivo). Si da da fare alle politiche del 2001 per candidare il padre, Sergio Tulliani, nel collegio di Viterbo nord. E nel 2004 prova anche a trovare un posto in lista alla fidanzata per le europee con Forza Italia.
Fotogramma: Luciano ed Elisabetta fanno anticamera nell’ufficio di Sandro Bondi, in via dell’Umiltà a Roma (vice era Fabrizio Cicchitto). Bondi li fa entrare, li ascolta, sorride e li congeda. Confida un testimone: «Probabilmente non disse nemmeno nulla al Cavaliere». Tulliani, infatti, non viene candidata e di lì a poco la sua storia con Gaucci arriva al capolinea.
Qui inizia la fase della rimozione sentimentale di lei. E delle liti giudiziarie di tutti e due. Elisabetta, ex showgirl iscritta all’Ordine degli avvocati, si dedica alla cura del suo patrimonio. Case, terreni e quadri comprati, dice, grazie a una vincita al Superenalotto di 2,2 miliardi (metà la trattenne e l’altra metà, fanno sapere i suoi legali, la affidò a Gaucci con l’incarico «di provvedere a gestirla in proficui investimenti»). La versione di Gaucci (vedere intervista a pagina 60) è opposta. Anzitutto sostiene di essere stato lui, nel 2000, a spuntare una vinata record dopo la giocata in una tabaccheria romana del centro. Ora rivuole tutto indietro, tranne i gioielli, perché giura di avere intestato a Elisabetta un mezzo tesoro, del valore di circa 20 milioni di euro, prima di fallire e di volare a Santo Domingo.
Si legge nell’atto di citazione dei legali dell’ex patron del Perugia presentato al Tribunale di Roma: «Verso la fine degli anni Novanta, quando la relazione sentimentale tra Gaucci e Tulliani si presentava piuttosto solida, le condizioni economiche di Gaucci cominciavano invece a indebolirsi e a traballare ed egli iniziava a sentire odore di crisi». Fu così che «per salvaguardare parzialmente il proprio patrimonio, contando appunto sulla solidità del rapporto di amore e di fiducia che allora lo legava alla signorina Tulliani, Gaucci decideva di mettere al riparo alcuni dei propri risparmi investendoli nell’acquisto di svariati quadri di valore e anche di beni immobili, affidandoli e intestandoli a Elisabetta Tulliani e ai suoi familiari o società all’uopo costituite con gli stessi familiari della Tulliani, senza minimamente pensare all’ipotesi di poter essere, in futuro, "fregato" dalla sua fidanzata».
Macché, tutte fandonie, replicano gli avvocati di lei: «I beni mobili e immobili indicati nell’atto di citazione sono stati acquistati con denaro proprio della Tulliani e della sua famiglia».
Di certo, da allora, l’interessata ha iniziato un percorso di cancellazione del ricordo dell’ingombrante (in tutti i sensi) ex. Perché?, si sono sempre chiesti tutti. La statura morale e fisica di un Gaucci non può certo competere con quella del presidente della Camera. Ma da qui a rinnegare un passato di romanticherie, regali milionari e affetto vero ce ne vuole. Fatto sta che, dall’unione con Fini in poi, ogni accostamento giornalistico o gossipparo tra i due ex innamorati ha fatto gridare allo scandalo l’entourage della nuova coppia istituzionale
Già da prima la signorina Tulliani si andava segnalando per l’attivismo immobiliare, suo e della famiglia, e per il fiuto negli affari, dicono ereditato proprio da Gaucci. Qualche esempio: nel 2004 fonda la Wind Rose International con il padre e il fratello, una società internazionale attiva nel settore della compravendita, costruzione intermediazione e valorizzazione di beni immobili, soprattutto «di prestigio». Due sedi, una in Italia e una a Long Island City, New York Il sito della società vanta «contatti ad alto livello, sia politico sia sodala in Italia e nel mondo». E sottolinea «la profonda e ormai storica collaborazione» con Frank D. Stella, il fondatore e un tempo potentissimo presidente del Niaf, la fondazione che raccoglie la lobby degli italoamericani. Un grande amico di Luciano Gaucci.
Fra i possedimenti di Elisabetta, tre appartamenti acquistati a Roma nel 1998, uno in via Sardegna e due in zona Boccea, poi uniti, dove tuttora risulta residente insieme ai genitori, a Gianfranco Fini e alle loro due figlio Un immobile che compare nell’elenco delle case rivendicate da Gaucci.
Ma nel frattempo un altro business dei Tulliani diventa la tv. Dallo schermo Elisabetta sparisce nell’autunno 2007 (ha partecipato all’edizione serale della Domenica sportiva e ad altre trasmissioni come Uno mattina o Tintarella di luna), ma in Viale Mazzini il nome Tulliani non scompare affatto. Alcune trasmissioni, non sempre fortunate, finanziate dalla Rai, risultano fare capo a società che portano alla famiglia. E in particolare a Francesca Frau, 63 anni, mamma di Elisabetta, socia al 51 percento della Absolute Television, At media in sigla, che conquista contratti per trasmissioni dall’incerta fortuna, ma molto ben remunerati. I mugugni si levano, ancora una volta, più che altro a destra. E quando II Giornale di Vittorio Feltri, lo scorso aprile, fa le pulci alla «suocera» di Fini, si scatena il finimondo. Berlusconi esprime «convinta solidarietà» al presidente della Camera, ma l’incrinatura è cosa fatta.
Perché la passione Fini-Tulliani, scoppiata nel 2007 (anche sulla sua origine si dividono le versioni di Gaucci e di Elisabetta), non porta fortuna alla coppia Fini-Berlusconi. Quando, nel novembre dello stesso anno. Striscia la notizia ironizza sulla nota «principessa del foro», sugli esordi in televisione e sul precedente fidanzamento. Fini, che aspetta la prima figlia dal suo nuovo amore, perde le staffe. E la messa in onda di un video di Elisabetta e Luciano che passeggiano mano nella mano nel castello di Torre Alfina, a due passi da Viterbo, per poco non causa una crisi di governo. Al punto che Mediaset è costretta a diramare una nota in cui il presidente Fedele Confalonieri prende le distanze da Antonio Ricci («La derisione che si trasforma in dileggio non è accettabile nei confronti di scelte sentimentali che non hanno alcuna attinenza con la vita pubblica del Paese») e che il Cav si trova a bacchettare i suoi di Canale 5 («Sono addolorato, sono cose che non si fanno...»).
Lo sdegno è generale. Ma intanto, dentro An, alla nuova compagna del capo viene attribuito un potere strabiliante. Come quello di avere fatto terra bruciata fra gli amici storia di Gianfranco, quasi che i vecchi rapporti potessero essere sostituiti dalla «rete familiare» dei Tulliani. Quando si dice la psicologia meschina della politica, che mischia l’amore agli affari di stato.
Però, a proposito di terra bruciata, Elisabetta non può dirsi una neofita. Invocando il «suicidio virtuale» dell’amore con Gauci, ha tentato di passare il bianchetto su una parte della sua vita per confezionarsene un’altra nuova di zecca. Solo così possono interpretarsi i reiterati reclami al garante presentati dall’estate scorsa per rivendicare il cosiddetto «diritto all’oblio» tramite «l’adozione di misure atte a impedire l’ulteriore accessibilità» del video incriminato. Il parere era arrivato alla vigilia di Natale: l’interessata può presentare istanza ai siti web per far sparire il video dagli india dei motori di ricerca. Per il resto, trattandosi di un personaggio pubblico, valgono le regole del diritto di cronaca. Nel febbraio successivo lo studio legale Giordano & Partners aveva colto la palla al balzo e mandato una diffida a siti, blog e motori di ricerca per invitarli a «non rendere più indirizzabili notizie e immagini riguardanti la mia assistita con riferimento alla sua trascorsa relazione sentimentale con il sig. Gaucci». Via tutto, via persino i frammenti di quel passato da archiviare il prima possibile. «La Betta», quando «Lucianone» l’amava, aveva 24 anni meno di lui. «Potrei essere tuo padre» tubava lui proprio in quel video. E lei, schermendosi con accento romano: «Che c’entra? Il nostro rapporto è diverso...». Altri tempi. «A te ti faccio presidente del Perugia» prometteva il fidanzato a chiusura del filmato, ai piedi di una scalinata principesca. Lui voleva nominarla regina. Lei, di lì a poco, avrebbe cercato di buttarlo via come un rospo mai trasformatosi in principe azzurro. •